Archivi categoria: res publica

La riforma Draghi-Cartabia colpisce dove fallì la Bicamerale

di gian giacomo migone

Non funziona l’alibi “lo vuole l’Europa”, visto che una parte delle tensioni con Varsavia e Budapest derivano dal sopruso di quei governi sui poteri delle loro magistrature.
Salvo ripensamenti dell’ultima ora, la riforma Draghi-Cartabia conferisce al Parlamento poteri d’indirizzo sulle priorità dell’azione giudiziaria, in violazione del sacrosanto principio della
separazione dei poteri che ispira la nostra Costituzione e, potenzialmente, dell’indipendenza della magistratura.
In tal modo, si realizza un obiettivo perseguito da anni con tenacia da un variegato schieramento partitico non privo di propaggini, se non diramazioni, all’interno della sinistra, ma soprattutto da quegli interessi privati e pubblici che s’intrecciano a vario titolo, non di rado illegalmente, con l’esercizio del governo.
Né il governo di oggi, con la maggioranza che lo sostiene, potrà accampare il solito alibi di un’imposizione di Bruxelles; che, anzi, potrebbe anche riservarci qualche sorpresa positiva, visto che
una parte importante delle tensioni con Varsavia e Budapest derivano proprio dalle manomissioni da parte di quei governi dei poteri delle loro rispettive magistrature.
Un poco di storia con un’impronta personale,

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Quod non fecerunt barbari…ovvero, dalla discesa dei barbari alla salita delle cartabia

di maurizio fumo

Di fronte ad un problema ci sono, in astratto tre opzioni: A) lo si ignora, B) lo si risolve (o almeno ci si prova), C) lo si elimina.

Ebbene, per quel che riguarda la eccessiva (intollerabile) durata dei processi (penali, ma, molto di più, civili), per decenni si è operata la scelta A; ora si è passati alla C con la così detta “riforma” Cartabia, che si occupa prioritariamente (ma perché?) del processo penale e non di quello civile.

Il ritornello del “ce lo chiede l’Europa” è solo una mezza verità (e dunque una vera bugia): l’Europa (se proprio vogliamo usare questa ipostasi) ci chiede di ridurre i tempi dei processi, non certo di cancellare i processi; l’Europa ci considera – a ragione – un paese con un alto tasso di corruzione e dunque come potrebbe gioire se i processi per corruzione rischiano di evaporare in secondo grado o in cassazione?

In realtà questa “riforma” assomiglia più al gioco delle tre carte, o – se preferite un eloquio più accademico – all’Etikettenbetrug (truffa delle etichette) della dottrina giuridica tedesca: si affibbia il nome di improcedibilità a quella che in realtà è e rimane una forma abbreviata di prescrizione; infatti l’effetto è lo stesso: il processo non si fa, non va avanti, si blocca, l’imputato diventa “improcedibile”, la parte lesa (o presunta tale) non riceve giustizia.

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LE VERITA’ ACQUISITE E QUELLE ANCORA NASCOSTE 1.

di gian giacomo migone 16.7.21

 Nei mesi scorsi si sono levate voci autorevoli allo scopo di chiedere verità riguardo alle pagine più oscure della storia della nostra Repubblica. Aderiamo toto corde e, nei limiti delle nostre capacità individuali e collettive, cerchiamo di contribuirvi. Ritengo, però, altrettanto importante individuare e diffondere le verità già acquisite; non soltanto tali da essere comprese dall’io so pasoliniano, ma verificabili con strumenti storiografici e giuridici; testimonianze inoppugnabili, smentibili soltanto in maniera dolosa e strumentale. L’anniversario imminente del G 8 di Genova costituisce un’occasione significativa per consolidare e diffondere anche questo impegno.

Sergio Mattarella – oltre che presidente della Repubblica, anche fratello di Piersanti che ha dato la vita per interrompere il rapporto malato tra le istituzioni e la mafia – in varie occasioni recenti è tornato sulla necessità di acquisire quanto ancora dolosamente occultato (cfr. ad es. la sua intervista a “La Repubblica”, 9 maggio 2021).

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LE VERITA’ ACQUISITE E QUELLE ANCORA NASCOSTE 2.

All’articolo di Gian Giacomo Migone è seguito un vasto dibattito sui “misteri d’Italia”. Tra i tanti contributi, tutti preziosi, abbiamo scelto di pubblicare quelli di  gianni marilotti, presidente della Commissione per la Biblioteca e l’Archivio storico del Senato, sul “segreto di Stato”, e di antonino drago, già docente di Storia della Fisica alla Università di Napoli e di Non violenza nei due corsi di laurea sulla pace delle Università di Pisa e di Firenze, sul mondo della nonviolenza e su Aldo Capitini , a noi molto caro.

di gianni marilotti

Ho letto con piacere il tuo articolo “le certezze acquisite e le troppe ombre e omertà di Stato”, uscito ne Il Manifesto il 17 luglio scorso. Debbo dirti che qualunque articolo sui cosiddetti misteri d’Italia esca su un quotidiano cartaceo o on line suscita il mio interesse e, ne sono assolutamente certo, quello di moltissimi lettori. Il tuo articolo poi centra perfettamente i problemi che ancora ostacolano la conoscenza della verità storica. Come sai, e lo hai anche riconosciuto nell’articolo e di questo ti ringrazio, da tre anni mi sto battendo per il diritto alla conoscenza di fatti essenziali della nostra storia recente. Me lo consente il ruolo che attualmente ricopro quale presidente della Commissione per la Biblioteca e l’Archivio storico del Senato .A pochi giorni da mio insediamento ricevetti dal Tribunale di Bologna una richiesta di accesso agli Atti, ovvero lo stenografico dell’audizione di Falcone alla Commissione Stragi, filone strage di Bologna. Mi fu facile provvedere. Pieno di entusiasmo mi preparai ad accogliere altre richieste, ma ben presto sorsero dei problemi: la maggior parte degli atti richiesti da giornalisti d’inchiesta, storici e semplici cittadini erano classificati secondo varie fattispecie di segreto, ragion per cui non potevamo renderli pubblici. Su qualche quotidiano comparivano articoli critici sul nostro operato: pareva che fossimo noi gli occultatori di verità.

Ti racconto quel che ho fatto insieme ad un gruppo di agguerritissimi collaboratori. Abbiamo studiato a fondo la situazione.

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Falcone e Borsellino, ricordarli senza retorica

di angelo perrone *

Il ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a distanza di quasi trent’anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, non rischia di scadere nella retorica celebrativa. Non solo a causa della tragicità sanguinosa degli eventi. Ad alimentare la memoria, è il pensiero commosso per quella testimonianza di vita a servizio della giustizia

Il rischio è cedere alla tentazione della retorica commemorativa, fatta di slogan e luoghi comuni, quando ricorrono anniversari drammatici. Come quello delle stragi mafiose del 1992, Capaci e via D’Amelio, in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e gli uomini e donne delle loro scorte.

Ecco cerimonie nelle quali vengono espressi concetti roboanti, destinati a durare il tempo delle celebrazioni. Il momento centrale è rappresentato dall’intervento di esponenti politici, uomini delle istituzioni, rappresentanti di organizzazioni. Corone d’alloro, fiori, discorsi. La fase con il maggior rischio retorico.

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SUCCESSIONE, L’ADDIZIONALE PROPOSTA DA LETTA – UNA MISURA DI GIUSTIZIA SOCIALE 

di stefano passigli

La proposta di Enrico Letta di integrare l’imposta di successione con un’addizionale sui patrimoni superiori ai 5 milioni per concedere a ogni diciottenne 10.000,00 euro non deve né spaventare né scandalizzare. Innanzitutto, la misura, limitata ad un periodo di cinque anni, ipotizzando 1.400.000 giovani, avrebbe un costo complessivo di 14 miliardi, una somma pari al gettito dell’imposta di successione francese in un solo anno. 

Dal punto di vista  delle successioni e donazioni l’Italia è infatti un vero paradiso fiscale: le successioni in linea retta sono tassate al 4% con una franchigia di un milione di euro per erede. Il gettito complessivo è di 820 milioni all’anno. In Francia l’aliquota sale fino al 45% con un gettito di 14 miliardi annui; nel Regno Unito l’aliquota giunge al 40%, in Germania al 30%, in Spagna al 34%. Negli Stati Uniti, spesso presi ad esempio di orientamento liberale e di equo sistema fiscale, le imposte sul reddito sono più basse che in Europa ma l’imposta di successione va dal 37 al 55%.

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aspettiamo ancora che salvini espella i leghisti omofobi e razzisti (e anche un po’ nazisti)- 16° giorno – le menzogne della sen. Ronzulli

di “pagella politica”

Il 2 maggio la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli ha parlato del discorso tenuto da Fedez – nome d’arte di Federico Leonardo Lucia – durante il concerto del 1° maggio a Roma.

Il rapper in quell’occasione ha accusato il senatore leghista Andrea Ostellari, presidente della Commissione Giustizia, di fare ostruzionismo al percorso del ddl Zan sul contrasto all’omotransfobia, e ha aggiunto che del resto Ostellari appartiene «a uno schieramento che negli anni si è distinto per la sua grande lotta all’uguaglianza». A queste parole Fedez ha fatto seguire un elenco di affermazioni omofobe – o peggio – di sette leghisti.

Secondo Ronzulli bisognava garantire il contraddittorio tra il rapper e Ostellari. Sarebbe emerso così che «alcuni» degli esponenti della Lega «tirati in causa da Fedez sono stati espulsi» dal partito «proprio per quelle esternazioni».

Abbiamo verificato e dei sette nomi fatti da Fedez non ci risulta che nemmeno uno sia stato espulso dalla Lega a causa delle proprie uscite omofobe. Andiamo a vedere i dettagli.

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il sogno di berlusconi realizzato da draghi (con la COMPLICITA’ DEL M5S)

di angelo bonelli

Ponte sullo Stretto, “Draghi realizza il sogno di Berlusconi”

Angelo Bonelli, coordinatore nazionale dei Verdi, ha affermato: «Il governo dei migliori farà quello che Silvio Berlusconi aveva sempre tentato di fare: il Ponte sullo stretto di Messina un’opera che è già costata solo per fantasiosi studi e progetti quasi 1 miliardo di euro».

«Il ministro Giovannini –  ha aggiunto – ha inviato al parlamento la relazione tecnica, in realtà molto politica, del ministero che dice Sì al Ponte» e «fatto imbarazzante, dedica su 158 pagine totali una pagina e mezza al rischio sismico, e che svela il meccanismo attraverso il quale verrà finanziato il Ponte che non è stato inserito nelle opere del Pnrr».

«Il meccanismo – spiega l’esponente dei Verdi – è quello di destinare al Ponte i fondi pubblici che si sono liberati dalle opere che verranno finanziate dal Pnrr, il governo Draghi dopo aver costruito un recovery plan che non affronta la transizione ecologica perché sottrae risorse al trasporto pubblico, alla depurazione, alla dispersione delle reti idriche e alle energie rinnovabili, ora lavora per realizzare un’opera dall’impatto ambientale devastante continuando ad ignorare le emergenze del Sud del paese».

«Per dare un’idea delle priorità dell’Italia ….

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La privacy non può essere usata contro la democrazia

di raffaello morelli

Negli anni è andata sempre più distorcendosi l’applicazione del principio di rispetto della libertà privata di ogni cittadino. Oggi si sta sfiorando l’assurdo nei campi più vari. Non è un caso. Il rispetto della libertà privata è un tipico principio liberale, che però viene gestito, sia quando si sono redatte le norme quadro sia quando si attuano, da persone assai lontane dalla cultura liberale se non addirittura antiliberali. E che perciò le interpretano in una maniera dannosa (sotto più versi) per la libertà individuale e per il corretto rapporto tra il singolo cittadino e le Istituzioni. Basta esaminare alcune tipologie concrete.

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Beppe Lopez e la vessazione in agguato: quando la giustizia diventa ingiusta

di pino nicotri

Dopo oltre 20 anni di attesa il giornalista e scrittore di lungo corso Beppe Lopez, cronista di politica interna dell’esordio di Repubblica e man mano detentore di un curriculum di tutto rispetto, s’è visto negare dal tribunale di Potenza tutti i suoi diritti economico professionali nonostante risultassero nero su bianco da regolari contratti di lavoro. Come se non bastasse, di recente è stato condannato non solo a pagare 30 mila euro di spese processuali e parcelle alla controparte, ma anche a cominciare a pagarle subito senza aspettare l’esito dei sui ricorsi in appello. Insomma, come si suol dire, cornuto e mazziato.

Il tutto in un tribunale il cui bar, dal 2017 ufficialmente gestito dalla società “Bar del Tribunale Srl”, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia sarebbe in realtà gestito da prestanomi e affiliati di un’organizzazione mafiosa colpita il 27 aprile da 17 mandati di cattura. Ma torniamo a Beppe Lopez.

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c’e’ sempre bisogno di giustizia

a cura della Associazione “MEMORIA CONDIVISA”
Marco Boato:” Macron cerca voti. Non credo ci sia ancora un bisogno di giustizia”
Parla l’ex dirigente di Lotta Continua e parlamentare per sei legislature: “Gli arrestati in Francia sono già stati tutti giudicati e condannati. Adriano Sofri ha ragione”

Marco Boato, cosa ha pensato quando ha appreso degli arresti dei terroristi? “Ho combattuto per decenni il terrorismo in tutte le sue forme, anche con qualche rischio personale e con nessuna simpatia per coloro che ne sono stati protagonisti. Ma sono stato anche il primo promotore della legge sulla dissociazione, per cercare di uscire da quella stagione buia. Dopo gli arresti di Parigi, ho pensato che Mitterrand, Chirac, Sarkozy e Hollande, presidenti di sinistra e di destra avessero ragione…

Carissimo Marco, stiamo parlando di una tragedia nazionale, con Cesare Battisti, si sono sottratti ai processi e alla giustizia. Giudicati e condannati, non un giorno di detenzione. Noi da anni ci battiamo contro la carcerazione, tranne i casi di violenza e pericolosità dei rei. La violenza sulle donne è un reato insopportabile. I brigatisti spararono nel gruppo, con gli occhi bendati. Il prezzo più alto è stato pagato da mogli e figli, lo ripeto, Adriano Sofri se ne farà una ragione, per i familiari è impossibile. Le immagini di Moro rannicchiato nella Renault,la telefonata: andate in Via Caetani, in via Caetani, ricorderemo per tutta la vita. Penso spesso al carissimo Marco Alessandrini, Benedetta Tobagi, i familiari della scorta di Moro, sono nomi che mi vengono in mente in questo momento, al brigadie Giuseppe Ciotta di Ascoli Satriano in provincia di Foggia, la maggior parte mentre stavano per salire in macchina. Commentare gli anni di piombo è una impresa impossibile, tanto è il sangue il dolore profuso a piene mani.

Avranno sicuramente gli arresti domiciliari, ma uno straccio di pena dovranno pur patirla oppure no? Cesare Battisti ci ha sbeffeggiato, ci ha fatto pure le pernacchia…è tollerabile? Per Adriano Sofri cosa significa la parola “giustizia”certo non è vendetta, ce lo spieghi, gli saremo grati . Le parole di Mario Calabresi sono sacrosante, parole che chiudono il cerchio. Ti abbraccio. Mario

CINCINNATO

di valerio pocar

Un certo scandalo ha suscitato il fatto che il nostro Presidente del consiglio abbia definito Erdogan «un dittatore». Definizione franca e riteniamo più che giustificata, subito corretta da un cauteloso ammonimento da Realpolitiker, che purtroppo coi dittatori bisogna fare i conti e trattare. Da destra e anche da sinistra la definizione è stata criticata, perché sarebbe stata preferibile quella di «capo politico autoritario». La reazione turca è stata al solito dura e appunto «autoritaria», con minaccia di ritorsioni, ma anche goffa, rammentando al nostro P.d.C. di non essere stato eletto, come dire che per il fatto di essere stati eletti  Hitler e Mussolini non meritassero la patente di dittatori, evviva il populismo!

Dibattito vano, però, se si conosce la lingua italiana. Come precisa il Grande Dizionario del Battaglia, con «dittatore» non s’intende solo colui che esercitava la dittatura nella Roma repubblicana, ma, per estensione, un «capo politico autoritario; chi detiene un potere politico assoluto, per lo più conquistato illegalmente ed esercitato in modo autoritario» ovvero «il capo politico di uno Stato retto in forma di dittatura; despota; tiranno». Ovviamente, la diplomazia turca non è tenuta a conoscere le sfumature della lingua italiana, ma forse i politici italiani sì.

Piuttosto, dittatore nel senso originario, potrebbe definirsi proprio lo stesso P.d.C., ovviamente non perché ricopra «la carica della dittatura nella Roma repubblicana», ma perché è l’esempio di chi «in circostanze eccezionali, assume tutti i poteri dello Stato per realizzare uno scopo politico di grave importanza, non specifico e limitato nel tempo», beninteso col permesso dei politici di lotta e di governo. Realizzato lo «scopo politico di grave importanza» tornerà il P.d.C., novello Cincinnato, alle cure della campagna, magari risanata in capo alla transizione ecologica?