di vittorio coletti
Si possono capire quelli di Portofino. Desiderano intitolare le loro strade ai paperoni del mondo, in segno di gratitudine per il contributo che hanno dato alla crescita del valore immobiliare delle loro case. Basta che siano morti da almeno dieci anni e possono offrigli il nome di un caruggio, memori delle loro palanche. Ma ha fatto male il prefetto di Genova a concedere loro di intitolare una strada a Silvio Berlusconi, morto troppo fresco per salire agli onori toponomastici, visto che la legge non consente titolazioni di vie e luoghi pubblici a chi non è morto da almeno dieci anni, salvo deroga del prefetto ”per casi eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano benemeritato della nazione” (legge 1188 del 1927). E qui sta il punto. Berlusconi ha “ben meritato della nazione” (non, si badi, di Portofino)? Alcuni milioni di italiani, che sono sicuro di rappresentare, ne dubitano e sono inclini a pensare che il Defunto abbia fatto più male che bene al nostro Paese, specie se si considera il bene che poteva fargli e che invece non gli ha fatto. Questi italiani hanno disapprovato le sue scelte politiche, hanno detestato il suo stile, lo sdoganamento della destra fascistoide, il fastidio per quella davvero liberale, l’abbassamento brutale del linguaggio politico.
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LA DESTRA È PUTINIANA?
Dialoghetto sulla Destra italiana
di enzo marzo con sé stesso.
—I vostri due video sono inequivocabili, anche a noi sembra di ricordare i putinismi della Destra, certo che rivisti ora fanno impressione….
–I due video possono indurre in errore e far pensare che la Destra abbia avuto fino a ieri una linea politica filorussa, ma non è così: la Destra italiana non è una vera destra, è un fenomeno tutto nostrano: un giorno è putiniana, un giorno è trumpiana; un giorno è filoeuropea e il giorno successivo è fieramente antieuropea; è antieuro ma favorevolissima a prendere soldi dall’Europa; adora il Dio Po, ma si sbaciucchia ostentamente il rosario; la mattina è secessionista e dopo poche ore è sovranista, verso sera è un po’ nazionalista ma cerca l’occasione per trafficare con la Russia, affamata com’è di tangenti; è moderata ma civetta con Casa Pound.
La sua bandiera è la banderuola. E non solo in campo delle relazioni internazionali: si proclama liberale a piè sospinto anche se non ha la minima idea di cosa sia il liberalismo, anzi è convinta che il liberalismo sia l’ideologia base della difesa del monopolio, delle diseguaglianze, dei privilegi. Si dichiara “garantista” ma lo è solo per chi può farsi le leggi ad personam, frodare lo Stato e corrompere giudici, avvocati, testimoni e parlamentari, certo non per i ladruncoli di strada. Insomma, la nostra è la Destra che per voto delle due Camere stabilisce che una prostituta è la nipote di un capo di stato straniero. Facendo ridere il mondo intero. Il suo è un liberalismo pagliaccesco, fiorito solo ad Arcore e nella Padania, sconosciuto nel resto del pianeta e nella storia delle idee. Un liberalismo che arriva a far educare i suoi giovani attivisti da un ideologo che si proclama nazi-bolscevico. Consigliere ovviamente di Putin. Un liberalismo di ampio respiro, che spazia da Croce al missino Tatarella.
–Quindi non vi ha impressionato il putinismo sfacciato dei due video?
–Non dimenticheremo mai la sceneggiata ripugnante di Berlusconi che gioca con Putin mimando una sparatoria con mani (vedi foto), pur sapendo che ha di fronte chi ha fatto assassinare la giornalista Anna Politkovskaja. Quindi certamente nessuna meraviglia, il putinismo salviniano e berlusconiano non è che una delle tante varianti della Destra italiana fondata sulla cialtroneria proteiforme. Vengono i brividi a pensare che appena poche settimane fa questa stessa Destra ha avuto la sfacciataggine di candidare ufficialmente Berlusconi al Quirinale. Senza scandalizzare (quasi) nessuno. Ed è mancata solo una manciata di voti.
Ma sia ben chiaro, la responsabilità non è di queste banderuole, che poi, se non avessero provocato effetti drammatici sull’etica pubblica e sulle condizioni materiali del paese, farebbero persino ridere tanto sono buffonesche le loro esibizioni. La responsabilità ricade sulla gran massa del popolo italiano che per decenni ha votato (e purtroppo voterà), come beoti masochisti, simili pagliacci.
BIONDI E GLI PSEUDO-LIBERALI IN GUANTI BIANCHI
di enzo marzo
La morte di Alfredo Biondi ricorda a coloro che lo conobbero la scomparsa di un simpatico buontempone. Chissà come se la riderà, oggi che sono finiti i suoi interessi terreni, a leggere in qual modo la sua dipartita è stata celebrata da politici e quotidiani di destra.
Forza Italia arriva ad annoverarlo come «una colonna del liberalismo», evidentemente assieme a Croce ed Einaudi, Albertini e Giolitti, Ernesto Rossi e Pannunzio.
Ma non ci scandalizziamo: i berlusconiani da trenta anni spacciano un’immagine di Forza Italia come “partito liberale di massa”. Pronto a realizzare finalmente la “rivoluzione liberale” tanto auspicata da Gobetti. Ovviamente non hanno mai creduto neppure loro a questa scempiaggine, che tutta la storia politica del berlusconismo ha dimostrato d’essere la più solenne bufala di fine secolo. Ma lo slogan – assecondato da un piccolo stuolo di accademici liberaloidi – è servito a molti liberali di destra in gran parte provenienti dal partito liberale, ma anche a rottami del craxismo e a tutto il partito radicale, come patetico alibi per giustificare un vergognoso trasmigrare verso la forza politica fondata da Berlusconi-Dell’Utri e Previti. Tutti nomi non sconosciuti che costituivano una garanzia certa di mascalzonaggine politica al servizio degli interessi personali del Capo azienda.
Purtroppo Biondi fu uno di questi. Quando Scalfaro cassò il nome di un corruttore seriale come Previti proposto, con una faccia tosta senza pari, da Berlusconi come ministro della Giustizia, frettolosamente fu pronta la controfigura. Appunto Biondi. Tutto qui. Il primo governo Berlusconi entrò in azione l’11 maggio 1994. E Alfredo, dopo appena due mesi, si copiò fedelmente una velina proveniente dallo studio Previti e propose addirittura per decreto legge quello che diventò famoso come il “salvaladri”, che vietava il carcere preventivo per reati come corruzione e concussione. Semplicemente si modificavano le condizioni di legge per prescrivere o no il carcere preventivo, il tutto a favore della vecchia e nuova classe dirigente che aveva portato al potere l’uomo di Arcore. Ci credo che oggi il giornale rifondarol-berlusconiano lo compiange così tanto. Il “decreto salvaladri” inaugurò tutta la copiosa serie dei “lodo” e tutta la legislazione ad personam, che per decenni fu alla base dei nove salvataggi per legge del Padrone. Sinceramente ce li vedo poco Croce e Pannunzio nella stessa brigata di un berlusconiano di complemento. Che fu ricompensato con l’elezione in varie legislature sempre con Forza Italia, fino al suo disimpegno da quel partito, forse perché, diventato completamente inutile, gli era negata l’ennesima riconferma. La storia saprà giudicare con speriamo maggiore severità un regime e i suoi complici che hanno portato alla disintegrazione dell’etica pubblica e il nostro paese alla completa rovina politica.
Con Biondi, Urbani e altri i liberali ex Pli comincia una radicale inversione di tendenza rispetto al moderatismo molto civile di Valerio Zanone (e lo può scrivere serenamente chi non fu mai zanoniano), il quale “naturalmente” rigettò ogni compromissione con Arcore e con grande dignità svolse un suo ruolo di oppositore. Mentre la piccola bandierina del Pli cominciava a sguazzare nel fango.
E purtroppo non è finita lì. Nella storia non si sa mai dove si può arrivare, anche se qualche volta c’è una logica stringente.
Il Pli (non ci crederete, ma esiste), infatti, in questi anni è tornato alle sue radici.
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LA DISCRASIA
Le disgrazie non vengono mai sole. Adesso al Coronavirus si aggiunge lentamente ma inesorabilmente un nostalgica smemoratezza del ventennio di Arcore.
Ritorneranno i tacchi col rialzo, le cene eleganti, gli stallieri assassini e mafiosi, le prescrizioni a raffica, gli indulti, le amnistie, i condoni, le leggi ad personam, Raiset. Si scorgono i primi passi. “Libero” è passato dalle scurrilità quotidiane al “qui lo dico e qui lo nego” d’ogni giorno pur di seguire nelle sue giravolte vorticose il nuovo vero padrone, persino l’ex Agente Betulla già da qualche tempo ha ripreso a far finta d’essere un giornalista e dà lezioni di diritto, si arriverà a rimpiangere l’occasione perduta di avere Previti ministro della giustizia, lui sì che se ne intendeva di giudici e testimoni… E non mancheranno storici che ricostruiranno le gesta memorabili che portarono al compimento della “rivoluzione liberale” nel nostro paese. Si affolleranno i testimoni di quel glorioso periodo. La più autorevole ha già esternato. Marta Fascina, 30enne sicuramente la nipote più piccola di Mubarak, eletta deputata di Forza Italia a furor di popolo (come si addice a un partito populista), ha dichiarato: «In uno dei periodi più bui per la nostra nazione, alle prese con un nemico invisibile e per questo ancora più pericoloso e infame non ci si può esimere dal rappresentare le evidenti discrasie tra il modus operandi, in un contesto emergenziale, dell’attuale premier Giuseppe Conte e quello dell’ultimo capo di governo democraticamente scelto ed eletto dagli italiani, il nostro Presidente Silvio Berlusconi». Finalmente, come è necessario in uno stato liberale, abbiamo un’opposizione seria, Marta Fascina.
L’EREDE
Da molto tempo e ripetutamente Vittorio Sgarbi, con grande modestia, si è autocandidato alla successione di Berlusconi. Il recordman di trasformismo e di scurrilità si è fatto una solida fama perché è invitato a mitraglia da pseudo giornalisti che, non sapendo fare il proprio lavoro, sperano che qualche parolaccia alzi l’audience delle loro trasmissioni. Sgarbi in Emilia-Romagna ha trascinato Forza Italia dall’8,36% al 2,56% conquistando un nuovo record: il peggiore disastro elettorale di tutti i tempi del berlusconismo. Ci auguriamo davvero che così si sia conquistato il diritto d’essere il vero erede di Arcore e possa finalmente e velocemente ridurre a morte sicura il partito di Berlusconi, Dell’Utri, Previti, Scajola e Galan, Per non dir degli altri… Forza Vittorio (mai nome è stato così inappropriato).
la lepre marzolina – martedì 28 gennaio 2020
RIECCO KANT
Così Berlusconi: «Ho deciso per senso di responsabilità di andare in Europa dove manca il pensiero profondo del mondo. Noi rappresentiamo l‘idea liberale della politica, i valori e le idealità liberali, che oggi bisogna difendere in Italia, in Europa e nel mondo».
L’Europa sarà salva. Ritorna il «pensiero profondo» di Arcore. Finalmente Berlusconi-Gobetti porterà a Bruxelles la “Rivoluzione liberale”, dopo una prolungata assenza motivata da un lungo stage di studio sul volume di Tocqueville, Come frodare lo stato in America. Peccato che non potrà portare con sé gli altri padri fondatori, tempo fa, di Forza Italia, come Dell’Utri-Croce troppo impegnato nello scrivere La mafia come pensiero e come azione o come Previti-Einaudi indaffarato in un libro di meditazioni personali, Corruzioni inutili.
la lepre marzolina, 18 gennaio 2019
CERVELLO CON PATATE
Pensavamo di non doverlo più fare. Ormai da decenni polemizziamo con quei “professori della cattedra” liberali che quando venne il furbastro Padrone offrirono i loro servigi e le loro penne alla “rivoluzione liberale” di Berlusconi, Previti, Dell’Utri. Tra i politici Pannella e Giorgio La Malfa svendettero all’ingrosso i loro partiti, la sinistra e la tradizione liberaldemocratica per una minestra (scarsa) di lenticchie. E’ stata la tragedia italiana. Noi li definimmo “liberaloidi”.