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Giustizia secondo Nordio: come si cambia idea in fretta

di angelo perrone

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, oggi strenuo sostenitore della separazione delle carriere in magistratura, era tra i firmatari di un appello del 1994 contro tale riforma. Un giovane Nordio all’epoca difendeva con forza l’unicità della magistratura come garanzia di legalità e uguaglianza, valorizzando persino la possibilità di passaggio tra funzioni giudicanti e requirenti come fonte di “arricchimento professionale”.

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STUPOR MUNDI. Uno stupito al vertice della Giustizia

di maurizio fumo

Stupor mundi et immutator mirabilis, così – come ognun  sa – fu  definito Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia e Puglia.

Così potremmo (dovremmo?) definire il Ministro di Giustizia, Carlo dott. Nordio. Dovremmo solo decidere se, nel suo caso, si tratti di un genitivo soggettivo, ovvero oggettivo. Per quel che riguarda Federico, era certamente soggettivo: era lui che stupiva il mondo; nel caso del Ministro, potrebbe essere oggettivo: probabilmente è lui che si stupisce del mondo. Del mondo del diritto, ovviamente, con il quale, a quanto pare,  ha perso confidenza.

Fermiamoci oggi sugli agli ultimi (per ora) due episodi.

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Il sogno di Nordio, tra Licio Gelli e Silvio Berlusconi

di angelo perrone

L’approvazione al Senato della riforma sulla separazione delle carriere in magistratura ha innescato una reazione politica veemente, rivelando una frattura profonda non solo tra maggioranza e opposizioni, ma sulla stessa concezione del ruolo della giustizia in una democrazia moderna. Per il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, si tratta di un “passo avanti” epocale, mentre il ministro della Giustizia Carlo Nordio celebra la realizzazione di un “sogno” coltivato fin dal 1995. Una prospettiva, quest’ultima, che le opposizioni hanno duramente contestato, mostrando emblematicamente la Costituzione capovolta in Aula e tuonando contro un provvedimento che realizza il “sogno di Licio Gelli”, evocando i fantasmi della P2 e di un progetto eversivo teso a indebolire le istituzioni democratiche.

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Idea Nordio: giudici vintage per una giustizia sprint

di angelo perrone

Richiamare i giudici in pensione per accelerare i processi. L’idea brillante, come dubitarne, è venuta a lui, il ministro della Giustizia Carlo Nordio per raggiungere l’ambizioso obiettivo del PNRR, ridurre del -40% i tempi dei processi. Una soluzione rapida ed efficace. Del resto non sono le “toghe rosse” a declamare che l’esperienza sia un valore aggiunto? Almeno su questo, sia chiaro solo su questo, hanno ragione.

La scena è esilarante. Toghe spiegazzate tirate fuori dall’armadio e rimesse a lucido. Nuovi occhiali da vista a decifrare carte solo digitali, viste per la prima volta. Ma udienze finalmente velocizzate per ridurre l’arretrato. Certo, c’è il rischio di cedere al ricordo dei tempi andati e di indugiare nelle pause caffè, al netto delle impellenze fisiologiche più pungenti per l’età. Però, insomma, si può fare.

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Carceri? Ci pensano le telecamere

di angelo perrone

La notizia dei 114 milioni di euro di tagli alla giustizia è un segnale forte sulla reale priorità che il Governo riserva alla giustizia e ai diritti dei cittadini, mentre l’attenzione è distratta dal mitico progetto della separazione delle carriere dei magistrati. Questo taglio, frutto di un’operazione di “economia” imposta dal Ministero dell’Economia ai vari dicasteri, rivela il disinteresse per una funzione cruciale per la vita dei cittadini.

Le ricadute sui cittadini saranno gravi e tangibili. La scelta del ministro Carlo Nordio (Il Messaggero, 30 giugno 2025) di concentrare i tagli principalmente sugli istituti penitenziari, nonostante l’allarme lanciato dal presidente Mattarella sullo stato delle carceri, è emblematica e carica di conseguenze nefaste. L’idea di sostituire “più turni di sorveglianza” con “più telecamere installate nelle carceri” non è affatto un segno di modernità o efficienza, ma un pericoloso passo indietro.

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Nordio e il femminicidio, la conversione al populismo penale

di angelo perrone

La scena è degna di un dramma, o forse di una farsa. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si erge sul palcoscenico mediatico, per annunciare l’introduzione del reato di femminicidio. Lo definisce «un risultato epocale», una «manifestazione potente» dell’attenzione dello Stato. La retorica è densa, convinta. Cozza però, senza spiegazioni, con la storia dell’uomo e con le convinzioni professate per decenni. Il giurista di lungo corso, qual si era presentato, compie, una volta sulla poltrona ministeriale, un’abiura intellettuale.

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Garlasco, non più un processo. L’anomalia Nordio

di angelo perrone

Il caso Garlasco si trasforma, non è più una vicenda giudiziaria. L’ultima di Nordio: “Irrazionale la condanna a Stasi dopo le assoluzioni”. Un ministro della Giustizia che esprime giudizi a gamba tesa su un processo specifico è un’anomalia nello Stato di diritto. Ci sono condanne irrevocabili e nuove delicate indagini in corso, strumenti processuali per l’accertamento della verità e per la verifica di eventuali errori o mancanze.
Non è previsto che la politica intervenga a dire la sua, senza averne titolo, e con argomenti inusuali. Travalicando il suo ambito di competenze, generando sospetti ed incertezze. Ma nulla frena Nordio, lui si schiera, alimenta i suoi dubbi personali, anziché stare al proprio posto. Non è forse questa un’ingerenza che mina le fondamenta dello Stato di diritto? L’autonomia della giustizia è un pilastro della democrazia.

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Giustizia, è una questione di lingue straniere

di angelo perrone

“La sentenza era complessa e scritta in francese, i giudici non l’hanno compresa”, irresistibili le esondazioni verbali del ministro, al secolo Carlo Nordio, il quale – va detto – conferma la sua formazione per via di trascorsi e studi. La funzione comunque non è scissa dall’estetica. Quando si dice che l’occhio vuole la sua parte. Sobrietà di modi, e di concetti, quelli si sa.

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L’apartheid giudiziario di Mr. Nordio 

di maurizio fumo

Partiamo dal presupposto che un governo e la sua maggioranza, fino a prova del contrario, non progettano riforme inutili. Ogni mutamento legislativo ha (o dovrebbe avere) una sua ratio: deve insomma mirare a uno scopo pratico da raggiungere, deve proporsi di ottenere un risultato; utile o dannoso, secondo i punti di vista.

Fatta questa premessa, appare lecito chiedersi quale sia la ragione per la quale si vuole separare la “carriera” del PM da quella del magistrato giudicante.

La domanda è tutt’altro che oziosa, dal momento che, con la c.d. “Riforma Cartabia”, è stata introdotta una separazione delle funzioni  (giudicanti e requirenti) che rende di fatto quasi impossibile il passaggio di un magistrato da un ruolo all’altro. Infatti tale passaggio può avvenire una sola volta nel corso di tutta la vita professionale e comporta che chi cambia funzione debba cambiare anche corte di appello, il che, il più delle volte, determina anche che si debba andare ad abitare in altra regione (sono poche le regioni nei cui confini vi siano più corti di appello).

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MEDIALEX OVVERO A CHE SERVE (AL GOVERNO) LA LEGGE PENALE

di maurizio fumo

Secondo il consolidato canovaccio della legislazione di emergenza, dopo la strage-naufragio di Cutro, il governo emanerà un decreto legge per punire i così detti trafficanti di esseri umani. Lo schema normativo è quello del favoreggiamento della immigrazione illegale. Viene infatti preso in considerazione il trasporto o l’ingresso di stranieri in Italia (o in altro paese di cui il “trasportato” non è cittadino) “attuato con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante”. Con riferimento a tale condotta, la nuova norma punirà coloro che, promuovono, dirigono, organizzano, finanziano il trasporto, oltre, ovviamente, a chi tale trasporto materialmente effettua (i “famosi” scafisti); si vuol punire, alla stessa stregua anche il tentativo. Le pene sono rigidamente previste “per scaglioni” (come nell’editto di Rotari): morte di più persone, ovvero morte di una persona e lesioni gravi o gravissime ad altre, reclusione da 20 a 30 anni; morte di una sola persona: reclusione da 15 a 24 anni; lesioni gravi o gravissime a una o più persone: reclusione da 10 a 20 anni. Continua la lettura di MEDIALEX OVVERO A CHE SERVE (AL GOVERNO) LA LEGGE PENALE

LA VENETIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIA

di maurizio fumo

Il Fratello d’Italia, Nordio dott. Carlo (da poco parlamentare e quindi ministro), si è reso conto – ma guarda un po’ – che nel settore giustizia c’è una netta prevalenza di meridionali. In tutte le categorie professionali, dai magistrati ai commessi (più tra i primi che tra i secondi, per la verità). Si è anche reso conto che ciò determina un pesante turn over in danno degli uffici giudiziari del nord Italia, in quanto i “terroni”, dopo qualche anno, tendono (e quasi sempre ci riescono) a tornare dalle loro parti. Situazione che certamente non si è determinata negli ultimi tempi, ma che dura … da sempre.

Soluzione: forse incentivi? economici, di carriera, in termini di ricongiunzione familiare, ecc. Macché. Regionalizzazione dei concorsi!  Questa è la chiave di volta (IL GAZZETTINO 8/11/2022) “Nordio: legge speciale per reclutare in regione personale per i tribunali”. La notizia ha fatto eccitare non pochi valligiani e simpatizzanti del carroccio, che hanno immaginato di poter avere, finalmente, “giudici loro” (REPUBBLICA on line 7/11/2022) “Magistrati regionali? Leghisti in visibilio, ma Nordio parlava solo del personale amministrativo”.

Però chissà, magari è un primo passo. Poi vedremo.

D’altronde il taglio provinciale di fratel Nordio è abbastanza marcato. Ha nominato suo capo di gabinetto il dott. Alberto Rizzo, già presidente del Tribunale di Vicenza, e  ha scelto come capo dell’ufficio legislativo il dott. Antonello Mura, ottimo magistrato che ha egregiamente militato nella Procura generale della Cassazione, ma che, temiamo, sia stato selezionato perché, da ultimo, è stato Procuratore generale di Venezia. Come “prima uscita”, poi, il Nostro è andato prima a Treviso, poi a Venezia. Certamente non si tratta degli uffici giudiziari più rilevanti (e più problematici) d’Italia. Ma tant’è: ancora uno step e poi vedremo sventolare il leone di san Marco a via Arenula.

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