di andrea bitetto
Se l’Italia fosse un paese serio il Parlamento italiano si determinerebbe a legiferare sul tema del suicidio assistito o della eutanasia in modo del tutto autonomo rispetto ai desiderata di questa o quella confessione religiosa, maggioritaria o minoritaria che essa sia.
Se l’Italia fosse un paese serio, nel legiferare su tale materia proverebbe anche parecchio imbarazzo perché la sentenza della Corte costituzionale che, mettendo in mora il Parlamento, chiedeva un intervento normativo è di quasi sette anni fa.
Se l’Italia fosse un paese serio, e quindi laico nel senso pieno del termine, la legislazione in discussione avrebbe come obiettivo quello di tutelare la libertà di coscienza di ciascun singolo individuo e non quella del singolo deputato più o meno beghino.
Se l’Italia fosse un paese serio anche i deputati che nel loro privato si professano cattolici e/o cristiani in generale, ricorderebbero che fu un martire della Chiesa, Thomas More, ad esprimersi in favore della eutanasia come atto cristiano. Non oggi, ma cinque secoli fa.
Se l’Italia fosse un paese serio ricorderebbe come quel grandissimo cattolico di Arturo Carlo Jemolo definiva l’essenza di una coscienza laica: «La vera coscienza laica si ha nel credente solo allorché egli accetta lo stato di fatto della diversità di concezioni che si riscontrano in un dato momento, e che ritiene lo Stato debba ispirare le sue leggi e le sue opere a quelle visuali di bene che sono comuni a tutte le concezioni (…) e che pertanto lo Stato debba ammettere nella sua legislazione, consentire attraverso la sua legislazione, quello che per lui credente è peccato, e la propaganda di che per lui è tale: lasciando alla libera gara tra uomini religiosi ed uomini non tali, il compito di fugare il peccato, di fare sì che il peccato, pur consentito dalla norma di legge, non abbia mai a venire commesso».
Se l’Italia fosse un paese serio ricorderebbe che quel che ha in mente di fare il ministro Tajani – ovvero farsi suggerire un atto del Parlamento italiano da qualche prelato – sarebbe piaciuto al cardinal Ottaviani negli anni ‘50: ovvero conformare le leggi della Repubblica alla dottrina cattolica perché, dopotutto, in Italia si tien pubblica contabilità dei battezzati cattolici. Praticanti o no, osservanti o meno, probi o smaccati peccatori.
Se l’Italia fosse un paese serio avrebbe qualcuno che, come ai tempi del cardinal Ottaviani, avrebbe preso carta e penna per resistere all’ennesima indebita intromissione nella legislazione italiana da parte cattolica, e per ricordare ai sedicenti laici alle vongole che cosa vuol dir esser laicisti (e non laici: la distinzione in Italia era infatti orpello linguistico che tanto piaceva alla Civiltà Cattolica, voce dei gesuiti). Ma Salvemini è morto purtroppo quasi settanta anni fa e la sorte non ci ha più sorriso.
Un grande liberale e laico, Giovanni Spadolini, definiva i rapporti tra stato italiano e potere spirituale idealmente misurando la distanza delle due sponde del fiume Tevere. L’Italia che la serietà l’ha perduta su un pezzo e che oggi se ci si permette di scriver quel che qui si scrive si volta dandoti dell’anticlericale alla Podrecca, quella Italia ha prosciugato il Tevere.