Il Fatto è “fatto”, è un fatto.
dada – lunedì 11 novembre 3’34
Il Fatto è “fatto”, è un fatto.
dada – lunedì 11 novembre 3’34
Il 3 novembre Critica liberale, come al solito, ha inviato l’ultimo numero del suo quindicinale “Non Mollare” al Fatto online, che da ben nove anni lo riprendeva tra i suoi blog, in seguito a un accordo tra le due pubblicazioni. Questa volta il “Non Mollare” conteneva al suo interno una lettera aperta al Direttore Peter Gomez, in cui si spiegavano – a lui e ai suoi lettori – le ragioni politiche che ci portavano a chiudere la collaborazione. Purtroppo il Fatto online in questa occasione non ha pubblicato né la lettera né il link del fascicolo. Abbiamo più volte sollecitato di farci sapere il perché di questa decisione censoria, ma invano. Ci rammarichiamo sia dell’abbandono da parte del “Fatto” della sua tradizionale correttezza giornalistica sia del poco rispetto dei diritti dei suoi lettori. Non ci resta che spiegare entrambi con le stesse motivazioni che ci hanno fatto decidere la fine della collaborazione e che abbiamo denunciato nella lettera aperta censurata .
[critica liberale]
TESTO DELLE LETTERA CENSURATA
LETTERA A PETER GOMEZ, direttore de “il fattoquotidiano.it”
Caro Direttore,
con questo numero il “Nonmollare”, quindicinale online che riprende idealmente la testata di quello che fu nel 1925 il «primo esperimento di giornalismo clandestino in epoca fascista» sotto l’egida di Ernesto Rossi, Carlo Rosselli, Gaetano Salvemini e Piero Calamandrei, termina la collaborazione con “il Fatto quotidiano.it”. La stessa memoria dei nostri progenitori ci impedisce di continuare ad essere diffusi da una testata che sempre più si è allontanata dai nostri principi e valori post azionisti e liberali, anzi li avversa apertamente. Già due anni fa
Continua la lettura di IL FATTO ONLINE CENSURA CRITICA LIBERALE E “NON MOLLARE”
di francesco cancellato, direttore di Fanpage.it
FOLLOW THE MONEY: INCHIESTA SUL CASO DURIGON
23 SETTEMBRE 2021
Il Tribunale di Roma vuole sequestrare e oscurare i contenuti dell’inchiesta Follow The Money del team Backstair di Fanpage.it su Claudio Durigon e sui fondi della Lega. Si tratta di un provvedimento che rimanda a pratiche mai utilizzate in Italia che limita la libertà di stampa e che ci riguarda tutti. Per questo non possiamo stare in silenzio. Come giornalisti, come lettori e come cittadini.
A cura di Francesco Cancellato
Vogliono oscurare Fanpage.it per l’inchiesta sui fondi della Lega e non possiamo permetterlo
Oggi è successa una cosa grave, nella redazione di Fanpage.it.
Abbiamo ricevuto un decreto del Gip di Roma che dispone il sequestro, mediante oscuramento, dei video che contengono l’inchiesta Follow The Money su Claudio Durigon e i fondi della Lega.
Ricordate? In quell’inchiesta avevamo mostrato un video in cui l’onorevole Claudio Durigon diceva a un suo interlocutore che non bisognava preoccuparsi dell’inchiesta della procura di Genova sui 49 milioni di Euro che la Lega avrebbe sottratto allo Stato italiano perché il generale della guardia di finanza “l’abbiamo messo noi”. “Quello che fa le indagini sulla Lega lo abbiamo messo noi”: il potere di Claudio Durigon, dall’UGL a Salvini
“Il generale che indaga sui 49 milioni lo abbiamo messo noi”: cosa c’è dietro le parole di Durigon
Per quell’inchiesta abbiamo già ricevuto diverse diffide e querele, com’è legittimo che sia.
Chiunque si ritenga offeso o diffamato dai nostri articoli ha diritto di far valere le sue ragioni in un Tribunale, e ci sono un giudice e tre gradi di giudizio per accertarlo.
Quel che ci è stato notificato oggi è molto diverso.
Quel che ci è stato notificato oggi, il sequestro e l’oscuramento preventivo di un contenuto giornalistico, rimanda a provvedimenti che non dovrebbero essere emessi in un Paese in cui vige la democrazia e la cui Costituzione, perciò, non lo consente.
L’articolo 21, dice che non si può: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili”.
Dunque il sequestro preventivo di un prodotto giornalistico, anche se pubblicato sulle pagine web di un sito informativo registrato, è consentito solo ove si ipotizzino reati, diversi dalla diffamazione.
Non è il nostro caso.
Continua la lettura di SEQUESTRARE E CENSURARE: UNA PRATICA INEDITA. CHIEDIAMO PROVVEDIMENTI
Mi pare strano (ma non mi meraviglia) che Mentana abbia fatto un errore cosi infantile, un atto di gravissimo servilismo del tutto gratuito che disonora la professione giornalistica. Forse è il fatto (almeno tra quelli pubblici) più indecente nella storia degli ultimi decenni del giornalismo italiano… [e.ma.]
Su Mediaset Barbara D’Urso e Matteo Salvini non sanno più che inventarsi e si mettono a recitare l”eterno riposo”. Lei, prima, non riesce a non confessare ai telespettatori che ogni sera non può fare a meno di recitare il rosario (lei lo chiama così) e lui agita il crocifisso con la faccia atteggiata a penitente, come se la Lega Ladrona si fosse pentita d’aver truffato allo Stato 49 milioni.
Lo spettacolo è raccapricciante. Sono in corso reazioni infuriate, sono state raccolte già 380 mila firme su una petizione che chiede la chiusura della trasmissione. Noi liberali non siamo d’accordo: siamo per la libera espressione. Non abbiamo mai sollecitato sanzioni per la prostituzione o per la blasfemia o per il trash, anche il più spinto. Non abbiamo mai denunciato neppure Sgarbi per la sua perenne scurrilità. Tocca ai telespettatori chiudere l’apparecchio televisivo quando appaiono spettacoli offensivi del buon gusto. Invece di firmare è più fruttuoso fare una campagna di boicottaggio delle merci di chi finanzia con la pubblicità questa immondizia. Perché non pubblichiamo l’elenco degli spot pubblicitari contenuti in ‘Live Non è la D’Urso’ ?
[e.ma.]
[nella foto: francesco polacchi, responsabile della casa editrice Altoforte, che espone le sue idee insieme con alcuni intellettuali di Casa Pound]
di enzo palumbo
Mattia Feltri, che è un acuto osservatore delle cose italiane, riferendosi alla vicenda dell’esclusione della casa editrice Altoforte dal Salone di Torino, nel darci il buongiorno su La Stampa dell’11 maggio, ha fatto ricorso al noto paradosso di Popper, per il quale, detto in pillole, se siamo tolleranti cogli intolleranti, l’intolleranza vincerà.
Messa in questi termini semplificati, il ragionamento di Feltri lo porta a concludere che in tal modo finisce per attivarsi quella che chiama “la dinamica dell’intolleranza”, per cui “se sei intollerante con l’intollerante, a tua volta diventi intollerante e qualcun altro sarà autorizzato all’intolleranza contro di te”.
Per la verità, il paradosso di Popper è un po’ diverso rispetto alla semplificazione che si usa farne, perché non postula, sempre e comunque, l’intolleranza verso gli intolleranti, ma censura soltanto la tolleranza “illimitata”: “La tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi.”
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di Fatto quotidiano – 20 luglio 2018
[Postilla. e.m. : Ripubblichiamo qui un articolo su come la stampa italiana ha riportato la notizia delle motivazioni della sentenza del processo in Corte di assise di Palermo sulle commistioni tra parte delle istituzioni e la mafia. Ne esce coinvolto Berlusconi e condannato ulteriormente il già noto colluso con la criminalità organizzata siciliana Dell’Utri. Cose risapute, e certamente non sarà neppure questa sentenza ad aprire gli occhi dei milioni di italiani che, ciechi come talpe, per due decenni hanno votato il partito fondato da Berlusconi, Previti, Dell’Utri. Ovvero, caso unico nella storia delle democrazie occidentali, da tre pregiudicati per reati gravissimi. Troppi italiani saranno anche ciechi, ma il loro offuscamento è stato anche indotto dalla stampa nazionale, da sempre conformista e cortigiano verso il potere. Ancora una volta assistiamo al cerchiobottismo inventato dal Corriere e la prudente sordina messa da quasi tutti gli organi d’informazione. Unica eccezione è “Libero” che, la notizia delle 5252 pagine delle motivazioni, non la mette proprio, neppure per criticarle, anche pesantemente. No, Feltri questa volta si risparmia persino le sue solite scurrilità e ostenta il silenzio. Quel silenzio che si addice ai servi obbedienti e ben prezzolati].
Trattativa, su molti giornali il ruolo di Berlusconi scompare dai titoli
Quello del Patto Stato-mafia con i quotidiano italiani, insomma, si conferma un rapporto difficile. Per carità: si tratta pure sempre di un provvedimento di primo grado, su una vicenda complicata e contestatissima. Le motivazioni della corte d’Assise non sono vangelo: sono criticabili, contestabili e confutabili. Ma per criticare una notizia bisogna darla.
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