Archivi categoria: ALLARMI SON FASCISTI!….

le radici fasciste

di andrea ricciardi

Bagarre alla Camera dopo che Giorgia Meloni ha letto brevi pezzi del Manifesto di Ventotene (Per un’Europa libera e unita), scritto durante la guerra nel 1941 da  e , confinati sull’isola dal  dopo essere stati in carcere. Fu pubblicato nel 1944 grazie a Eugenio Colorni, che ne scrisse la prefazione e fu ucciso dai fascisti. Meloni ha detto che quella del manifesto «non è la sua Europa», accusando in sostanza Rossi e Spinelli di essere antidemocratici. Siamo al rovesciamento della realtà, alla propaganda di chi, citando frasi fuori dal contesto in cui furono scritte, ridicolizza gli oppositori del fascismo ma, così facendo, si schiera al fianco dei fascisti, alleati di ferro dei nazisti, che il manifesto voleva sconfiggere attraverso una rivoluzione federalista. Se la libertà ha vinto è merito di tutti gli antifascisti, anche di Spinelli, Rossi e Colorni. Meloni, una volta di più, dimostra che i suoi riferimenti storici sono coloro che gli antifascisti li hanno uccisi, incarcerati, confinati, costretti all’esilio. È presidente del Consiglio di una Repubblica democratica di cui, coerentemente, non riconosce le radici antifasciste.

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le citazioni colte

Potremmo mandare ai troppi che non sanno leggere un testo, nella specie il Manifesto di Ventotene [ che immagino letto forse da 1 italiano su 400mila o giù di li”]  e che tuttavia  sproloquiano fingendosi o improvvisandosi sapientoni  sempre sul pezzo, l’ammonimento sempre valido del grande giurista Celso, II secolo d.c., a uomini e giuristi o sedicenti tali : scire leges non est verba earum tenere sed vim ac potestatem. Dopo di che pare che quanto detto dalla presidente del consiglio sul Manifesto di Ventotene sia  prodotto  non suo ma di Capezzone . Nel rivolgere il monito di Celso a lui, se è stato lui, non resta che piangere per la scelta della presidente del consiglio, che giovane e volenterosa poteva far meglio.

P.S. conoscere le leggi non significa recitarle meccanicamente ma coglierne il significato e la forza sostanziale

Buttarla in caciara

di angelo perrone

Funziona sempre, non c’è verso. È la tecnica di chi getta un grosso sasso nello stagno mentre tanti curiosi sono chini ad osservare i pesciolini che sguazzano. L’effetto sono gli schizzi negli occhi, le reazioni, gli insulti per l’insano gesto. In Parlamento Giorgia Meloni doveva replicare nel dibattito sulla questione del “riarmo” dell’Europa dopo le mosse improvvide di Donald Trump. E lei che fa, come si approccia? Estrapola brani a casaccio del manifesto di Ventotene per prendersela con l’opposizione. Quei brani davano l’idea che gli autori disprezzassero il metodo democratico e perorassero addirittura una sorta di dittatura rivoluzionaria. Un ottimo pretesto polemico, dimenticando che il senso profondo del manifesto era altro: l’idea nobile di un continente unito, solidale e in pace dopo una guerra sanguinosa. Lei conclude, ovviamente irritando l’opposizione, «non è questa la mia Europa».  Bagarre in aula, proteste, schiamazzi, seduta sospesa. La caciara prevale sul tema in discussione, che non era di poco conto, come fare di fronte al tradimento ignobile americano sulla difesa dell’Ucraina invasa ed aggredita. Ma era importante per la Meloni sfuggire al tema, rifugiarsi altrove, per giustificare la sua vicinanza a Trump e la sua lontananza dalla solidarietà europea in un momento di crisi e di ripensamento del proprio ruolo. E l’opposizione cade nella trappola facendosi travolgere dall’irritazione. La frase della Meloni era capziosa, prima che irritante. Identificava falsamente l’idea di Europa moderna, responsabile, e autonoma da tutti con le citazioni discutibili del manifesto. Le serviva strumentalmente non già per affermare l’importanza del metodo democratico ma per assolvere sé stessa dalle ambiguità rispetto ai rapporti odierni UE-USA. Peccato non aver colto il punto, e non aver saputo reagire a dovere.

 

UN VOTO PER MATTEOTTI

di Marco Cianca

 
L’immorale Amerigo Dumini, capo della Ceka, la polizia segreta fascista, guidava i sicari che il 10 giugno 1924 rapirono e uccisero Giacomo Matteotti. Arrestato a causa di prove talmente inoppugnabili che nemmeno il regime poteva occultare, in un processo farsa a Chieti, marzo 1926, difeso da Roberto Farinacci, fu condannato a soli cinque anni di reclusione di cui quattro condonati. Riprese subito la sua vita da avventuriero, tenendo Mussolini sotto ricatto per ottenere continue elargizioni. Allevatore di polli, imprenditore agricolo, oste, contrabbandiere, spia partecipò alla guerra. In Africa gli inglesi, dopo la cattura, lo portarono davanti al plotone d’esecuzione ma, pur raggiunto da “diciassette colpi” (come recita il titolo della sua autobiografia) e dato per morto, riuscì a fuggire. Durante la repubblica sociale organizzò un traffico di automobili, pezzi di ricambio, armi. Si infilò nelle file degli Alleati come autista del comando inglese e in queste vesti fu arrestato il 18 luglio 1945.

Un nuovo dibattimento sull’omicidio di Matteotti, aprile 1947, emise la sentenza di ergastolo. Ma già nel 1953 era fuori per un’amnistia. Rientrato in carcere a causa di un vizio di forma, il 23 marzo 1956 lasciò definitivamente il penitenziario di Civitavecchia. Poco dopo si iscrisse al Movimento Sociale. Non svolse aperta attività politica ma di fatto la fiamma sgorgante dal sarcofago del Duce per uno come lui era un richiamo irresistibile. Quello stesso fuoco arde ancora oggi nel simbolo di Fratelli d’Italia.

Giorgia Meloni, durante la commemorazione dell’ultimo discorso che il deputato socialista pronunciò in Parlamento, quello che per la forza delle denunce contro la violenza e la corruzione, (tema sul quale il governo temeva devastanti rivelazioni a proposito dei contratti con la compagnia petrolifera Sinclair Oil) equivalse ad una condanna a morte, ha onorato “un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee”. Finalmente è riuscita a pronunciare la parola proibita, hanno rimarcato i benevoli commentatori. In realtà, si è trattato della semplice ammissione di un’incontrovertibile verità storica e giudiziaria.

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Fascista è chi fascista fa

di Carla Bassu

Perché nel 2024 qualcuno in Italia fatica ancora a dichiararsi pacificamente antifascista?

E allora il comunismo? Si sente spesso replicare. Che problema c’è ad ammettere che i regimi comunisti, dall’Unione sovietica in poi, hanno fallito nell’ideale dichiarato, avvilendo le libertà individuali e risultando incompatibili con il modello di democrazia costituzionale.

La democrazia, pur imperfetta e piena di contraddizioni, è la migliore tra i sistemi di governo sperimentati finora e si pone in netto contrasto con i dettami del fascismo e del socialismo reale.

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Atreju in Albania

Atreju in Albania. Ancora sulla Fantasia abusata dalla politica.

di francesca palazzi arduini*

Vale la pena di analizzare ancora l’uso, fuori luogo, di un personaggio fiabesco come testimonial simbolico della kermesse di Fratelli d’Italia, dopo la ben argomentata denuncia di Roberto Saviano, che ha subito a causa della sua franchezza un attacco scomposto diretto finanche alla sua necessità di vivere sotto protezione. Qui si evidenzia anche una critica “di genere” alla scelta e riappare la denuncia purtroppo molto attuale della ricerca di una nuova egemonia culturale, magari minoritaria o soprattutto improvvisata, da parte di molti politici e grazie all’uso dei nuovi social media.

La politica che ambisce a diventare egemonica necessita di intellettuali organici, di rappresentazioni marmoree e architetture ardite per la sua ambizione, con strade da parata, florilegi per i suoi leader, slogan pubblicitari per le sue guerre. Nell’epoca della strategia di marketing, dei troll e degli influencer, per il politico desideroso di colpire l’immaginario del cittadino oltre che dell’elettore funziona qualsiasi pezzo di cultura, riscritto e imparruccato da fantasmi umani della A.I. .

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la voce della fogna

di marco cianca

Non parlano, eruttano. Dalle loro bocche fuoriescono lapilli gastrici rovesciati sul nemico di turno per lordarlo e pietrificarlo. Sindacati, opposizione, magistratura, giornalisti, intellettuali. E poi le organizzazioni non governative, l’Europa, la Francia o la Germania, a rotazione, secondo le circostanze. Il capo dello stato e il Papa sono osservati speciali, ogni tanto qualche scoria verbale raggiunge anche loro, così, per avvertimento.

L’attuale maggioranza soffre di un continuo mal di pancia. Poveretti, devono avere lo stomaco pieno di residui ideologici che non riescono a digerire. E così, ora che possono, ora che hanno il potere, danno libero sfogo ai loro rabbiosi borborigmi, trasformandoli in atti d’accusa, in proclami, in atti di governo.

Grida, Giorgia Meloni. Tuona, Matteo Salvini. Minaccia, Andrea Crippa. Blatera, Francesco Lollobrigida. Esondano, Giovanni Donzelli e Augusta Montaruli. No, non gli vanno proprio giù, le critiche. Da qualsiasi parte vengano, sollecitano la loro dispepsia politica. E allora, con l’intestino ritorto, devono buttare fuori quello che non assimilano. Cioè tutto, eccetto le proprie stolide convinzioni.

 “Il fascismo espelleva dalla Nazione tutto quello che secoli di servitù le avevano iniettato di nocivo. Democrazia, massoneria, laicismo, marxismo, materialismo, illuminismo, parlamentarismo, utilitarismo, positivismo, radicalismo, centrismo, tutto era vomitato dall’Italia in una salutare colica liberatrice”. Questa frase, contenuta in un doppio volume di elogio del Ventennio, rende bene l’origine e il decorso della malattia.

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i fascio-nazisti meloniani (continua 05)

5.IMBECILLITA’ EREDITARIA. Un twitt: @La_manina_: “Se c’era una cosa che il fascismo proprio non tollerava era il Parlamento. Infatti lo soppresse. Oggi la destra si appresta a svuotare il Parlamento dei suoi poteri e ad accentrarli tutti nelle mani del Presidente del Consiglio. Perché i fascisti cambiano nome ma non abitudini”. Interviene Caio Giulio Cesare Mussolini, pronipote del Duce, esponente Fdi già candidato da Meloni alle Europee: «Che tweet patetico. Il #Parlamento non venne mai soppresso durante il #fascismo. Nel ’39 venne sostituito dalla #Camera dei #fasci e delle #corporazioni. Suggerisco di studiare prima di blaterare”. (Twitter – 7 maggio) [da “Espresso”, 11-5-2023]

4.Luca Paladini, consigliere regionale della Lombardia, fondatore dei Sentinelli di Milano eletto con la lista civica di Majorino: La bocciatura da parte dell’ufficio di presidenza della richiesta di patrocinio al Milano Pride era «annunciata, ma non per questo meno deludente»; «mentre negava il patrocinio al Pride, lo concedeva all’iniziativa di Bran.co, una costola di Lealtà&Azione»; «organizzazione apertamente neofascista. Bran.co nello specif­ico si muove prevale­ntemente nel campo antiabortista». «Il segnale di una combinazione tremenda. Con una mano bocciano il patrocinio al  Milano Pride, con l’altra danno un patrocinio oneroso a Lealtà e Azione, organizzazione apertamente neofascista che “si onora” di avere tra i propri riferimenti l’ex ge­nerale delle SS Leon Degrelle, condannato come criminale di guerra, e di esaltare nel proprio inno Cornelius Codreanu, il fondatore della Gu­ardia di ferro rumena, organizzazione te­rroristica e antisem­ita, collaboratrice dei nazisti negli an­ni Quaranta. Bran.co nello specif­ico si muove prevale­ntemente nel campo antiabortista. Tra i fondat­ori di Lealtà e azione compaiono Giacomo Pedrazzoli e Stefano Del Miglio (che dalla sua pagina Facebook propaganda la part­ecipazione di Bran.co a questa iniziativ­a), pluricondannati per lesioni volontar­ie e accoltellamenti. Quindi una manifestazione che reclama uguaglianza e diritti non merita attenzione e supporto dalla Regione e questi invece si». [da “Espresso”, 11-5-2023]

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Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni…

di annalisa savino, preside del liceo scientifico Leonardo Da Vinci di Firenze

Cari studenti, in merito a quanto accaduto lo scorso sabato davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze, al dibattito, alle reazioni e alle omesse reazioni, ritengo che ognuno di voi abbia già una sua opinione, riflettuta e immaginata da sé, considerato che l’episodio coinvolge vostri coetanei e si è svolto davanti a una scuola superiore, come lo è la vostra. Non vi tedio dunque, ma mi preme ricordarvi solo due cose. 

Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti. ‘Odio gli indifferenti’ – diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in un carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee. Continua la lettura di Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni…

8 ottobre 1922: nasce il pli fascioliberale

di enzo marzo

«Questa opprimente schiavitù che incombe, insieme dall’alto e dal basso, risuscita e ancora di più risusciterà nell’avvenire, tutta la forza dell’opposizione liberale. Il liberalismo, è stato giustamente detto, se rinascerà come partito, non potrà essere che un partito di opposizione. Ma anche fuori di questa ipotetica contingenza politica, c’è materia di lavoro per gl’individui, anche isolati, che hanno della libertà una coscienza viva. Si tratta di educarsi e di educare con una critica vigile e attiva, di riprendere, sotto quella luce, contatto cogli avvenimenti, di mostrare tutto il valore rivoluzionario di questa magica parola “libertà”, quando non è soltanto una parola, ma vita, articolazione di pensiero, novità di spirito nel considerare gli avvenimenti umani. Sento che il mio appello sarà raccolto; da pochi ma dai migliori. Non si tratta di formulare e pietrificare programmi; si tratta di vivere e far vivere lo spirito liberale, non con astratte proclamazioni, ma stretto, aderente alle cose, le più comuni, dell’esperienza più banale. Si tratta di spiegare che vi sono problemi, laddove non si vedrebbero che soluzioni belle e fatte, da accettare passivamente. Si tratta di purificare un poco questa volgare politica, salendo un po’ al di sopra del comune patriottismo, istituzionalismo, ministerialismo e i loro contrari; dimenticando anche i partiti, magari per tornarci con una più approfondita coscienza. Si tratta in una parola di farci un’educazione politica libera e spregiudicata».

Vorrei davvero averle scritte io queste frasi, sarebbero un vero bel programma per affrontare oggi da “forti” la crisi epocale della sinistra e l’avvento dell’estrema destra di ascendenza fascista o, per essere più attuali e precisi, trumpiana, orbaniana e putiniana. Ovvero di quel côté che è direttamente totalitario o fa riferimento a quella democrazia illiberale che si dimostra il peggior nemico delle politiche liberali.

Ma non sono parole mie, sono di Guido de Ruggiero,

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LETTERA DA VICHY CON AMORE

di enzo marzo

13 aprile 2022 Dalla rubrica delle Lettere del “Fatto quotidiano”:

TITOLO: I POTENZIALI VANTAGGI DELLA VITTORIA DI LE PEN

Ben venga la vittoria della Le Pen se si realizzeranno i tre punti seguenti: scioglimento della Nato e realizzazione di un esercito europeo; inclusione di Russia, Ucraina, Bielorussia e Turchia nella Ue; denuclearizzazione militare di tutta l’Europa tranne di Francia e Russia, garanti nucleari dell’unione. Con Xi Jingping e Trump non ci sono alternative per la prosperità e sicurezza dell’unione europea. Pietro Monfardini

Interpretando la linea politica del “Fatto”, un lettore traccia da vero statista il futuro dell’Unione Europa dopo l’auspicata vittoria di Le Pen. E il giornale pubblica, titolando e mancando di chiosare. Siamo veramente ammirati. Ma la fotografia potrebbe essere ancora più nitida: se vincessero gli eredi di Pétain, potremmo avere noi europei ben altri vantaggi, oltre a quelli citati. A parte la soddisfazione di avere finalmente con noi tre autocrati come si deve, della scuola fasciocomunista, l’arricchita nuova Unione Europea farebbe un salto in avanti di civiltà, dal post-illuminismo al pre-medioevo. Pensate una bella “Direttiva europea” che estenda a tutti la legge sulla stampa della Russia (pallottole in faccia comprese) oppure l’uso del veleno per risolvere i problemini della concorrenza politica, oppure l’introduzione obbligatoria dei severi usi e costumi turchi. Potremmo persino denazificare la Svezia. E via blaterando. Saremmo anche più sicuri, garantiti dalle bombe atomiche della fascista francese e del neo stalinista russo, nel caso che gli Stati Uniti ci aggredissero… Vorrei tanto essere francese per precipitarmi a votare a favore di Le Pen, assieme ai giornalisti del “Fatto”.

 

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