100 Meloni, l’emergenza come sistema

di angelo perrone

 Il Governo Meloni ha raggiunto quota cento decreti legge dalla sua entrata in carica, con una media mensile di 3,03, quasi in linea con i governi precedenti come Draghi e Conte bis, e superiore al Conte uno. Il dato numerico, di per sé elevato, solleva interrogativi sulla natura e la qualità dell’azione legislativa governativa, ben oltre la statistica.

L’uso del decreto legge, strumento eccezionale previsto dalla Costituzione per «casi straordinari di necessità e urgenza», si è trasformato in una modalità ordinaria di legiferare. Ciò è evidente dalla varietà delle materie affrontate, “decreto Anti-Rave”, decreto “ex Ilva”, passando per sicurezza, fisco e pubblica amministrazione. La velocità di introduzione è bilanciata da un’alta percentuale di decreti decaduti (12 su 100 per il governo Meloni), che rendono inefficaci atti già prodotti.

Questa tendenza rappresenta un’accentuazione significativa di un fenomeno più generale. I dati di Openpolis, fondazione indipendente per l’accesso alle informazioni pubbliche e la partecipazione democratica, rivelano che, dal 1996, la produzione normativa è in larga parte di origine governativa, in modo diretto e indiretto.

Prevalgono i decreti legge che, per quanto sottoposti al parlamento per la conversione, ottengono un’attenzione ridotta e superficiale, a causa dei tempi ristretti e del vincolo della “fiducia” spesso imposto dal governo. Le leggi delega affidano anch’esse al governo il compito di legiferare in concreto, secondo linee guida spesso sommarie. Per altra parte, il parlamento si limita a dare esecuzione a obblighi comunitari e generalmente internazionali. Poche le iniziative autonome e di pregio del parlamento.

Questo indica una progressiva espropriazione delle prerogative parlamentari. Gli esecutivi utilizzano i decreti non per emergenze reali, ma per implementare rapidamente punti del programma politico o gestire situazioni contingenti, aggirando il normale processo legislativo che prevede un’approfondita discussione e una saggia mediazione.

Il problema è aggravato dall’inconsistenza della compagine parlamentare, che si mostra eccessivamente incline ad accettare questa dinamica, abdicando di fatto al suo ruolo di controllo e di elaborazione legislativa. L’utilizzo eccessivo della decretazione d’urgenza “svilisce” dunque il Parlamento.

La deriva porta a un rischio concreto di scivolamento da una emergenza temporanea a uno stato di eccezione strutturale. Il governo legifera senza le mediazioni connesse al lavoro parlamentare, privilegiando la velocità e la monoliticità della decisione, con il sigillo dell’effettività immediata. Il Paese assiste inerme ad una chiara involuzione della dinamica democratica, che mina gli equilibri istituzionali. Mancando il lavorio di pesi-contrappesi e il ruolo dialettico del parlamento la qualità della produzione normativa risulta depotenziata e scadente. Denunciare tali dinamiche è la prima avvertenza doverosa per la cittadinanza consapevole.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.