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Furio Colombo: “Ecco perché ho lasciato il Fatto Quotidiano”

intervista di Paolo Flores d’Arcais a Furio Colombo

Figura storica del giornalismo italiano, cofondatore del Fatto Quotidiano e fino a pochi giorni fa editorialista del giornale diretto da Travaglio, Furio Colombo ha lasciato la testata in dissenso con la scelta del direttore di “incoronare” Alessandro Orsini. In questa conversazione con il direttore di MicroMega Colombo spiega cosa è accaduto e le ragioni della sua scelta.

Ricostruiamo intanto quello che è successo.
“Il Fatto quotidiano” era abituato al fatto che il mio pezzo domenicale spesso non fosse in sintonia con la linea del giornale, cioè del suo direttore, talvolta in vera e propria opposizione. La cosa era diventata anzi abituale con il mutare della linea del giornale sull’aggressione della Russia di Putin contro l’Ucraina. Il mio articolo previsto per domenica 8 maggio era particolarmente critico sulla questione. Quell’articolo, con le critiche rivolte ad Alessandro Orsini e Massimo Fini (su cui tornerò), non è stato pubblicato. Non era mai accaduto. Non solo non è stato pubblicato, ma contemporaneamente il quotidiano che avevo contribuito a fondare tredici anni fa ha preparato una grande festa di “incoronazione” per il nuovo personaggio della politica italiana, il professore Orsini, appunto, al quale il Fatto ha offerto un teatro con 500 spettatori al prezzo di 25€ per l’ingresso. Una vera e propria celebrazione nella quale Orsini è stato formalmente adottato come un personaggio chiave del giornale. Il che impediva e impedisce assolutamente a una persona come me di restare sulle stesse pagine. Sulla sostanza inaccettabile degli articoli di Orsini mi ero già espresso nei miei articoli, facendo chiaramente capire che non potevo avere un falsario come collega. La cosa, però, non solo è andata avanti, ma è diventata la celebrazione del falsario.
Insomma, Travaglio non ha pubblicato il mio articolo in cui esprimevo i motivi per cui non mi era possibile avere Orsini come collega, e in cui criticavo Massimo Fini che stava teorizzando l’idea che i veri liberatori dell’Italia furono i tedeschi e i veri invasori dell’Italia furono gli americani. Il che rendeva impossibile la coabitazione anche con Fini, ovviamente. Che cosa vuol dire la frase assolutamente incosciente di Fini quando sostiene che i tedeschi proteggevano gli italiani mentre gli americani li invadevano? Dal momento che io c’ero, ragazzo ma ben consapevole, dal momento che ho visto, dal momento che posso testimoniarlo, dal momento che ricordo i luoghi e le modalità delle esecuzioni, delle fucilazioni, delle case di torture, delle persecuzioni e di tutto quello che è avvenuto al popolo italiano e agli ebrei italiani, questa vergogna non era più tollerabile. Perciò ho fatto sapere a Travaglio che non avrei più mandato altri articoli, che la mia partecipazione al quotidiano che avevo contribuito a fondare nel 2009 si chiudeva lì.
Travaglio nelle sue telefonate mi ha ribadito le sue ragioni, cercando di far rientrare la mia decisione ma insistendo nella difesa di Orsini e Fini, sostenendo che ci sono tanti modi di vedere la vita e di interpretare gli eventi, e naturalmente richiamando i tanti anni di lavoro comune. Ma non poteva funzionare. C’era il macigno delle falsità, sull’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, come “raccontata” da Orsini, e sui nazisti in Italia come “raccontati” da Fini.
Anche con Padellaro ho avuto più di una telefonata, con lui il rapporto, anche umano, è molto più stretto, Padellaro oltre che firma del giornale e suo primo direttore per sei anni, resta uno degli editori. Inoltre il rapporto con lui era ancora più antico. Avevamo diretto un giornale insieme, avevamo deciso insieme che cosa si può accettare e cosa no, avevamo stabilito insieme che la notizia-bugia non si deve pubblicare mai.

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