la sinistra italiana e il rifiuto dell’occidente

di daniele bonifati – ettore maggi
con la collaborazione di luciano belli paci, andrea carlo cappi, elena gimelli
L’aggressione russa all’Ucraina ha evidenziato la presenza di una significativa e – soprattutto – rumorosa area a sinistra che si definisce pacifista ma che sembra mossa, più che dal pacifismo, dall’avversione verso le democrazie liberali e socialdemocratiche sottolineandone gli errori, i difetti, la lontananza dal modello ideale.
L’effetto paradossale di questa impostazione è che da critiche legittime e spesso necessarie si passa al non riconoscere le differenze tra le varie democrazie se non addirittura a giustificare le dittature in nome di un mondo multipolare, espressione che Putin ha ripreso da Aleksandr Dugin, come gran parte della visione strategica russa.


Viene da chiedersi se la mancata presa di posizione di questa area di sinistra sulla fine della democrazia e sulla repressione a Hong Kong, sulla folle e inumana gestione del Covid in Cina, sulle lotte delle ragazze e dei ragazzi dell’Iran o sulle minacce nucleari del regime nordcoreano non abbia a che vedere con il fatto che in questi casi non c’era un Occidente da rimproverare (a meno di non tirare in ballo gli USA come artefici nascosti delle proteste).
Con l’aggressione russa all’Ucraina si manifesta in modo eclatante il pregiudizio antioccidentale che si esprime nel rifiuto dei valori su cui le democrazie si basano utilizzando, però, proprio quegli strumenti che la democrazia consente.
Falsificare le motivazioni dell’aggressione russa attribuendole alla Nato o mistificare il peso del nazionalismo ucraino negando al contempo quello russo non è pacifismo: è giustificare un regime fascista.
Un aspetto grottesco delle posizioni pseudopacifiste “di sinistra” è che spesso appartengono a persone (intellettuali e politici) o istituzioni che per decenni hanno esaltato la Resistenza italiana e le guerriglie di mezzo mondo. Che hanno usato e abusato dell’accusa di fascismo e – adesso che c’è un regime che ha tutte le caratteristiche del fascismo storico, sia all’interno, con la repressione e l’uccisione di oppositori politici e giornalisti indipendenti, sia sullo scacchiere internazionale – non solo non lo denunciano ma di fatto lo sostengono, spesso avvicinandosi a quegli elementi di destra estrema che, più coerentemente, vedono il regime russo affine alle proprie idee (e infatti sono stati finanziati per anni dal Cremlino).
Accade così che un intellettuale comunista come Luciano Canfora, oltre a sostenere spesso le tesi della propaganda del Cremlino, arrivi addirittura a scrivere un instant-book insieme a Francesco Borgonovo (vicino a quella che negli USA si chiama alt-right, vicedirettore del quotidiano sovranista, complottista, putiniano e NoVax “La Verità”) per un editore di estrema destra. Un altro esempio, più frivolo ma significativo, potrebbe essere Vauro che afferma di voler baciare in bocca Berlusconi, dopo le dichiarazioni di Silvio contro Zelensky). Ma la lista sarebbe lunga.

In Italia, in aggiunta alla falsificazione della realtà “da sinistra”, c’è da segnalare iI pessimo lavoro fatto dai media di Berlusconi in favore della propaganda russa, dalla negazione dei crimini di Bucha alla falsa affermazione sui biolaboratori nei sotterranei della Azovstal.
L’Italia è l’unico paese europeo in cui la televisione (Rai, La7 e Mediaset) ha dato uno spazio enorme non solo alle assurde teorie di Orsini e consimili, ma addirittura a veri e propri propagandisti che hanno o hanno avuto un rapporto diretto con le autorità dei territori occupati delle autoproclamate repubbliche di Luhansk e Donesk (ad esempio Alberto Fazolo e Giorgio Bianchi) e addirittura alle autorità e alla tv di regime russe (dal ministro Lavrov a Solovyev, da Zacharova a Markov). E’ impietoso il paragone con l’intervista della BBC al portavoce del Cremlino Peskov, che non ha lasciato il minimo spazio alla sua propaganda.
Continuando a guardare a destra: una caratteristica del sistema politico italiano è la quasi totale assenza di una destra moderata e liberale, mentre è presente una forte destra reazionaria e populista, che condivide l’ideologia dei nazionalisti russi avversa alla modernità e, in particolare, alle conquiste civili dell’Occidente. Significativo è il rapporto tra la Lega di Salvini e il partito di Putin: al congresso del partito nel 2013, proprio poco prima dell’annessione russa della Crimea, era presente Aleksey Komov, uomo di Malofeev.
Komov partecipava grazie a Gianluca Savoini, collegamento di Salvini con la Russia. Oltre a essere presidente onorario dell’Associazione Russia-Lombardia, è ambasciatore all’ONU di una strana organizzazione nata negli USA nel 1997 (con sede nell’Illinois) ma finanziata da ambienti vicini al Cremlino: il Congresso Mondiale delle Famiglie (di cui si svolse nel 2019 a Verona una conferenza molto discussa per la presenza di relatori e tesi su posizioni complottiste e antiscientifiche, omofobe, antifemministe, antiabortiste, a favore di leggi che criminalizzano l’omosessualità fino alla pena di morte per i gay).
Nel 2017 la Lega di Salvini e Russia Unita di Putin firmarono un accordo di cooperazione che non ci risulta essere mai stato rescisso.
In Italia assistiamo anche alla fusione tra l’antiscientismo NoVax e le teorie antistoriche filoputiniane, di cui il già citato quotidiano “La Verità” è un esempio perfetto. Secondo molti osservatori la propaganda russa ha usato il complottismo e il movimento NoVax di origine alt-right come cavallo di troia; si veda la International Research Agency di S. Pietroburgo, detta anche la Troll Factory Russa, finanziata da Prigozhin, il miliardario a capo della PMC Wagner.
Sia le dottrine militari russe di Gerasimov sulla “guerra ibrida” – ispirate al saggio di Dugin “Fondamenti di Geopolitica” (1997), che dal 2007 sembra dettare l’agenda internazionale russa – sia l’ideologia politica nazionalista russa individuano il punto debole delle democrazie occidentali nella possibilità di influenzarne le opinioni pubbliche, aspetto affrontato nel saggio di Marta Ottaviani “Brigate Russe”, pubblicato poco prima dell’invasione dell’Ucraina. La Russia ha investito in passato ingenti risorse per finanziare partiti e per diffondere informazioni false nel tentativo di influenzare il dibattito nelle democrazie occidentali, anche e non solo con la già citata Internet Research Agency di S. Pietroburgo che, oltre a diffondere teorie complottiste, anti UE, anti immigrazione, e NoVax, ha sicuramente influenzato le elezioni americane del 2016 vinte da Trump.
All’inizio dell’aggressione russa i commenti della disinformazione guidata dai BOT russi descrivevano l’Ucraina come un paese nazista identificandola con il battaglione Azov, così come si trasformava l’aggressione russa in Donbass nella “guerra del regime di Kiev contro le popolazioni locali”. Successivamente, fallito il tentativo di cambiare il governo di Kiev e viste le difficoltà militari, la Russia ha spostato il tiro sulle presunte colpe della NATO e sull’inutilità delle sanzioni, e infine si è concentrata sull’amplificare la minaccia atomica.
 
In conclusione: noi siamo di sinistra perché amiamo la democrazia e riteniamo fondamentale mantenere uno spirito critico a partire dalla valutazione della realtà che ci circonda. In questo frangente storico, il concetto stesso di democrazia è sotto attacco: regimi autocratici propongono e impongono modelli alternativi. Proprio per questo la legittima critica da sinistra alle società occidentali e la tensione al miglioramento non devono trasformarsi in un qualunquismo che parifichi le democrazie alle dittature.
Noi siamo di sinistra perché amiamo il libero dibattito di cittadini informati, lo sviluppo dei diritti umani, sociali e civili e una cultura di progresso. Non crediamo nell’esportazione della democrazia.
La teoria dell’esportazione della democrazia con le armi è stata un tragico errore perpetrato dai Neocon Americani e avvallato anche da leader progressisti europei. Non crediamo nell’esportazione della democrazia ma nella sua promozione e crediamo che spazi di libertà possano svilupparsi ovunque, dall’Iran all’Ucraina, dalla Russia alla Cina.
Noi siamo di sinistra: una sinistra che si ispira a Gobetti, ai fratelli Rosselli, a Ferruccio Parri, al Partito d’Azione, che non era un partito pacifista, alle brigate partigiane di Giustizia e Libertà, al pluralismo, al rispetto e alla promozione dei diritti.
Si potrà obiettare che la democrazia liberale è un concetto “occidentale”, derivato da un percorso che dall’Atene del V secolo arriva alla rivoluzione francese e che, come sostiene l’analista geopolitico Dario Fabbri, i diritti universali non sono davvero universali perché molti popoli non solo hanno una storia diversa ma soprattutto vivono questi valori come valori “colonialisti”.
Rispondiamo che noi crediamo che la libertà sia un valore universale e che in un certo senso possa esserlo anche la democrazia nel senso più puro del termine, pur se declinato in percorsi diversi se comunque hanno alla radice il senso della libertà e della giustizia.
L’esperienza del Confederalismo Democratico del Rojava ci ha insegnato – e ci sta insegnando – che la democrazia non è soltanto un’idea occidentale; che un mondo aperto può mettere insieme le tradizioni kurde e mediorientali, gli studi storici, filosofici e religiosi di Ocalan (partito dal marxismo per approdare a una visione più libera della società) e la cultura kurda, araba e assira con lo spirito libertario di Bookchin, e creare una lotta contro il fanatismo religioso, il nazionalismo, oppressione delle donne e lo sfruttamento.
Non avremmo voluto questa guerra ma ci siamo arrivati, e forse la critica da fare all’Occidente non è tanto quella di essere guerrafondaio quanto di non essere stato capace di capire per tempo cosa Putin stesse preparando. Eppure le evidenze c’erano tutte. Dal discorso alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco nel 2007, in cui Putin esplicitava le sue intenzioni, l’Occidente ha sempre preferito la via della mediazione, non sempre in buona fede, ma per un insieme di convenienza, opportunismo, incoscienza, interessi. Dopodiché Putin ha attaccato la Georgia, occupando Abkhazia e Ossezia del Sud, annesso la Crimea e occupato parte del Donbass – utilizzando il gruppo Wagner, di cui all’epoca il Cremlino negava addirittura l’esistenza – e scatenando così un lunghissimo conflitto, è intervenuto militarmente per stroncare le proteste in Bielorussia e Kazakistan, nate nel primo caso per la distruzione della libertà e nel secondo per la perdita dei diritti dei lavoratori. Curiosamente, molti filoputiniani accusano l’Occidente di “turbocapitalismo” e mancanza dei diritti dei lavoratori, quando Russia e Cina sono esse stesse sistemi capitalistici – sia pure con un notevole controllo statale – in cui i diritti sociali sono molto meno rispettati che nell’Occidente in generale e nel Nord Europa in particolare, dove il Welfare State è nato e gode buona salute.

La Russia inoltre, con i suoi interventi armati in Africa, dove il Gruppo Wagner controlla militarmente una dozzina di stati, sta riportando indietro molti paesi che avevano intrapreso un sia pur timido percorso sulla strada dell’autonomia e della democratizzazione, dopo gli indubbi danni dovuti al colonialismo occidentale del lontano passato.
Non avremmo voluto questo conflitto in Ucraina come non vorremmo tutti gli altri nel mondo, ma l’Europa è stata coinvolta e non può tirarsi indietro, perché l’alternativa sarebbe peggiore. Non a caso la Russia, come abbiamo già detto, ha speso molto per finanziare tutti i movimenti anti-UE.
Non avremmo voluto che la democrazia fosse sotto attacco, ovunque e da tempo. Ma è così.
La sinistra ricordi la tragica fine della Repubblica di Weimar. Prima il fascismo di Mussolini, poi il nazismo di Hitler fecero leva sugli stessi problemi e timori. E la Germania di Weimar era molto più democratica del Regno d’Italia. Ma la critica ai difetti della democrazia, la paura e le teorie complottiste funzionarono e le dittature ebbero il sopravvento, con le conseguenze che faremmo bene a ricordare.
La sinistra italiana non dimentichi Weimar.

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Hanno aderito:
Daniele Bonifati,
Ettore Maggi,
Luciano Belli Paci,
Andrea Carlo Cappi,
Elena Gimelli,
Luca Paladini, consigliere regionale Lombardia, Milano
Simone Zoppellaro, giornalista e docente, Ludwigsburg (Germania).
Stefano Paoletti, ex imprenditore, S. Martino in Campo (FI)
Vezio Focacci, medico, Genova
Enrico Focacci, collaboratore di Immoderati.it, Genova
Francesco Postiglione, blogger Democrazia Consapevole, Cesena
Giovanni Perazzoli, autore, Paesi Bassi
Enzo Marzo, Fondazione Critica Liberale, Roma
Giovanni Zucca, traduttore, Milano
Anna Montefusco, consulente di comunicazione, Bergamo
Luca Aniasi, Milano
Costanza Savaia, giornalista di Domani, Genova
Francesco Somaini, ordinario di Storia Medievale, Università del Salento – Presidente del Circolo Carlo Rosselli, Milano
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Riccardo Del Ferro, filosofo e scrittore, Schio
Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica nell’Università di Bologna
Giorgio Paliaga, ex ingegnere AgustaWestland, Sesto Calende   
Silvano Mulas, presidente Sinistra d’Azione, Milano 
Daisy Scaramella, ambasciatrice WOA, Málaga 
Roberto Malano, psichiatra, Roma
Francesca Gimelli, traduttrice, Galliate
Maurizio Di Luccio, commerciale, Milano
Jenny Favazzo, insegnante e blogger, Messina
Diego Montefusco, consulente informatico, Cagliari
Stefano Pietrosanti, economista, Roma
Antonio Caputo, presidente della federazione italiana dei circoli di Giustizia e libertà,
Riccardo Guastini, professore emerito di diritto, Università di Genova
Elena *** esule russa
Giovanni Cominelli, esperto politiche di istruzione, Milano
Davide Coltri, operatore umanitario e scrittore
Enrico Lupano, pensionato, Torino
Franco Di Mare, giornalista
Lucio Vacchiano, Casoria
Andrea Atzeni, insegnante di Liceo, Milano
Antonino Celi, collaboratore scolastico, Padova
Augusto Cortesini, Roma
Gastone Breccia, docente Università di Pavia e saggista
Vittorio Zambardino, giornalista e saggista
Gianluca Gheriglio, Bologna
Marco Momigliano,
Giorgio Provinciali, giornalista e reporter di guerra, Ucraina
Marino Pasini, impiegato e cronista
Massimiliano Melley, giornalista e membro di direzione Radicali Italiani, Milano
Claudio Resti, Terranuova Bracciolini (AR)
Mario Rossi, insegnante, Napoli
Antonia Falcone, archeologa, Firenze
Francesco Provinciali, giornalista e saggista, Pavia
Giovanni Andrea Arcadu,
Giampaolo Fioravanzo, impiegato
Rosario Brischetto, medico, Cortona (AR)
Roberto Graziano, medico in pensione, Spilimbergo (PN)
Clara Collesan, insegnante in pensione, Spilimbergo (PN)
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Angelo Attinà, dirigente scolastico in pensione
Piero Mattirolo, Tortona (AL)
Luigi Gravagnuolo, Cava de’ Tirreni (SA)
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Antonio De Santis, scuola superiore Finanze, Bologna
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Giulio Massa, Perugia
Andrea Pisauro, ricercatore in neuroscienze e psicologia sociale, Oxford
Ugo Colombino, professore emerito di Economia politica, Università di Torino
Giovanni Federle, insegnante in pensione
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Carlo Ferrari, funzionario pubblico, Firenze
Andrea Palossi,
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Oronzo A. Longo, Genova
Niccolò Rinaldi, presidente Repubblicani Europei
Andrea Fiore, Varese
Margherita Gimelli, docente, Bollate (MI)

 

10 commenti su “la sinistra italiana e il rifiuto dell’occidente”

    1. Analisi dolorosa , ma veritiera , della destra aggressiva e populista la destra che da sempre piace agli italiani più fragili culturalmente , con tendenze delinquenziali , infatti la destra piace alla delinquenza e la delinquenza piace alla destra , in una perversa fascinazione , di cui sono vittime le persone consapevoli di questa assurda situazione che stiamo vivendo.

  1. Spero che la Schlein, vinta la sua battaglia identitaria, ora apra di più la mente del PD su quei temi e valori universali ( libertà e giustizia ) che sono l’essenza delle democrazie occidentali. Temi e valori che, troppo trascurati, hanno determinato il declino di questo storico partito.

  2. D’accordo quasi su tutto. Alcune affermazioni su “certa sinistra” sono un po’ generiche e di certo il welfare in Europa non “gode di buona salute”

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