Archivi tag: elezioni

Aux urnes, citoyens!

di enzo marzo

L’iconografia francese ha l’immagine più appassionante nella Marianna che guida il popolo verso la liberté. Nei giorni scorsi si è vista la foto di una giovane con il cartello dove “aux armes” era sostituito da “aux urnes”. Grido che più democratico non potrebbe essere. E i francesi hanno votato in massa contro l’estrema destra.

Il presidente Macron, che inaspettatamente, e persino irritando il suo partito, ha sciolto l’Assemblée Nationale e ha convocato sul tamburo nuove elezioni, è stato sbeffeggiato da quasi tutti. “Incosciente”, “folle”, “irresponsabile”: è stato accusato di volere gettare la Francia nel caos e nella ingovernabilità. La sua carriera è stata data per finita sotto i colpi dell’estremismo di destra trionfante. I più accaniti ovviamente i meloniani e persino “il Fatto”, che ormai giudica ogni vicenda con gli occhiali distorti del “putinismo”. Chi oggettivamente non è a favore del duce russo è da scomunicare. Il giorno del voto il quotidiano esalta l’ultima dichiarazione favorevole a Putin di Le Pen, la traditrice di Francia foraggiata dalle banche russe. Quasi un’indicazione di voto. E così Macron diventa “Micron”. Anzi “cretino”.

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UN VOTO PER MATTEOTTI

di Marco Cianca

 
L’immorale Amerigo Dumini, capo della Ceka, la polizia segreta fascista, guidava i sicari che il 10 giugno 1924 rapirono e uccisero Giacomo Matteotti. Arrestato a causa di prove talmente inoppugnabili che nemmeno il regime poteva occultare, in un processo farsa a Chieti, marzo 1926, difeso da Roberto Farinacci, fu condannato a soli cinque anni di reclusione di cui quattro condonati. Riprese subito la sua vita da avventuriero, tenendo Mussolini sotto ricatto per ottenere continue elargizioni. Allevatore di polli, imprenditore agricolo, oste, contrabbandiere, spia partecipò alla guerra. In Africa gli inglesi, dopo la cattura, lo portarono davanti al plotone d’esecuzione ma, pur raggiunto da “diciassette colpi” (come recita il titolo della sua autobiografia) e dato per morto, riuscì a fuggire. Durante la repubblica sociale organizzò un traffico di automobili, pezzi di ricambio, armi. Si infilò nelle file degli Alleati come autista del comando inglese e in queste vesti fu arrestato il 18 luglio 1945.

Un nuovo dibattimento sull’omicidio di Matteotti, aprile 1947, emise la sentenza di ergastolo. Ma già nel 1953 era fuori per un’amnistia. Rientrato in carcere a causa di un vizio di forma, il 23 marzo 1956 lasciò definitivamente il penitenziario di Civitavecchia. Poco dopo si iscrisse al Movimento Sociale. Non svolse aperta attività politica ma di fatto la fiamma sgorgante dal sarcofago del Duce per uno come lui era un richiamo irresistibile. Quello stesso fuoco arde ancora oggi nel simbolo di Fratelli d’Italia.

Giorgia Meloni, durante la commemorazione dell’ultimo discorso che il deputato socialista pronunciò in Parlamento, quello che per la forza delle denunce contro la violenza e la corruzione, (tema sul quale il governo temeva devastanti rivelazioni a proposito dei contratti con la compagnia petrolifera Sinclair Oil) equivalse ad una condanna a morte, ha onorato “un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee”. Finalmente è riuscita a pronunciare la parola proibita, hanno rimarcato i benevoli commentatori. In realtà, si è trattato della semplice ammissione di un’incontrovertibile verità storica e giudiziaria.

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I TRE AVVENTURIERI (E UN’AGGIUNTA: LA PROVA DEL NOVE)

Ognuno voti secondo coscienza, soprattutto secondo la sua mentalità, i suoi interessi e quelli che crede siano gli interessi del paese e della sua città.

L’ultima volta che si votò per l’amministrazione di Roma scrissi una dichiarazione in cui sottolineavo la necessità di votare contro Mafia Capitale che infestava il Pd. Era la preoccupazione principale. Che non avessi torto lo ha dimostrato il destino della classe dirigente renziana allora dominante, che si suicidò.

Anche adesso mi trovo ad avvertire che stiamo vivendo un periodo tragico in cui prevale “il mondo alla rovescia” e l’agonia della Politica: il paese è affondato nel liquame, l’etica pubblica è polverizzata, e ci troviamo a provare nostalgia per la Casta. La Casta di per sé non è incompatibile con l’intelligenza politica e una pratica realistica. Certo, è tesa a difendere i propri interessi e ciò è deprecabile, ma con tutta la sua buona volontà non riesce a fare danni come quelli che sono perpetrati dall’Ignoranza, dalla Demagogia, dall’Avventurismo politico. La Casta tende a rinchiudersi in sé stessa e alla fine a dissolversi. È avvenuto per la Prima repubblica. Invece la Demagogia corrompe le masse, alza il fango che giace nel fondo di ogni società, dà voce alle “pance”, risolleva nostalgie preistoriche, alimenta odi e passioni nefande, si approfitta dell’ignoranza e della perdita della memoria. È il trionfo della Curva sud. È la più radicale contraddizione della Politica, che è conflitto di idee, di interessi e di valori, che è memoria della Storia. Nel periodo in cui viviamo la Non-politica coccola il populismo, lo spaccia per la vera democrazia. Insomma è sommamente truffaldina. E oggi più di sempre ha strumenti micidiali a disposizione. Certo, raggiunge il grottesco e la carnevalata, ma quanti sono in grado di accorgersene? Per decenni un corrotto e corruttore seriale si è fatto passare, e ancora adesso si passa, per “liberale” con l’avallo di giornalisti e di sedicenti filosofi opportunisti che prostituiscono la propria intelligenza, oggi addirittura c’è chi confonde Bagnai con Einaudi o Morisi con Albertini senza essere seppellito da un coro di risate.

A poche ore  dal voto la coscienza mi impone di far riflettere sul vero pericolo che corriamo. Ci sono tre Avventurieri, tutti e tre di destra, più o meno estrema, tutti e tre trasformisti incalliti che stanno cavalcando l’onda della Demagogia.

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Sul serio volete Berlusconi al Colle?

di enzo marzo

[lettera a “Il fatto quotidiano”, pubblicata il 3 febbraio 2021]

No, non ci sto. Non sono d’accordo con Padellaro e Mieli. Capisco il disgusto che proviamo tutti per un irresponsabile mascalzone toscano.
Ma la democrazia è la democrazia: non la si può mettere
a rischio mai, per alcuna ragione al mondo. Le elezioni
anticipate non sono una conferma dell’articolo 1 della Costituzione, ma una sua smentita. Il “popolo” ha votato per una legislatura e finché c’è una qualche soluzione bisogna tentarle tutte.
Oggi poi la situazione è di assoluta emergenza:
non abbiamo dall ’altra parte una Destra democratica. Il duo
trumpista Salvini&Meloni è capace di tutto. La
sua incoscienza durante la pandemia è stata sfacciata. Vogliamo che l’estrema destra (con l’aiuto di una tv pubblica destrorsa, anche grazie alla riforma Renzi e al sostegno del M5S)
abbia anche solo qualche possibilità di vittoria? Proprio non
riuscite a sospettare che sarebbe una strada senza ritorno? Per
non parlare poi dei soldi europei gestiti da Borghi. Mancano solo
6 mesi al Semestre bianco. L’Italia ha bisogno assoluto almeno di un presidente della Repubblica garante della democrazia, una fotocopia di Mattarella, e non un pregiudicato o chi per lui. Lo so che Renzi fa perdere la pazienza anche ai santi.
Ma per favore, non potete aspettare sei mesi?
[inviata il 2 febbraio 2021, h. 13]

LA VITTORIA DELLA DESTRA, LA SCONFITTA DELLA LEGA

Nel silenzio totale dei telegiornali  sui dati elettorali veri si sta celebrando il trionfo di Salvini (da segnalare particolarmente la Maratona di Mentana dove la faziosità  ha raggiunto limiti indecenti per dei giornalisti).  Noi commenteremo domani, oggi facciamo solo notare che forse sarebbe utile leggere le cifre date dal Ministero dell’Interno (hanno sempre un testa durissima). I numeri parlano chiaro: dalle ultime elezioni europee della fine di maggio la Lega di Salvini in Umbria ha perduto 17.045 voti, l’1,23% sui votanti e ben il 3% sugli aventi diritto. 

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VERDI ITALIANI, SMETTETELA DI ATTACCARLI. ASCOLTATELI

di monica frassoni

In questi giorni, sono usciti alcuni articoli sul perché anche in Italia non ci sia un partito Verde in grado di raccogliere consenso e voti, complici le temperature e il meteo pazzerello, le fibrillazioni nel governo giallo-nero, che riaprono il tema dell’alternativa e delle sue caratteristiche, e i sondaggi in Germania, che danno a giorni alterni Cdu e Verdi al vertice come primo partito; quasi tutti i commenti si concludono con il lamento sui Verdi italiani, l’auspicio di un salutare innesto di verdi tedeschi o di una indolore trasformazione verde del Pd.

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LE REGIONALI IN ABRUZZO

di riccardo mastrorillo

Le elezioni regionali in Abruzzo hanno dato un segnale importante, a meno di un anno dalle ultime politiche e qualche mese prima delle imminenti elezioni europee. Certo va detto con chiarezza che, trattandosi di elezioni regionali, l’incidenza delle tematiche locali, non ci consente di poter trarre delle conclusioni che hanno un valore nazionale. Ma i temi della campagna elettorale, soprattutto negli interventi dei leader nazionali, sono stati spiccatamente generali. Continua la lettura di LE REGIONALI IN ABRUZZO

DEMOCRAZIA E SORTEGGIO. A PROPOSITO DI UN ARTICOLO DI NADIA URBINATI

di paolo fai

La democrazia nell’antica Atene era regolata da elezioni per alzata di mano e per sorteggio. Le più diffuse erano quelle per sorteggio. La fonte antica più autorevole, che più e meglio di tutte quelle in nostro possesso illustra le procedure elettorali in Atene, è la Costituzione degli Ateniesi di Aristotele, testo fondamentale per conoscere la storia, politica e costituzionale, di Atene, composto dal filosofo forse pochi anni prima della sua morte, avvenuta nel 322/21 a.C.
Diviso in due parti, dall’inizio al cap. 41, il trattato offre una panoramica degli avvenimenti storici dalla figura del mitico Teseo fino alla restaurazione della democrazia nel 401 a.C.; a partire dal cap. 42 fino alla fine (cap. 69), invece, lo sguardo di Aristotele si appunta sulla “macchina” costituzionale, sulle cariche pubbliche e sull’organizzazione dei tribunali in Atene.

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IL NAUFRAGIO

Ci annoia ripeterci. Però lo scrivemmo subito. L’analisi era fin troppo facile. Quando Renzi fu  travolto dal risultato del referendum costituzionale anche i degenti in un ospedale psichiatrico avrebbero capito che la tempesta non era sostenibile, non perché fosse particolarmente violenta ma perché il capitano della nave era assolutamente un incapace. Aveva perso tempo a fare l’Inchino a Berlusconi senza accorgersi che lo scoglio era penetrato nella chiglia. Se ci fosse stato ancora qualche dubbio, questo avrebbe dovuto essere fugato dall’arrogante presunzione dimostrata dal nuovo Schettino subito dopo l’esito referendario. In quell’occasione Renzi riecheggiò i commenti che i radicali erano soliti fare dopo le raffiche di sconfitte dei loro referendum: “sì, è vero, in questo referendum il no ha perduto 80 a 20, ma questo vuol dire che il partito radicale ha la forza del 20%”. Ugualmente Renzi si accreditò il 40 % degli italiani, come se fosse tutto suo. Dopotutto nelle elezioni europee proprio il 40% era stata la cifra del suo successo, quando gli italiani non lo conoscevano. Dopo il referendum le sconfitte non si sono contate più, ma sono state sempre sottovalutate.

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LA STRATEGIA DEL POPCORN

di andrea pertici

Nuova pesante sconfitta del Pd e del centrosinistra nei ballottaggi del 24 giugno.

Si tratta in fondo di un partito – e di una coalizione – che hanno ormai collezionato innumerevoli sconfitte. L’ultima era stata nelle elezioni politiche del 4 marzo, quando il Pd e il “suo” centrosinistra, “cucinato” in quattro e quattr’otto alla vigilia delle elezioni, alla bisogna di una legge elettorale che portava il nome del capogruppo “dem” e la firma anche dei due leader del centrodestra (con cui il Pd si è volentieri alleato per anni). A seguito di quelle elezioni, in cui il Pd era stato portato al minimo storico, grazie alla pluriennale strategia di rottamotori e rottamandi, non si è pensato di cambiare schema. Anzi, la perspicace reazione – portata avanti dal capo in testa a tutti gli altri – è stata da subito quella di fare gli offesi con gli elettori.

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NE VALEVA LA PENA?

di giancarlo tartaglia

Mai una crisi politica nella storia della Repubblica è stata cosi lunga, complessa e dagli esiti assolutamente imprevedibili come quella che stiamo vivendo. Per tentare di comprenderla occorre partire da quelli che possiamo considerare, senza alcun dubbio, i punti fermi.

Il primo riguarda lo strombazzare in queste ore di un ipotetico impeachment del Presidente Mattarella. La richiesta non ha né senso logico né giuridico. Il Presidente della Repubblica ha agito nell’ambito dei poteri che la Costituzione gli conferisce. In base alla Carta del ’48 è il Presidente della Repubblica che nomina i ministri, ancorché proposti dal Presidente del Consiglio incaricato. Non esistono nella Costituzione limiti a questo potere discrezionale del Presidente. Pretendere di metterlo sotto accusa per il suo rifiuto di nominare il Professor Savona alla guida del dicastero del Tesoro è perciò frutto di analfabetismo costituzionale.

Il secondo punto, anch’esso assolutamente indiscutibile, è che in questo Parlamento, cosi come uscito dalle urne del 4 marzo, non esiste alcuna maggioranza e che dopo 80 giorni di crisi sono state “bruciate” tutte le possibili alleanze, tranne quella, che si va sempre più consolidando, tra Lega e 5 Stelle.

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