Archivi categoria: pensiero del giorno | di antonio caputo

le citazioni colte

Potremmo mandare ai troppi che non sanno leggere un testo, nella specie il Manifesto di Ventotene [ che immagino letto forse da 1 italiano su 400mila o giù di li”]  e che tuttavia  sproloquiano fingendosi o improvvisandosi sapientoni  sempre sul pezzo, l’ammonimento sempre valido del grande giurista Celso, II secolo d.c., a uomini e giuristi o sedicenti tali : scire leges non est verba earum tenere sed vim ac potestatem. Dopo di che pare che quanto detto dalla presidente del consiglio sul Manifesto di Ventotene sia  prodotto  non suo ma di Capezzone . Nel rivolgere il monito di Celso a lui, se è stato lui, non resta che piangere per la scelta della presidente del consiglio, che giovane e volenterosa poteva far meglio.

P.S. conoscere le leggi non significa recitarle meccanicamente ma coglierne il significato e la forza sostanziale

NEUTRALITÀ IMPARZIALITÀ INDIPENDENZA

Questa foto e questo video della giudice di Catania che ha emesso una ordinanza di buon senso ed equilibrata , spuntata fuori dopo 5 anni lascia perplessi e un po’ preoccupati su modo e tempo della divulgazione. Pilotata? da chi? Acquisita quando e come? Custodita dove ? Data al ministro Salvini?  da chi ? Ci sono fascicoli riservati al Viminale? Perché e in forza di quali norme e con quali garanzie? Perché ?

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UN GOVERNO FEROCE E DISUMANO

Una sorta di garanzia finanziaria, la cifra di quasi 5mila euro, prevista affinché i migranti possano evitare di essere internati nel Centro di Permanenza e accoglienza: nuova disposizione tramite un decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Fa impressione il come. Burocratese puro.
Un deposito finanziario di quasi 5.000 euro da parte dei richiedenti asilo che desiderano evitare di essere detenuti in un Centro di accoglienza durante l’esame del loro ricorso contro il rifiuto della loro domanda.

La somma di 4.938 euro garantirà al migrante, per un massimo di 4 settimane di trattenimento “la disponibilità di un alloggio adeguato sul territorio nazionale, i fondi necessari per un eventuale rimpatrio e mezzi minimi per il sostentamento”.
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il funerale della giustizia?

Trovo disdicevole che il presidente del Senato, che ha fatto l’avvocato, dopo che il figlio è stato indagato per una fattispecie di ipotizzato reato, si affanni e precipiti a rilasciare interviste, esordendo con un perentorio ” ho interrogato a lungo il ragazzo…. è innocente …”.
Sostituendosi ai giudici e quasi prevaricandoli. Est modus in rebus .
Comprensibile l’affanno del genitore . Inaccettabile un affermato interrogatorio pro domo fili. Molto poco istituzionale . E deontologicamente poco corretto per un avvocato. Fa il paio per altro verso con le esternazioni del ministro Nordio ex PG che dopo l’imputazione coatta disposta da un giudice , secondo le leggi vigenti, a carico di un suo sottosegretario nel delicato ministero della Giustizia, sbotta pubblicamente affermando la necessità di impedire al giudice di imporre l’imputazione. Una ingerenza a processo in corso lesiva dell’autonomia della funzione giudiziaria. Che fa ulteriore paio con la volontà da lui
dichiarata, dopo la vicenda Santanche’, di riformare la normativa in tema di avviso di garanzia . Impedendo indagini esplorative a sorpresa e informando subito chi potrebbe essere indagabile. Quasi mettendolo in caso
di gravi reati e non solo nella condizione di eclissarsi per tempo o di occultare le prove o manipolarle . Se poi si aggiunge a questa deriva etica prima che giuridica, la proposta in fieri di condizionare la custodia in carcere alla previa audizione collegiale di chi potrebbe essere arrestato (senza che in molte sedi possa esser formato un collegio per carenza di personale )allora viene da pensare che il funerale della giustizia è in corso.

le mille facce di Meloni: il regionalismo

Quando  la presidente Meloni che ora vota le autonomie  differenziate  di Calderoli  era contraria a qualunque regionalismo…

Il  2 febbraio e il 16 marzo il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare poi definitiva, il disegno di legge Calderoli, legge ordinaria ,  per l’attuazione della c.d. autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario.

I rappresentanti di Fratelli d’Italia nel governo hanno votato quel testo, smentendo decenni di posizioni ben diverse e contrarie, non solo alle autonomie regionali , ma al regionalismo in generale quale strumento di buona amministrazione.

Basta scorrere gli annali parlamentari anche recenti  per scoprire che nella XII legislatura fu presentata il 15 gennaio 2014 alla Camera dei deputati una proposta di legge costituzionale firmata da Cirielli e da Giorgia Meloni intesa a  ridisegnare profondamente il titolo V della seconda parte della Costituzione riformato nel 2001.

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LE “GRIDA” DEGLI ASINI

Si sfornano “nuovi” reati dimenticando le norme vigenti che stravolgono fantasiosamente . Sembra il caso del “DECRETO SCAFISTI”. Sorprende se non fosse segno di teatro metagiuridico che un esecutivo con il mito della “nazione” emani un decreto che travalicando il limite (nazionale) della sovranità pretenderebbe di fare del giudice italiano una sorta di “giudice assoluto” i cui poteri si espanderebbero sull’intero globo terracqueo senza incontrare alcun limite . Gli antichi romani perlomeno prima di esercitare la giurisdizione dell’impero su territori non romani li conquistavano militarmente. Continua la lettura di LE “GRIDA” DEGLI ASINI

un no al regionalismo all’italiana con uno sfondo (a)democratico

di antonio caputo
Dopo il flop dell’affluenza alle urne in Lombardia e nel Lazio, un paese serio metterebbe in discussione l’intero regionalismo all’italiana partitocratico e dilapidatorio esasperato dell’infausto e infelice titolo V.. Che ha accompagnato la dissoluzione servizio sanitario nazionale. Nessuno dei partiti che si sono presentati alle regionali ha messo al primo punto di un programma che per altro nessuno ha presentato una seria e radicale riforma per superare il dissennato regionalismo sanitario ripristinando in toto un servizio
sanitario nazionale universale che non ha bisogno di Lep definiti dal governo o con le autonomie differenziate addirittura da un atto amministrativo unipersonale, il dpcm. Ma è tutela concreta di qualunque malato se malato con mezzi e adeguate dotazioni ovvero in aderenza alle prescrizioni e indicazioni dei medici e del personale sanitario in tutto
il paese. Ci manca solo essere o meno curati e come solo in forza della decisione del presidente del consiglio con dpcm casomai in diretta Facebook. Il giorno prima di tirare le cuoia in attesa della diretta. Con il necessario decentramento sul territorio a fini e solo a fini di gestione. Questo regionalismo partitocratico non è quello di Cattaneo e nemmeno quello di Miglio . Un ibrido alimentato dal denaro pubblico e dalla pessima deforma del titolo V del 2001. Il risultato del voto in Lombardia e nel Lazio certifica ora: Continua la lettura di un no al regionalismo all’italiana con uno sfondo (a)democratico

un flop mai visto

Il clamoroso, nei numeri infimi di chi ha votato, flop referendario impone di difendere l’istituto contro chi, come ora, riempiendo schede di quesiti manipolatori e inconcludenti, delegittima il parlamento rappresentativo e squalifica se stesso prima ancora del referendum . In primo luogo occorre difendere a spada tratta la norma che prevede il quorum deliberativo , in assenza del quale il voto è  privo di efficacia.
Il quorum referendario fondamentale è irrinunciabile.  In difetto avremmo valanghe di referendum sugli argomenti più disparati e anche futili e la democrazia parlamentare verrebbe soppiantata da una  falsa democrazia pseudoplebiscitaria di minoranze anche esigue, con una miscellanea infinita di leggi confuse e contraddittorie . Il quorum serve a bilanciare le maggioranze parlamentari che hanno approvato le leggi che si vorrebbero abrogare . E il non voto di chi si astiene se maggioritario vuol dire che la maggioranza dei cittadini a cui appartiene la sovranità convivono tranquillamente con le norme che si vorrebbero abrogare e non ritiene di andare a votare per abrogarle. 

12 giugno h.19

Ma la Russia occupa abusivamente il seggio del Consiglio di sicurezza dell’Onu di cui non fa parte?

Qualcuno dirà che non è una domanda seria  e che i fatti imposti con la forza (la critica delle armi) sostituiscono qualunque regola (l’arma della critica). Non mi sento di contraddirlo. Ma la domanda che non è peregrina per chi crede che anche in una famiglia di sole due persone ci vogliano regole (super partes) per regolare qualunque convivenza tra diversi. In difetto tanto vale tornare allo stato di natura del bellum omnium contra omnes . E fare a meno dell’Onu che dà peraltro flebili segni di esistenza in vita.
La Federazione russa fa parte dell’Onu a che titolo? Interessante, certo   da approfondire, proviamo a rispondere . Tutti i membri permanenti sono indicati nello statuto Onu . L’URSS ne fa parte tuttora. Le istituzioni sovietiche sono state infatti sciolte nel 1991. La Federazione russa ne è il successore?  Il diritto russo sancisce che la Russia è succeduta alla Rsfr (Repubblica federata sovietica socialista russa) che però non ha mai fatto parte dell’Onu. Nel 1945  a diventare membri dell’Onu furono l’URSS  e due sue Repubbliche, Ucraina e Bielorussia. Tutte le ex Repubbliche sovietiche una volta divenute indipendenti hanno aderito all’Onu tranne la Russia che ha semplicemente cambiato targa sul banco dell’URSS. Tutti i paesi nati da quelli vecchi hanno ripetuto le procedure di ingresso nell’Onu. La Russia non ha mai aderito in quanto tale all’Onu. E se rientrasse da zero perderebbe il seggio permanente nel Consiglio di sicurezza. Le risoluzioni del consiglio degli ultimi 30 anni non sarebbero invalidate perché il quorum c’era e il  seggio URSS era vacante.
Se vogliamo parlare di diritto internazionale, la risposta  alla domanda è no.

LEGGETE, UTILI IDIOTI E GENTI IPOCRITE

George Orwell, il grande scrittore della Fattoria degli animali, in una corrispondenza privata nel 1948: «La vera distinzione non è tra conservatori e rivoluzionari bensì tra i partigiani dell’autorità e i partigiani della libertà».

Quando il pendolo della storia volge verso la libertà allora la pace e la prosperità sono assicurate in maniera crescente. Quando volge verso l’autorità esse sono a rischio e possono nuovamente sorgere venti di guerra. Chi sono e cosa vogliono i pacifisti quando il pendolo volge all’autorità? Orwell che  li ha visti in azione ne ha scritto con chiarezza e precisione.

«È un fatto che il pacifismo non esista se non in comunità i cui membri non credono alla possibilità reale di una invasione e di una conquista straniera… Nessun governo potrebbe operare secondo principi puramente pacifisti, poiché un governo che rifiutasse di ricorrere alla forza in qualsiasi circostanza potrebbe essere rovesciato da chiunque fosse pronto a utilizzare la forza. Il pacifismo rifiuta di affrontare il problema del governo, e i pacifisti pensano sempre come persone che non si troveranno mai in una posizione d’autorità, ed è per questo che li considero irresponsabili…».

E inoltre: «La propaganda pacifista tende naturalmente a dire che i due campi sono egualmente cattivi; ma se si studiano più attentamente gli scritti dei giovani intellettuali pacifisti, si vedrà che, lungi dall’esprimere una disapprovazione imparziale, essi sono diretti quasi interamente contro l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Inoltre, inevitabilmente, essi non condannano la violenza in se stessa, ma solamente la violenza che è utilizzata per difendere i paesi occidentali. I russi, a differenza degli inglesi, non sono in alcun modo biasimati per il loro apparato bellico». Infine un’affermazione che risale all’epoca bellica: «Se Hitler potesse conquistare l’Inghilterra cercherebbe, ipotizzo, di favorire qui lo sviluppo di un ampio movimento pacifista, in grado di impedire qualsiasi resistenza seria e facilitargli il controllo del paese».

Orwell, che si arruolò volontario coi repubblicani spagnoli, non aveva dunque una grande opinione dei pacifisti, considerandoli nell’ipotesi più benevola portatori di errori logici e in quella meno benevola dei potenziali utili idioti a sostegno dei despoti che le guerre le scatenano.

(George Orwell, Ecrits politiques (1928-1949), Agone, Marsiglia, 2009)

STRAPPO UMILIANTE – GIORNALISMO DI STRADA

1.”Il Presidente della Repubblica dura in carica 7 anni e non è rieleggibile”.
Nella volontà della seconda Sottocommissione della Costituente, incaricata di redigere la parte relativa all’ordinamento costituzionale dello Stato, la possibilità di rielezione del Presidente della Repubblica veniva espressamente esclusa. Continua la lettura di STRAPPO UMILIANTE – GIORNALISMO DI STRADA