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Una Presidente “in quanto donna”. Va bene anche la Le Pen?

de L’ingenuo Bertoldino

Nel cielo della politica mondiale rimbomba ancora l’eco dell’appello struggente, lanciato a inizio anno da Dacia Maraini per l’elezione di un presidente della Repubblica donna. Non “una donna perché” bensì “una donna in quanto tale”, probabilmente in base all’indiscutibile principio da Corrierino dei Piccoli (o da Huffington Post/GEDI) “un po’ per uno non fa male a nessuno”. L’assunto, ispirato ad apprezzabili principi corporativi, che vedeva la nota letterata promotrice circondata da uno stuolo di colonne del pensiero politico – dalla comica Luciana Litizzetto, imbolsita dalla frequentazione di Fabio Fazio, alla sovreccitata Sabina Guzzanti, alla vestale del politicamente corretto Serena Dandini (e ancora ci si domanda la ragione per cui era stata esclusa Iva Zanicchi) – intente a promuovere candidature entusiasmanti in quanto di assoluto livello: la protesi pannelliana Emma Bonino, parlamentare europea con i soldi di Berlusconi, Emma Cartabia, guastatrice della giustizia per conto di Comunione e Liberazione, Elisabetta Casellati, pizzi e falpalà scarrozzati su aerei di Stato, Letizia Brichetto, vulgo Moratti per millantare un pedigree imprenditoriale che le prove fornite in svariati incarichi pubblici si sono premurate di sconfessare, Anna Finocchiaro, cultrice delle scorte come status symbol nello shopping all’Ikea e – per finire – Rosy Bindi, la simpatica perpetua in pensione della sinistra DC. Tutti personaggi che confermano l’esistenza di una sezione al femminile della Casta. Ossia la corporazione del potere trasversale che considera la politica un ascensore sociale per carriere individuali. La sub-Casta in rosa che non si perita minimamente di proporre un’idea al femminile di politica (dunque economica, sociale e mediatica). Uome, nell’attuale eclisse del femminismo come alternativa alla millenaria egemonia patriarcale; che nella fase terminale del NeoLib rampante cancella la dimensione collettiva seguendo l’immortale insegnamento della uoma Margaret Thatcher, secondo cui “la società non esiste”, sicché alla ragazza in carriera rimangono solo due modelli: la donna “più maschio del maschio” e la “bambola gonfiabile per uomini soli”.

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ECCO CHI SARA’ IL NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

di La Lepre Marzolina

Venerdì 22 gennaio. Ore 16,48. Non ditemi che vi siete appassionati al gioco del Presidente. Però vi capisco, e vi vengo incontro: la grottesca ma verosimile candidatura di un pregiudicato ha mandato nel panico tutt’Italia, anche quella di destra, con la sola eccezione di qualche svergognato giornalista-lustrascarpe e il solito buffone di corte. Ora speriamo che l’arrampicata di Berlusconi sul Monte Ridicolo sia fallita e allora ci dovremo rallegrare perché il caro Silvio ha ringiovanito di venti anni noi vecchietti e ha permesso di chiarire ai giovani quale passato avesse il Caimano. È risorto persino il giudice corrotto Metta. Si è potuto far rivivere la sceneggiata di Berlusca che va al Quirinale per formare il suo primo Governo e indica come Ministro della Giustizia il suo avvocato, Previti, che sarà condannato per aver corrotto un giudice per conto del grande Corruttore. Complice Crozza, nell’immaginario collettivo si era affermata la figura comica di un vecchio rincretinito. Che faceva persino tenerezza. Ora non può che tornare in rilievo un Berlusconi superiore di qualche lunghezza a tutta la classe dirigente piddina. Un Berlusconi che le ha fatto prendere una gran bella paura. Forse ciò renderà più complicato il perenne verdiniano sogno nascosto degli ex-comunisti e degli ex democristiani di riempire il loro vuoto con ancora quattro, cinque, sei incontri “del Nazareno”. Facendo salire oltre ogni limite il già alto disgusto degli elettori. Zingaretti entrerà nella storia per aver dichiarato di “vergognarsi” di un tale partito. E D’Alema sarà ricordato anche per aver annunciato imprudentemente la fine nel Pd della malattia inoculata da Renzi. Renzi non c’è più ma il renzismo è ancora là con tutti i suoi fantasmi. L’ultimo andrà al Quirinale.

Lasciamo da parte le candidature di Mattarella e di Draghi. Nel primo caso si realizzerebbe il ripetersi di un’insopportabile scorrettezza istituzionale; e, nel secondo, si aprirebbero più problemi di quanti ne risolverebbe e getterebbe il paese nella ingovernabilità o in un truffaldino mutamento di fatto dell’assetto costituzionale.

La Lepre Marzolina sa come andrà a finire.

La Lepre non fa i salti di gioia, tira soltanto le conclusioni; il nome del nuovo  Presidente della Repubblica è quasi scontato. Ragioniamo assieme: sapete dirmi qual è i principale segno distintivo di questa Seconda repubblica e soprattutto di questa diciottesima legislatura? Forza, non pensateci troppo. È ovvio: il Trasformismo. Bande di parlamentari che passano da destra a sinistra e da sinistra a destra, partiti che compongono governi ad egemonia di estrema destra e subito dopo governi di centro sinistra. Il Trasformismo domina e dà forza alla scemenza che non esista più né la destra né la sinistra. Il tutto viene anche teorizzato da menti pensose. E poi, non dimentichiamo, il Trasformismo viene da lontano, è vizietto storico della classe politica italiana. Anche se bisogna ammettere che mai come in questi ultimi anni ha fatto così tanti danni irreversibili. Gli elettori credono sempre meno nei riti democratici svuotati e se ne rimangono a casa.

Possiamo negare il diritto di rappresentare la vera essenza della politica italiana al Trasformista per eccellenza? Non un trasformista qualunque, un improvvisato, ma il Trasformista rodato da decenni di lotta politica. Non un dilettante ma un professionista. Alla fine ci arriverà persino Salvini. Sarà lui a offrire la soluzione ideale. Semmai contornata da un paio di vittime da sacrificare. E Letta, che ha condotto questa vicenda quirinalizia con l’abilità politica di un sedicenne (uno di quelli ch’egli vorrebbe far votare), dovrà accettare, anzi far finta di accoglier il nome fatto da Salvini come la soluzione di ogni problema. Avere al Colle il democristiano doc, con decenni di militanza nello schieramento di destra ma che ora siede a sinistra (si fa per dire), proprio nella file pd… Già doroteo, berlusconiano, renziano. Non gli manca nulla. E così vincono tutti. Chi meglio di lui?

Due soli corollari: uno, i franchi tiratori possono guastare la “perfezione” del quadro; due, dal gioco rimane fuori il M5s, che avrebbe l’opportunità di darsi finalmente un’identità non facendosi integrare dal Pd e votando dalla prima votazione fino all’ultima un personaggio civile come Segre. Una dell'”Altra Italia”. Ma saprà Conte resistere alla tentazione dell’ammucchiata da Prima repubblica? Di Maio sicuramente no. (Di Maio è, come la cucina Scavolini, “il più amato” dai politici italiani perché ha trasformato il M5s in un bancomat dove prelevare ad libitum elettori e parlamentari).

P.S.: Una considerazione a parte: mentre imperversavano il Covid, Berlusconi e una micidiale crisi economica, le burocrati talebane della sinistra si sono fatte la loro piccola battaglia per avere un po’ di visibilità reclamando una Presidente-donna. Una presidente non già proveniente da una qualche definita cultura politica, non una Bindi, bensì semplicemente una qualsiasi “in quanto donna”. “Genere” per “genere”, allora perché no a un Presidente “in quanto” gay o una presidente “in quanto” lesbica? Basta fare un po’ di rumore e di presenzialismo sul palcoscenico ai danni della vera battaglia per l’uguaglianza di diritti e di opportunità tra tutti… Purtroppo, se va come prevede la Lepre marzolina, ci perderemo lo spettacolo imbarazzante della Grande elettrice che deve scegliere con coerenza talebana tra Casellati e Zagrebelsky, tra Santanché e Giorgio Parisi… “Fatuità delle fatuità, tutto è fatuità”.