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L’esorciccia. Giorgia Meloni e l’Artifizio Intelligente.

di Francesca Palazzi Arduini

Che fare, pensa la Presidente del Consiglio, per dare un contentino a Bergoglio? Insomma… sui migranti meglio buttar soldi in Albania che darne ai preti, che poi manco la votano. E poi chissenefrega tanto ormai tutti deportano gente, fan peggio gli inglesi, lo pensa tutto il partito. Sull’interruzione di gravidanza si fa di tutto per accontentarli ma senza scatenare le piazze, le donne. Quindi? Niente, al massimo qualche spiccio del PNRR ma niente più, per mettere uno straccio di camice ai predicatori[1]. Ah sì, anche qualche altro spiccio alle famiglie con figli, ma tanto col costo della vita la toppa dura poco.
E sul Giubileo quanto dovremmo spender ancora, si chiedeva Meloni già nel 2023 in Vaticano, in udienza, da sola, con la figlia e senza marito. Ma che fare per mantenere buoni rapporti, per saldare sacre alleanze?
Sull’uso delle armi non si può fare quel che vuole il “santo padre”, certo, meglio accontentare lui che quei pacifisti che protestano ovunque, calcola Giorgia. In definitiva, se occorre spezzare qualche lancia meglio spezzarla in testa agli studenti del nuovo “no Vietnam” che al papa quando pretende di far diplomazia in giro per il mondo come se avesse ancora uno Stato pontificio. Difficile quindi dare un contentino che si rispetti a Bergoglio.

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IRRICEVIBILE

di raffaello morelli

Non è dato sapere quale tipo di conseguenze avrà in Italia la nota verbale conosciuta il 22 giugno (tramite un articolo sul “Corriere della Sera”) ma presentata cinque giorni prima all’ambasciata italiana dal Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, monsignor  Gallagher. Tuttavia una cosa va detta subito. Soprattutto visto che mercoledì 23 alla Camera c’è stato ­– come previsto prima di importanti incontri UE – un dibattito con il Presidente Draghi. E della nota non si è parlato, nonostante lui stesso avesse annunciato alla vigilia che avrebbe fatto un commento strutturato, qualora il tema gli fosse stato posto. Siccome nessun deputato lo ha posto.

La cosa da dire subito a scanso di equivoci che già si stanno profilando, è che la nota verbale di Gallagher  costituisce un atto diplomatico di estrema gravità per l’Italia. Di fatti  essa afferma che “alcuni contenuti della proposta legislativa in esame presso il Senato (ndr, il controverso disegno Zan)  riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato“. Tali parole, in apparenza manifestano il giudizio del Vaticano sulla proposta (del tutto legittimo dal punto di vista delle istituzioni laiche), ma nella realtà hanno l’evidente pretesa di ritenere il Vaticano parte inaggirabile del processo legislativo italiano. La conferma viene non solo dalla lettura del testo, ma dal fatto che la CEI aveva già più volte manifestato il suo giudizio preoccupato sul ddl Zan, Dunque, non è un caso il passaggio da un organo come la CEI interno al dibattito culturale italiano, alle note verbali internazionali. Significa che  il Vaticano intende tirare in ballo le norme concordatarie, ritenendo che esse determinino le decisioni dei Governi e delle Camere dell’Italia.

Pertanto la risposta italiana alla nota è un concetto solo: irricevibile (formulato nei termini degli usi diplomatici). Sotto questo profilo la prima dichiarazione corretta è stata quella del Presidente della Camera che ha detto ad Agorà su Rai3 “noi come Parlamento non accettiamo ingerenze. Il Parlamento è sovrano e tale rimane sempre”. Ma  sarebbe stato meglio se il principio fosse stato ribadito dal titolare dei rapporti internazionali, il Ministro degli Esteri Di Maio (ad ora nelle nebbie) . Nel pomeriggio del 23, al Senato, il Presidente del Consiglio Draghi ha compiuto un passo in più.  Il giorno prima  aveva fatto sì un commento corretto – “dovranno essere valutati gli aspetti segnalati da uno Stato con cui abbiamo rapporti diplomatici” – ma parziale, dato che aveva sorvolato sull’aspetto segnalato sopra, cioè l’inaccettabile pretesa vaticana che le norme concordatarie determinino le decisioni dell’Italia. Al Senato ha precisato “il nostro è uno Stato laico, non confessionale. Il Parlamento è libero di discutere e legiferare e il nostro ordinamento è in grado di dare tutte le garanzie verificare che le nostre leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa”. Molto meglio ma non del tutto sufficiente, perché non esprime il concetto decisivo. La nota è irricevibile.

Tra l’altro, se questo concetto di “irricevibilità” non sarà espresso,  sarà compromessa l’autonomia del Senato nel decidere sul testo del ddl Zan approvato dalla Camera. E’ un testo che deriva da un giusto intento di convivenza civile e che adopera strumenti assai impositivi.  Se non  sarà espresso il concetto di “irricevibilità”, qualunque decisione del Senato sarebbe tacciata  di essere frutto dell’ingerenza vaticana. Questo è un altro motivo che spinge ad essere subito chiari nel merito della questione istituzionalmente più rilevante. Le istituzioni della Repubblica sono laiche non solo a parole.

 

 

verso la revisione del concordato?

La nota verbale consegnata per via diplomatica dal Vaticano al governo italiano tecnicamente sul piano formale è un atto diplomatico interstatuale  inteso a rappresentare la posizione del Vaticano su alcuni contenuti del ddl (disegno di legge Zan) all’esame del parlamento italiano . Formalmente non è una “ingerenza”. La nota intende affermare che talune disposizioni del ddl sarebbero lesive delle libertà previste dal concordato del 1984 ( governo Craxi) nel senso di limitare o ostacolare libere opinioni su temi del ddl.  E’ una posizione unilaterale a fronte di un accordo pattizio internazionale la cui stabilità è recepita dall’art.7 della costituzione che ha costituzionalizzato il principio pattizio, in tal modo subordinando al previo accordo bilaterale con lo stato del Vaticano  la regolazione dei rapporti tra Stato italiano e Chiesa cattolica . L’art.14 del Concordato vigente in caso di dissenso o di divergenti interpretazioni sui temi dell’accordo del 1984 prevede il possibile ricorso a una Commissione mista per dirimere ogni contrasto. A questo punto sul piano procedurale se permanesse  il contrasto con l’approvazione in parlamento di un testo non condiviso dal Vaticano potrebbe aprirsi la strada a una revisione dell’art.7 costituzione con il venir meno del principio pattizio. Sempre che vi siano i numeri in parlamento ex art.138 cost.. e salvo referendum confermativo. Un risultato auspicato nell’immediato dopoguerra da personalità del mondo laico come Gaetano Salvemini o Piero Calamandrei( non Togliatti che  fu tra gli artefici dell’art.7) . E riecheggerebbe nella ipotetica revisione l’ottocentesco e cavouriano ” Libera Chiesa in libero Stato”!

PERCHÉ GUALTIERI NON CHIEDE AL VATICANO DI VERSARE I MILIARDI CHE DEVE ALLO STATO ITALIANO? – UNA MANIFESTAZIONE DI CARLO TROILO

Gualtieri sollecitato a chiedere al Vaticano i 4/5 miliardi di ICI arretrata.

Carlo Troilo –  giornalista, già capo ufficio stampa dell’IRI e di due ministri economici e direttore delle Relazioni Esterne della RAI, da 15 anni impegnato  con l’Associazione Luca Coscioni, di cui è consigliere generale – manifesterà, venerdì 18 settembre, dalle 11 alle 13, di fronte al Ministero dell’Economia in via Venti Settembre –  per chiedere che il ministro Gualtieri dia   seguito alla sentenza della Corte Europea di Giustizia, che ha ingiunto al governo italiano di richiedere al Vaticano i 4/5 miliardi di ICI arretrato.  Non ottemperando a quanto stabilito nella sentenza, l’Italia rischia  fra l’altro una procedura di infrazione.

Già lo scorso anno Troilo si era fatto promotore di un appello per la laicità dello Stato e la riduzione dei privilegi economici della Chiesa Cattolica, subito fatta propria dalle maggiori organizzazioni laiche italiane, firmata da centinaia di esponenti del mondo della cultura e recepita in due mozioni della Camera e del Senato (primi firmatari, rispettivamente, Riccardo Magi e Riccardo Nencini).

Anche questo – dice Troilo – è un modo per celebrare i 150 anni di Roma Capitale e della caduta ( molto teorica) del potere temporale della Chiesa: una ricorrenza di eccezionale importanza, che si è cercato di “oscurare” fissando proprio per domenica 20 settembre le elezioni  regionali e il referendum sul “taglio” dei Parlamentari, che avrebbero potuti  tenersi in una delle altre tre domeniche del mese.

Come “ultim’ora” Troilo aggiunge: ho sentito che un  miliardo del recovery fund verrebbe  impiegato  dallo Stato per spese antisimiche per edifici di culto.  Se fosse vero – tenendo conto delle immani risorse finanziarie del Vaticano e della drammatica situazione di tanti cittadini italiani – sarebbe una vergogna nazionale.