USCITO IL N.159 DEL “NONMOLLARE” – SCARICABILE GRATIS QUI

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Sommario
03. il fatto on line censura “nonmollare”
la biscondola
04. paolo bagnoli, sulla libertà occorre tenerci le mani sopra – l’alto ammonimento di sergio mattarella
astrolabio
05. angelo perrone, per chi suona la campana
07. riccardo mastrorillo, democrazia e liberaldemocrazia
09. antonio caputo, autonomia differenziata, la cara estinta
11. maurizio fumo, sono colpevole, ma anche no
12. alessandro cavaliere, il naufragio albanese
08. memorandum per il governo
chicche
10. perché sperare nella vittoria nell’estrema destra trumpiana. gli auspici della destra italiana
10. mo’ me lo segno
la vita buona
14. valerio pocar, a quando il rispetto degli onesti?
personaggetti
15. francesca palazzi arduini, gli abiti stretti del signor mattè
lo spaccio delle idee
17. martina vetritto, contro la morale del gregge
19. vetriolo, i bronzi di langone
20. filippo senatore, franco antonicelli, 50 anni dopo


dossier su giacomo leopardi
21. giovanni vetritto, leopardi liberale?
24. massimiliano vino, al culmine e al tramonto delle illusioni
27. francesco fabretti, della stanza smisurata e superba
32. francesco de sanctis, 1872, esplorare il proprio petto. leopardi e la nuova letteratura


34. comitato di direzione
34. hanno collaborato

Torino: Norberto Bobbio – Ritratto di un filosofo – Conferenza di Pietro Polito – martedì 19 novembre 2024 ore 18.00

In occasione dei vent’anni della morte del filosofo, le più significative Istituzioni ricordano la sua figura di studioso e di uomo. Un pensiero, che è venuto a maturare negli anni cruciali della guerra e nei difficili decenni successivi, con cui Bobbio ha saputo esprimere con coerenza e grande rigore morale i principi inderogabili di democrazia e libertà.

È quanto emerge anche dalla recente pubblicazione del libro: Norberto Bobbio Dialogo su una vita di studi, Conversazione con Pietro Polito, Biblion, Edizioni, Milano 2024.

Il suo allievo Pietro Polito, curatore dell’Archivio Bobbio e direttore del Centro studi Piero Gobetti, ne illustra il profilo intellettuale e privato, interrogandosi sull’attualità di una eredità civile e morale.

Introduce Cristina Vernizzi 

I BRONZI DI LANGONE

Il Foglio, che evidentemente deve farsi perdonare dal suo pubblico legittimista qualche recente presa di posizione civile a favore dell’occidente e del liberalismo, scatena un attacco un po’ sguaiato contro la Destra storica e i liberali ottocenteschi, con la firma di Camillo Langone, lo scorso 14 novembre.

Una volta i reazionari erano perseguitati dal fantasma del partito d’azione; oggi, nella loro inarrestabile rincorsa all’indietro, non tollerano nemmeno la memoria della Destra storica, evidentemente troppo seria e dotata di senso dello Stato, per la loro attuale deriva tribale; chissà che non sia, a suo modo, un progresso.

Purtroppo, però, il buon Langone nel suo attacco sopra le righe commette più di una imprecisione.

Scomunicando Quintino Sella, un ministro delle finanze passato alla storia perché si portava da casa i pennini per non consumare quelli del ministero pagati dai contribuenti, gli attribuisce l’introduzione della tassa sul macinato. Errore marchiano, dal momento che quella tassa venne introdotta nel 1868 da un governo evidentemente incostituzionale, voluto dalla Corona, che fece in quell’occasione le prove generali della sua vocazione antidemocratica, caldamente sostenuta dai Langone di allora. Fu la Corte a far insediare, contro la prassi di costituzione materiale introdotta da Cavour, una compagine di militari, prefetti e dignitari, con l’eccezione di un banchiere, nominato ministro delle finanze; quel Luigi Guglielmo Cambray Digny che introdusse la famigerata tassa, avendo l’opposizione di quasi tutta la Destra storica. Addirittura, Giovanni Lanza, che era presidente della Camera, mesi dopo si dimise per tornare sui banchi parlamentari a votare contro un’altra stravagante iniziativa dello stesso Cambray Digny, ovvero quella di elargire a speculatori privati il monopolio dei tabacchi.

Quanto poi a Silvio Spaventa, accusato, udite udite, di avere voluto la nazionalizzazione di un monopolio naturale, come quello delle ferrovie, forse sarebbe il caso di ricordare che l’uomo fu il primo leader della Destra storica portatore di un liberalismo non più di matrice anglosassone, come quello che animava i suoi compagni di partito, ma di un hegelismo statalista, che lo portò a rivalutare il ruolo dell’intervento pubblico e delle istituzioni statuali, anche a beneficio delle classi subalterne. Piuttosto, proprio a proposito di ferrovie, il buon Langone manca di ricordare i tanti parroci che per decenni combatterono l’estensione delle strade ferrate, considerate strumento del demonio.

Ma tant’è, la vera colpa di quei leader, agli occhi di Langone, evidentemente è proprio quella di essere stati liberali; e lui li scomunica tutti insieme, senza tenere conto di individualità e storie, come è coerente con la sua matrice culturale, che con l’individualismo metodologico che ha forgiato la modernità non ha mai fatto pace; e demonizza i gruppi senza vedere gli uomini, scomunica tutti assieme i “libberali”, con due B, come in una brutta imitazione dei papalini dei film di Gigi Magni.

Posizione legittima, per carità, che qualifica chi la assume; ma suvvia, almeno le nozioni, le individualità, le storie. Almeno il sussidiario di quinta elementare.

Langone, in chiusura del pezzo, “si sconforta” alla vista delle statue bronzee di Silvio Spaventa e Quintino Sella; certo, preferirebbe sostituirle con quelle del cardinale Bellarmino e di Torquemada. Noi ci teniamo stretta la memoria di un liberalismo che pare démodé, ma che ancora una volta, come altre nel ‘900, avrà la meglio alla lunga su quelli come lui.

Vetriolo – sabato 16 novembre 2024

IL DISONORE DELL’UMBRIA

di enzo marzo
Come in Liguria, anche in Umbria la coalizione di estrema destra si è allargata. La Giunta regionale, che per quattro anni non ha realizzato alcunché, all’ultimo momento si è dedicata alla raccolta dei rifiuti urbani. Il recente acquisto di Bandecchi Stefano è l’unico esempio dell’attivismo dalla presidente Tesei, oltre ovviamente al generoso finanziamento di Società per l’incremento dell’occupazione giovanile soprattutto quella famigliare. E l’acquisto del “Trump della Ternana calcio” ben si sposa con la linea di Giorgia tutta tesa a sostituire l’egemonia culturale della sinistra con eccelsi intellettuali fascisti finora disconosciuti. Si sa che l’Umbria ha scarsi e antiquati tesori artistici, ma adesso può esporre al turismo internazionale un’opera eccellente, speriamo in una gabbia protettiva: lo “Sputatore perpetuo”, che compra voti o li prende di prepotenza. Chissà se l’Umbria dimostra di meritarselo.

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È LA DEMOCRAZIA, BRUTTEZZA! (dedicato ai neotrumpiani, antiberlusconiani pentiti, equilibristi, saltafosso, trasformisti, ultraliberisti protezionisti)

di giovanni perazzoli

A proposito del celebre tweet (e dico tweet) di Musk, non dovremmo essere disturbati dal fatto che il nostro amico si sia impicciato dei nostri affari. Il problema vero e serio è che Musk non riconosce la divisione dei poteri. Se vi pare poco, stiamo messi malissimo. Da ogni parte del mondo, i commenti sotto il suo tweet sono: “Hi, Elon, ma la rule of law?” Gli altri commenti non si possono leggere senza inorridire. Spero che anche Musk inorridisca. Però si ammonisce: è stato eletto Trump, è la democrazia, bellezza. Sì, ma queste sparate restano una destabilizzazione della democrazia.

Professione Reporter: Critica liberale molla Il Fatto: “Troppo putinismo, contismo, trumpismo”

“Ormai Il Fatto quotidiano ha una linea rigida che è sotto gli occhi di tutti: ormai il putinismo, il contismo, il trumpismo permeano tutti i giudizi su qualsiasi argomento. Recentemente, per esempio, vi abbiamo letto addirittura un peana sul generalissimo Vannacci”.

Con questa e altre frasi Non Mollare, quindicinale online che riprende idealmente la testata di quello che fu nel 1925 il “primo esperimento di giornalismo clandestino in epoca fascista” sotto l’egida di Ernesto Rossi, Carlo Rosselli, Gaetano Salvemini e Piero Calamandrei, il 3 novembre termina la collaborazione con Il Fatto quotidiano.

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IL FATTO ONLINE CENSURA CRITICA LIBERALE E “NON MOLLARE”

Il 3 novembre Critica liberale, come al solito, ha inviato l’ultimo numero del suo quindicinale “Non Mollare” al Fatto online, che da ben nove anni lo riprendeva tra i suoi blog, in seguito a un accordo tra le due pubblicazioni. Questa volta il “Non Mollare” conteneva al suo interno una lettera aperta al Direttore Peter Gomez, in cui si spiegavano – a lui e ai suoi lettori – le ragioni politiche che ci portavano a chiudere la collaborazione. Purtroppo il Fatto online in questa occasione non ha pubblicato né la lettera né il link del fascicolo. Abbiamo più volte sollecitato di farci sapere il perché di questa decisione censoria, ma invano.  Ci rammarichiamo sia  dell’abbandono da parte del “Fatto” della sua tradizionale correttezza giornalistica sia del poco rispetto dei diritti dei suoi lettori. Non ci resta che spiegare entrambi con le stesse motivazioni che ci hanno fatto decidere la fine della collaborazione e che abbiamo denunciato nella lettera aperta censurata .

[critica liberale]

TESTO DELLE LETTERA CENSURATA

LETTERA A PETER GOMEZ, direttore de “il fattoquotidiano.it”

Caro Direttore,   

con questo numero il “Nonmollare”, quindicinale online che riprende idealmente la testata di quello che fu nel 1925 il «primo esperimento di giornalismo clandestino in epoca fascista» sotto l’egida di Ernesto Rossi, Carlo Rosselli, Gaetano Salvemini e Piero Calamandrei, termina la collaborazione con “il Fatto quotidiano.it”. La stessa memoria dei nostri progenitori ci impedisce di continuare ad essere diffusi da una testata che sempre più si è allontanata dai nostri principi e valori post azionisti e liberali, anzi li avversa apertamente. Già due anni fa

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Partirà il corteo dei vassalli?

di giovanni perazzoli

Viene detto e ripetuto che Trump è un isolazionista. Non è vero. La cifra della politica di Trump è la politica estera. Le sue posizioni di politica interna sono banalità: la lotta all’immigrazione illegale, il contenimento del wokismo, un po’ di politica economica basata su meno tasse e riduzione della spesa pubblica. Staremo a vedere, ma dubito che vedremo dei cambiamenti epocali.

Dove invece potremmo davvero vedere cambiamenti epocali è nella politica estera, con la rottura dell’architettura atlantica che ha garantito la pace: un’alleanza naturale tra democrazie. I cambiamenti epocali potrebbero arrivare con la disgregazione dell’UE. Cresceranno i populisti (amici di Trump, c’è da scommetterci), che metteranno in crisi i già debolissimi stati europei. Partirà il corteo dei vassalli? Eccome! Naturalmente, tutto a vantaggio delle autocrazie.

TEMPI BUI

IERI

VOTARE CONTRO

GLI STATI UNITI SONO SULL’ORLO DEL PRECIPIZIO, I VALORI FONDANTI E LA COSTITUZIONE FEDERALE SONO MESSI IN DISCUSSIONE DA UN CANDIDATO GOLPISTA, VIOLENTO, RAZZISTA, ANTIDEMOCRATICO, DELINQUENTE PERICOLOSISSIMO PER GLI AMERICANI, PER LA STESSA UNITÀ DELLA FEDERAZIONE E PER TUTTO IL MONDO CIVILE.      SOLO I CIECHI E I SORDI POSSONO NON PERCEPIRE IL PERICOLO. SOLO IL QUALUNQUISMO, L’AUTORITARISMO E IL FASCISMO INTERNAZIONALE POSSONO APPOGGIARLO DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE.

OGGI

TEMPI BUI

TRUMP HA VINTO. GLI STATI UNITI SONO SPACCATI IN DUE IN MODO RADICALE. HA VINTO UN PREGIUDICATO VIOLENTO, SOVRANISTA E PROTEZIONISTA. L’INTERNAZIONALE NERA GIUSTAMENTE ESULTA. FELICI TUTTI GLI AUTOCRATI, I FASCIO-BOLSCEVICHI E IL CAPITALISMO PIU’ ARRETRATO E SREGOLATO. COMINCIANO TEMPI BUI PER TUTTI I DEMOCRATICI E I LIBERALI, CHE (AHINOI!) HANNO ACCUMULATO TROPPI ERRORI. DA ADESSO DIVENTA ANCORA PIÙ ESSENZIALE DIFENDERE CON UNGHIE E CON DENTI LE LIBERTÀ E GLI STATI DI DIRITTO, CON LA CONSAPEVOLEZZA CHE LA DEMOCRAZIA FORMALE, DISGIUNTA DAL LIBERALISMO, PORTA ALL’AUTORITARISMO

NEL BARATRO DI NUOVO ECC.

di stefano feltri

La sconfitta di Kamala Harris e il ritorno di Donald Trump al potere segnano l’inizio di una fase buia. Anche e soprattutto per l’Europa

La vittoria ormai certa di Donald Trump è un problema, per gli Stati Uniti, per la democrazia liberale, per l’Unione europea, perfino per gli elettori e le elettrici che l’hanno sostenuto. E non ci sono soluzioni facili. Forse non ci sono proprio soluzioni, bisogna soltanto sopravvivere quattro anni o quanto durerà la sua presidenza.

Sono reduce da una lunga notte a seguire i risultati in tv – a Porta a Porta avevo accanto il gongolante Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia – quindi per ora mi limito a poche considerazioni a caldo.

Kamala Harris
Il suo ingresso nella campagna elettorale ha ridotto il differenziale tra Trump e Joe Biden, che sembrava destinato a sicura sconfitta. Ma è sempre stata più debole nei confronti di Trump rispetto sia a Hillary Clinton che Joe Biden a parità di momento di campagna elettorale. Non ha elaborato un messaggio chiaro e convincente, il suo ottimismo era privo di basi solide, il suo personaggio indecifrabile.

Dopo l’entusiasmo iniziale, ha confermato i limiti mostrati come vice presidente: non ha niente da dire e infatti più parlava, più perdeva consenso.

Le colpe di questa sconfitta sono da ripartire così: Barack Obama, Nancy Pelosi, il New York Times, George Clooney e tutta la “macchina” Democratica ha nascosto le fragilità di Biden quando c’era ancora tempo di costruire un’alternativa, poi lo hanno silurato dopo il dibattito di fine giugno, troppo tardi, troppo violentemente. Poi Biden ha indicato Harris come erede, chiudendo a ogni ipotesi di primarie.

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