Tutti gli articoli di Critica Liberale

can can finale della Repubblica italiana: “per Berlusconi al quirinale”

di enzo marzo

Fino a poco tempo fa la lettura dei giornalacci-trash di destra, assunta masochisticamente per volontario obbligo di conoscenza, mi amareggiava la giornata. Le sconcezze di Vittorio Feltri e di Sgarbi, le turpitudini di Borgonuovo, il servilismo di Giordano, le rocambolesche avventure rossobrune di Sansonetti, l’immarcescibile inciucismo verdiniano del “Foglio” mi mettevano di cattivo umore, perché vi vedevo le prove più degradate della disfatta del giornalismo nostrano. Mi chiedevo: possibile che non si possa leggere una sana opinione di destra? Adesso mi sono arreso: la risposta è no, non è possibile, e non resta che prenderla sul ridere. D’altra parte, mi piace questa concorrenza senza freni tra fogli più o meno leghisti e berlusconiani, ma col cuore meloniano, che non sanno più a chi obbedire e si scontrano tra di loro. Belpietro, stretto tra tanti concorrenti, per acciuffare qualche copia tra i militanti di Forza Nuova si è fatto tutto no-vax e no-greenpass. Preso dalla disperazione presto si assesterà su posizioni tolemaiche. Sallusti, che qualche mese fa scriveva col pennino intinto nello sdegno contro il ridicolo golpe dei trumpiani a Washington, e se la prendeva con i seguaci nostrani, ora si è riallineato con gli alleati di sempre. Immobile, stretto tra le nostalgie storaciane e il piduismo eterno di Bisignani, è invece “il Tempo” fermo al Regime.

Ma ora un punto li unisce: far finta di credere alla candidatura di Berlusconi al Quirinale.

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I pericoli militari del tramonto dell’egemonia americana

di  gian giacomo migone 

È necessaria una strategia indipendente di una Europa sempre più unita. I crolli sistemici determinano un vuoto di potere che viene riempito da iniziative e scontri. C’è un non detto che riguarda il ruolo degli Stati Uniti dopo il ritiro dall’Afghanistan e le tragiche conseguenze che ne derivano, tuttora in corso. Soprattutto in Italia, dove non bastano i silenzi di Draghi e i balbettii di Di Maio e dei grandi media che ora si fingono post atlantici.

Quanto sta avvenendo in quel lontano paese ha reso visibile ed ineludibile una tendenza in atto da anni, che ha avuto inizio da quella sconfitta subita in Vietnam, dalla conclusione per tanti aspetti simile a quella che si sta dipanando a Kabul: il declino del potere relativo degli Stati Uniti rispetto al resto del mondo.

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VACCINO COME DIRITTO DI TUTTI

della Consulta di Bioetica Onlus

UNA DIFESA DELL’OBBLIGO VACCINALE E DEL GREEN PASS PER IL COVID 19
Dal 6 agosto 2021 anche in Italia il Green Pass, o certificazione verde Covid-19, è obbligatorio per accedere a strutture e spazi pubblici, ovvero per muoversi con più facilità in Europa. Dal 1 settembre l’obbligo si è esteso anche ai viaggi di media e lunga percorrenza (treni, aerei) e all’accesso a università e scuole (personale scolastico, personale universitario e studenti
universitari). La scelta del governo italiano ha fatto discutere, ha suscitato perplessità e a volte anche qualche ostilità. La principale ragione contraria fa riferimento a appelli, più o meno ragionati,
alla libertà individuale e al diritto di ciascuno di decidere per sé sul proprio corpo.

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CROCIFISSO: GIUSTIZIA ALL’ITALIANA

Decidere col “dialogo” se mettere il crocifisso nelle scuole, dice la Cassazione. Una sentenza senza capo né coda che equivale alla rinuncia alla giurisdizione (ius dicere).

Una delega in bianco a chi? Agli studenti. ai genitori, ai dirigenti scolastici, al personale ATA?  Dove. quando, come? A maggioranza? All’unanimità? E se nel corso dell’anno qualcuno cambia idea? Ogni anno una nuova decisione concordata? Con quale efficacia? E se arriva il supplente che ha idee diverse? Una decisione sconcertante nel modo che pare confondere la funzione del giudice (applicare tout court la legge con interpretazione costituzionalmente orientata al caso concreto ) con meri suggerimenti a soggetti che nemmeno sono parti in causa di cercare di mettersi d’accordo . E se non ci riescono ? E se l’accordo contrasta con legge e costituzione? Un caso di delegata o denegata giustizia

USCITO IL N.91 DI “NONMOLLARE” SCARICABILE GRATIS QUI

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Sommario
3. appello per la libertà d’informazione
4. l’appello per i giornalisti di kabul
cosmopolis
6. angelo perrone, la democrazia dopo kabul
8. roberto fieschi e miquel rosell fieschi, clima: una sfida impossibile?
la biscondola
10. paolo bagnoli, la tragicommedia del pd
cronache da palazzo
11. riccardo mastrorillo, contrassegni o loghi?
la vita buona
12. valerio pocar, la costituzione e la «razza»
l’osservatore laico
14. vincenzo donvito, blasfemia e bestemmie. il velo italico
dillo in italiano
15. filippo senatore, dividere il cappone in grammatica
lo spaccio delle idee
16. uberto scarpelli, l’impossibile italia liberale
17. chi è uberto scarpelli
21. antonio caputo, l’utopia concreta del manifesto federalista
33. comitato di direzione
33. hanno collaborato
7-9-13-14-20-29-30. bêtise d’oro – bêtise 

PANCE E LINGUE

Uno dei più mediocri ministri di tutte le repubbliche italiane, tale Teresa Bellanova, ora viceministra alle Infrastrutture, ha chiesto le dimissioni di Tommaso Montanari da rettore dell’Università per Stranieri di Siena perché non sa «tenere la lingua a freno», o per maggiore precisione perché ha osato criticare la distopia della destra italiana, più o meno estremista e mafiosa, il famigerato “Ponte sullo stretto”. Evidentemente  la viceministra saudita o renziana (non sappiamo quale qualifica preferisca) non tollera appunti e non sa nulla del diritto di critica di un docente universitario o di un semplice cittadino, e dei doveri istituzionali di chi siede in un governo democratico. È lei che non sa «tenere la lingua a freno». Il presidente del consiglio dovrebbe acculturarla.

Nello stesso arco di tempo un suo collega di governo, il fascioleghista Durigon  non ha saputo «tenere la lingua a freno» e nemmeno “la pancia” e così se ne è uscito con una vera scurrilità politica. Sono i risultati dello sdoganamento iniziato da Berlusconi e della fascistizzazione della Lega di Salvini. Ma questa volta Durigon ha davvero esagerato. Ringraziando il cielo abbiamo avuto delle forti reazioni e sarà assolutamente necessario ottenere le dimissioni di un tale che a due eroi nazionali antepone un fascista supercorrotto e causa indiretta dell’assassinio di Matteotti, come Arnaldo Mussolini.

Draghi deve stare molto attento, ormai non gli resta molto tempo per ristabilire all’interno del suo governo un invalicabile fossato tra la lealtà democratica e costituzionale e tutto questo ciarpame di rigurgiti fascisti, anche nelle più stravaganti versioni rinascimental-saudite. Dopo i dilettantismi di Cartabia, l’ignoranza di Bellanova e la sfacciata arroganza di un fascistello è assolutamente necessario che il Governo  torni alla Costituzione. E dichiararlo chiaro e forte.

NOTTE DA INCUBI

Quando la civiltà di un paese diventa decrepita o non riesce mai a nascere e abbandonare la “pancia”, possono capitare fenomeni assurdi, inauditi, inaspettati. Ne hanno trattato in molti. Da giovanissimo assistetti al teatro Quirino di Roma a un’opera inquietante di Ionesco, Il rinoceronte. L’attore principale, Glauco Mauri (chissà chi se lo ricorda) impersonava il protagonista che diventò il mio eroe. Trama semplicissima. In un paese compare in piazza un rinoceronte. Grande sconcerto, poi i rinoceronti diventano due, tre… Il numero cresce a dismisura. La meraviglia iniziale scema sempre più. Ci si abitua. Ci si arrende alla “rinocentite”, vi si scivola dentro. I paesani, uno dopo l’altro, inevitabilmente si trasformano in quella bestia rude. Semmai sorprende che qualcuno faccia resistenza. Alla fine, il protagonista rimane isolato e solo.

Tutto concentrato in tre atti.

Forse sognavo. Anzi, sicuramente sognavo, ma mi sono ritrovato anch’io nel teatro dell’assurdo. Un’esperienza inquietante.

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La riforma Draghi-Cartabia colpisce dove fallì la Bicamerale

di gian giacomo migone

Non funziona l’alibi “lo vuole l’Europa”, visto che una parte delle tensioni con Varsavia e Budapest derivano dal sopruso di quei governi sui poteri delle loro magistrature.
Salvo ripensamenti dell’ultima ora, la riforma Draghi-Cartabia conferisce al Parlamento poteri d’indirizzo sulle priorità dell’azione giudiziaria, in violazione del sacrosanto principio della
separazione dei poteri che ispira la nostra Costituzione e, potenzialmente, dell’indipendenza della magistratura.
In tal modo, si realizza un obiettivo perseguito da anni con tenacia da un variegato schieramento partitico non privo di propaggini, se non diramazioni, all’interno della sinistra, ma soprattutto da quegli interessi privati e pubblici che s’intrecciano a vario titolo, non di rado illegalmente, con l’esercizio del governo.
Né il governo di oggi, con la maggioranza che lo sostiene, potrà accampare il solito alibi di un’imposizione di Bruxelles; che, anzi, potrebbe anche riservarci qualche sorpresa positiva, visto che
una parte importante delle tensioni con Varsavia e Budapest derivano proprio dalle manomissioni da parte di quei governi dei poteri delle loro rispettive magistrature.
Un poco di storia con un’impronta personale,

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Quod non fecerunt barbari…ovvero, dalla discesa dei barbari alla salita delle cartabia

di maurizio fumo

Di fronte ad un problema ci sono, in astratto tre opzioni: A) lo si ignora, B) lo si risolve (o almeno ci si prova), C) lo si elimina.

Ebbene, per quel che riguarda la eccessiva (intollerabile) durata dei processi (penali, ma, molto di più, civili), per decenni si è operata la scelta A; ora si è passati alla C con la così detta “riforma” Cartabia, che si occupa prioritariamente (ma perché?) del processo penale e non di quello civile.

Il ritornello del “ce lo chiede l’Europa” è solo una mezza verità (e dunque una vera bugia): l’Europa (se proprio vogliamo usare questa ipostasi) ci chiede di ridurre i tempi dei processi, non certo di cancellare i processi; l’Europa ci considera – a ragione – un paese con un alto tasso di corruzione e dunque come potrebbe gioire se i processi per corruzione rischiano di evaporare in secondo grado o in cassazione?

In realtà questa “riforma” assomiglia più al gioco delle tre carte, o – se preferite un eloquio più accademico – all’Etikettenbetrug (truffa delle etichette) della dottrina giuridica tedesca: si affibbia il nome di improcedibilità a quella che in realtà è e rimane una forma abbreviata di prescrizione; infatti l’effetto è lo stesso: il processo non si fa, non va avanti, si blocca, l’imputato diventa “improcedibile”, la parte lesa (o presunta tale) non riceve giustizia.

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MALATESTA: GLI ANARCHICI GENUINI E QUELLI FASULLI

A proposito di “no vax” o “no mask” in versione pseudo libertaria o iperindividualista o anche in abito “cacciarone” (neologismo da Cacciari). Ecco il pensiero di chi, di libertarismo anarchico, se ne intendeva (molto).

L’anarchico Errico Malatesta nel 1924 a proposito della medicina e dei sistemi curativi:

«Riceviamo degli inviti a far la propaganda a favore di questo o quel sistema curativo, fregiato degli aggettivi “razionale”, “naturale”, ecc., accompagnati da critiche, giuste o ingiuste, contro “la scienza ufficiale”.

Noi non ne faremo nulla, perché non crediamo che l’essere anarchici dia a noi o ad altri il dono soprannaturale di sapere quello che non si è studiato.

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LIBERALI, ILLIBERALI, NON LIBERALI E PANDEMIA

di raffaello morelli

Puntualmente, con la pandemia,  sta emergendo la (purtroppo) profonda cultura illiberale  radicata in Italia, vale a dire la cultura che opera contro le condizioni della libertà. Le cure della pandemia, come il green pass (nel prosieguo indicate con “tessera verde”), sono trattate non per quello che sono – delle terapie  molto utili nel vivere – bensì per  i limiti che imporrebbero alla libertà individuale. Perciò, gli illiberali si stracciano le vesti e si scagliano contro la tessera verde paragonata ai comportamenti dei peggiori regimi dispotici. Qui si vuol ricordare agli illiberali – i quali non a caso riscoprono solo ora il concetto di libertà ostacolato in decenni – che cosa la libertà significhi per i liberali e quale ruolo costruttivo abbia in una società democratica.

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IL FAR CASINO DI CACCIARI

Il fervore che sta suscitando la lettera di Cacciari e di Agamben sul “certificato verde” pubblicata dall’Istituto italiano degli studi filosofici di Napoli (fa più chic) è molto significativo della spaventosa arretratezza storica del mondo culturale italiano. Io mi schiero dalla parte di Cacciari. Perché il filosofo televisivo non ne ha colpa. È soltanto il frutto eccellente di decenni di connubio marcio tra clericalismo e comunismo pre & post tonfo.

L’Italia ancora vive in gran parte in una bolla fatta di endemico provincialismo pre-industriale.  Cacciari, maturato insieme con i cattivi maestri di Potere Operaio, con il rivoluzionario Toni Negri e il marxista super clericale Tronti senza accorgersi che il secolo breve era agli sgoccioli, ha vissuto (e ha contribuito a) tutta la tragedia della sinistra italiana. Non si è  fatto mancare nulla: dall’estremismo parolaio all’opportunismo filo leghista, dall’Udeur mastelliano all’oscurità à la francese, dai voli teologici al sostanziale rifiuto della modernità e della ragione illuminista, per finire nella molto comoda Facoltà privée di Filosofia dell’Università San Raffaele del famigerato Don Verzé. Non mancando mai di pontificare da tutti i pulpiti, è stato sempre fedele alla sua divisa “semper sull’onda e dentro al potere”. Ora si divide con Diego Fusaro il gravoso compito di filosofeggiare dalle reti televisive. Ogni tanto sa che deve scandalizzare o far finta di dare in escandescenze, come fa Sgarbi. Altrimenti l’audience non sale.

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