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piccoli megalomani

Il boss di Washington, disprezzando tutto ciò che nella storia lo ha preceduto, cambia il nome al golfo del Messico, addirittura mettendo al bando la prima agenzia di stampa statunitense che si ostina a non chiamarlo golfo d’America (il Messico, come tutti sanno, non è in America. Povero Monroe, che si ostinò a pensarla diversamente, allargando alquanto i confini americani!) Megalomania.

Nel loro piccolo, i leghisti lombardi tornano a chiedere che i cartelli stradali, quindi i nomi geografici delle località, siano scritti nella “lingua lombarda”. Noi siamo i primi a riconoscere dignità di lingua ai dialetti e ci basta pensare a Carlo Porta. Solo che, in Lombardia, i dialetti o lingue che dir si voglia sono parecchi e non sempre assimilabili. Un contadino dell’alta Val Brembana capirebbe un milanese o viceversa? Chi scrive vive in una amena località dell’Oltrepò Pavese e, pur parlando un buon milanese, fatica a capire i locali quando si esprimono nel loro dialetto stretto.

La questione non è nuova, ma già una decina d’anni or sono il medesimo tentativo fu saggiamente (esistono o almeno esistevano anche leghisti saggi) sconfessato, ammettendo che una lingua lombarda semplicemente non esiste. Ora qualche leghista poco saggio ci riprova, suscitando però qualche ostilità dei compagni d’avventura. I fratelli italiani, infatti, non si percepiscono del tutto coincidenti coi fratelli lombardi, anche perché le loro sorelle hanno preferenze per dialetti più garbatelli.

Noi li lasciamo al loro dissidio. Quando torniamo a Milano, Milan l’è un gran Milan, ci piacerebbe non confondere la città una squadra di calcio, anche perché da settantacinque anni siamo interisti.    

valerio pocar – sabato 22 febbraio 2025

APPELLO PER UN UMANESIMO MILITANTE

di pier virgilio dastoli

Ciò che oggi sarebbe necessario è un umanesimo militante, che si saturi della convinzione che il principio della libertà, della tolleranza e del dubbio non deve lasciarci sfruttare e sorpassare da un fanatismo che è senza vergogna e senza dubbi. Se l’umanesimo europeo è diventato incapace di una gagliarda rinascita delle sue idee; se non è più in grado di rendere la propria anima consapevole di sé stessa in una pugnace alacrità di vita, andrà in rovina e ci sarà una Europa il cui nome non sarà più che un’espressione storica e da cui sarebbe meglio rifugiarsi nella neutralità fuori dal tempo” (Thomas Mann, Achtung Europa 1938).

Così scriveva Thomas Mann agli Europei alla vigilia della deflagrazione della Seconda Guerra Mondiale mentre era andata in scena la vergogna degli accordi di Monaco fra Neville Chamberlain, Eduard Daladier, Adolf Hitler e Benito Mussolini che – in assenza dei rappresentanti della Cecoslovacchia  – aprirono una strada su cui Francia e Regno Unito erano convinti di aver ottenuto una pace duratura accontentando le mire espansionistiche del Terzo Reich nei territori cecoslovacchi di lingua tedesca che invece dettero vita ad una guerra di conquista nazifascista su tutto il continente europeo.

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l’assassino torna sul luogo del delitto. 4

di enzo marzo

È assolutamente inutile che l’Unione Europea sieda al tavolo delle trattative per chiudere “la guerra di aggressione ucraina alla Russia”. Trump è più che sufficiente, non viene dalla politica ma dai traffici commerciali. È un vero furbacchione. Non è uno di quei politici rincitrulliti della Vecchia Europa. Per capirsi, di quei politici che discendono da Chamberlain e Daladier. Lo so, anche il Presidente americano forse non è il più adatto. Lo so che le sue aziende hanno fatto bancarotta per ben sei volte, lo so che lo Sceriffo ha un suo modo di trattare che molti potrebbero giudicare masochista perché ancora prima della negoziazione offre già il doppio di quello che chiede l’altro contraente e maciulla i suoi alleati, per poi chiudere quando si è assicurato la débâcle assoluta. Se ci fosse stato lui a Yalta al posto di Roosevelt, i sovietici starebbero ancora ad abbeverare i loro cavalli nella Senna. Però il Dio americano ha voluto così.

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svegliatevi bambini

Quando cadde il muro di Berlino e sembrò finire la guerra fredda, fummo facili profeti prevedendo che la prossima guerra, magari senza sangue e senza armi, ma con altri mezzi non convenzionali, sarebbe scoppiata tra gli Usa e l’Europa?  

Il Presidente Usa ha detto e ribadito che sarebbe l’ora che l’Europa o più esattamente i Paesi europei che fanno parte della Nato aumentino la spesa per gli armamenti (sarebbe, si spera, la spesa per la difesa) perché gli Usa sono stufi di spendere per difendere popolazioni incapaci di difendersi da sole. Non pretendiamo che la dirigenza Usa, nel complesso piuttosto giovane, tolto il suo Presidente, conosca la storia degli ultimi cent’anni e ritenga, senza rossore, che gli Stati Uniti abbiano difeso l’Europa per dabbenaggine generosa, quando sappiamo tutti che hanno assunto il carico della sua difesa e creato la Nato a tutela principalmente dei loro interessi arrogandosi il ruolo di guida egemonica del mondo, almeno di quello occidentale. Adesso, che i rapporti tra le grandi potenze sono profondamente cambiati, si tratta, almeno secondo la miope visione americana, di una spesa inutile e dunque provvedano i Paesi europei ha spendere per la loro difesa, beninteso, implicitamente, garantendo il ruolo egemonico agli Stati Uniti.

Se i Paesi della Ue restano divisi, come sembrano essere, il ragionamento non fa una grinza. Se, però, decidessero d’investire le risorse pretese dagli Usa e riuscissero a organizzare un sistema di difesa comune, perché mai, investendo in armamenti risorse complessivamente superiori agli Usa, dovrebbero lasciare a questi ultimi il ruolo di guida o, persino, dovrebbero, considerando l’alterigia nei rapporti e la guerra economica minacciata, restare loro alleati per comandamento divino? Ma l’Ue non ha ancora trovato una sua politica comune e segue piuttosto gli interessi di ogni singolo Paese, sicché gli Usa hanno buon gioco e su queste divisioni – ita singuli pugnant universi vincuntur (Tacito, Germania) – possono speculare. Se a una difesa europea comune si giungesse, sarebbe, allora, interessante vedere come i vari sovranisti europei spiegheranno ai loro cittadini ovvero sudditi il drastico impoverimento per via delle spese militari.

valerio pocar – mercoledì 19 febbraio 2025

 

i magnifici diciotto. 2

di enzo marzo

Ci è venuto dall’America, il v.sceriffo Vance, per rimproverarci dei nostri perduti valori. E per dare il suo appoggio ai neonazisti tedeschi. Oramai il trionfo di Trump ha scagliato gli USA nel passato remoto dei valori civili e politici. E paradossalmente proprio loro ci rinfacciano quella cancel culture che hanno partorito per primi. Così sono precipitati nel caos mentale: sognano Marte e si comportano da bovari violenti, sono trasmigrati dal Federalist a un film western di serie C.

Che pena per quella quasi metà degli americani che ancora sanno apprezzare la differenza tra Luther King e quel bestione tatuato da sciamano con le corna che ha dato l’assalto a Capitol Hill, e subito graziato dallo Sceriffo… Quella “quasi metà” che, se pensa a una figura di sceriffo, immagina un severo Gary Cooper che fa rispettare la legge e non un delinquente comune e golpista che, come primo atto di potere, grazia dei criminali della sua stessa pasta che hanno sulla coscienza vari cadaveri.

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Un Vicepresidente non troppo avveduto

In occasione di un recente incontro internazionale a Monaco (città fatidica, come sa il nostro Presidente Mattarella), il vicepresidente degli Stati Uniti J. D. Vance si è permesso diverse affermazioni arroganti, tra le quali secondo noi una è assolutamente inaccettabile oltre che cinica al limite del ridicolo.

Non soltanto, infatti, ha ribadito la richiesta dell’amministrazione statunitense di scaricarsi delle spese militari per farne carico ai Paesi Ue, che, per quanto miope ed arrogante, sembrerebbe dettata dall’intento di tutelare interessi degli Usa (ognuno ha il diritto di sbagliare e di fare scelte autolesionistiche), ma il signor Vance si è permesso di accusare l’Europa di una carenza di democrazia giacché non accetterebbe la presenza di forze di estrema destra e, in Germania, si manifesterebbero fastidio e preoccupazione nei confronti di formazioni politiche dichiaratamente neonaziste. Ora, non si pretende che il signor Vance abbia letto almeno un libro sulla storia recente del suo Paese e del mondo, giacché la cultura sembra non necessaria per accedere ai vertici del suo Paese, ma appunto per questa ragione ha perso l’occasione per tacere.

Non è semplicemente accettabile che si permetta di dare lezioni di democrazia un autorevole esponente di un Paese che ha dedicato gran parte della sua azione di governo, almeno dal secondo dopoguerra in avanti, a condizionare le politiche interne dei Paesi occidentali e non solo, vuoi con le buone (specialmente con finanziamenti a forze compiacenti) vuoi soprattutto con le cattive (con colpi di stato, con ingerenze indebite, addirittura con azioni militari, eccetera). Il signor Vance non ha mai sentito parlare – s’informi magari dalla buonanima del signor Kissinger  o da quella del signor Hoover – di colpi di stato in Cile e in Argentina o a Cuba, a Panama, in Nicaragua, in Guatemala? Mai sentito parlare del fattore K, di Gladio, eccetera in Italia? Il signor Vance ci ricorda il bue che dà del cornuto all’asino.

valerio pocar – lunedì 17 febbraio 2025