Brusca in libertà: il prezzo della collaborazione e le ferite della Giustizia

di  angelo perrone

La notizia della definitiva libertà di Giovanni Brusca, ex boss mafioso e “pentito” coinvolto nella strage di Capaci (fu lui ad azionare il telecomando), riaccende il dibattito sulla finalità della pena. Brusca, dopo 25 anni di detenzione e la collaborazione con la giustizia, vive ora in una località segreta, lontano dalla Sicilia, una conclusione che genera amarezza – espressa dolorosamente dalla vedova del caposcorta di Falcone – e solleva interrogativi.

La storia di Brusca è emblematica. Da un lato, c’è la necessità dello Stato di combattere la criminalità organizzata ottenendo informazioni vitali per smantellare le cupole mafiose, individuare responsabili e prevenire nuovi crimini. La collaborazione dei “pentiti” è stata uno strumento efficace per raggiungere questi obiettivi. Dall’altro, la concessione di benefici penitenziari a chi si è macchiato di crimini efferati si scontra con il sentimento di giustizia delle vittime e della collettività.

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Il linguaggio politico, tra disprezzo e disaffezione democratica

di angelo perrone

 Il linguaggio dei politici, spesso, sembra aver perso ogni freno, scivolando in una retorica che avvelena il dibattito pubblico. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, definisce gli elettori “schifati” per la bassa affluenza a un referendum senza quorum: non fa un semplice scivolone di linguaggio, ma di sostanza. Nell’esternazione, non c’è analisi, difettano il commento, la riflessione. Le parole disvelano una disistima per gli elettori che sono esattamente i soggetti che lui (l’abbiano votato o meno) dovrebbe tutti rappresentare, colpiscono la dignità del cittadino, qualunque sia la decisione sul referendum, o in genere sul voto politico.

Questo genere di comportamenti non è incidente, ma strategia.  Diventa uno strumento per polarizzare, per marcare il territorio, per ridurre la complessità della disaffezione elettorale ad atto viscerale, solo disgusto, “schifo”. Nel pantano verbale che si genera, le idee latitano, manca il linguaggio capace di illuminare e di unire intorno a valori comuni. La politica smarrisce la capacità di parlare al Paese con rispetto e serietà. Il rischio è che i cittadini non si sentano solo “schifati”, ma estranei a un mondo così degradato.

8 E 9 GIUGNO. IO VADO A VOTARE I REFERENDUM!

COMINCIAMO A FARE PASSAPAROLA, E FACCIAMOLO CON CHIUNQUE.

I referendum non sono validi che non va a votare il 50% degli aventi diritto. Il quorum è difficile?   Sì.   È impossibile?   No.

Ma servono quattro settimane affinché ogni singola persona sia messa nella condizione di sapere che si vota e su cosa si decide.

Allora, nella sintesi estrema.

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Il fondatore di Arcigay: “Il Papa ci esclude con le sue parole”

di franco grillini

Città del Vaticano, 1 giu 2025 “Sono posizioni che creano sofferenza. Io vorrei dirlo di persona a Papa Prevost se mi ricevesse a tu per tu”.

Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay, si è fatto un’idea “abbastanza critica” del Papa dopo le sue parole sulla famiglia stamani al Giubileo. “Come si fa ad insistere sulla famiglia cosiddetta tradizionale, oltretutto nel momento in cui questa famiglia mostra tutte le sue contraddizioni; le cronache ne sono piene – osserva all’Adnkronos il fondatore dell’Arcigay – bisognerebbe come minimo avere una visione critica e dire anche quali sono le patologie della famiglia tradizionale che sono tante e andrebbero affrontate come tali. La Chiesa da sempre ha un problema con la modernità: non basta l’atteggiamento compassionevole o pietistico, che peraltro questo Papa non ha ancora mostrato, ma bisogna prendere atto che il mondo è cambiato”. 

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Il decreto sicurezza e il silenzio dei liberali à la carte

di andrea bitetto

Ieri avrebbe potuto esser una giornata facile facile per il liberale in servizio permanente effettivo. Approvato il decreto sicurezza al Senato, il liberale d’ordinanza, che spende buona parte delle sue giaculatorie contro le unghie troppo affilate dei pubblici ministeri (ed ha ragione) o contro gli occhi e le orecchie troppo distratte di troppi giudici (ed anche qui: come dargli torto), quel pezzo monumentale di liberale avrebbe sfogliato il taccuino, pescato una a caso delle tante belle massime appuntante leggendo o ancor di più ascoltando qualcun altro parlare e via.

Ne sarebbe venuto fuori un affilato editoriale da spedire prima della chiusura della redazione a qualche amico direttore di quotidiani, magari quelli che hanno scoperto il garantismo di recente: i neofiti, che sono sempre i migliori perché son anche i più ottusamente zelanti. E via, stamane, sempre quel pezzo da novanta di liberalismo e quindi di garantista inossidabile, avrebbe gonfiato il petto con le rassegne stampa.

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Garlasco, non più un processo. L’anomalia Nordio

di angelo perrone

Il caso Garlasco si trasforma, non è più una vicenda giudiziaria. L’ultima di Nordio: “Irrazionale la condanna a Stasi dopo le assoluzioni”. Un ministro della Giustizia che esprime giudizi a gamba tesa su un processo specifico è un’anomalia nello Stato di diritto. Ci sono condanne irrevocabili e nuove delicate indagini in corso, strumenti processuali per l’accertamento della verità e per la verifica di eventuali errori o mancanze.
Non è previsto che la politica intervenga a dire la sua, senza averne titolo, e con argomenti inusuali. Travalicando il suo ambito di competenze, generando sospetti ed incertezze. Ma nulla frena Nordio, lui si schiera, alimenta i suoi dubbi personali, anziché stare al proprio posto. Non è forse questa un’ingerenza che mina le fondamenta dello Stato di diritto? L’autonomia della giustizia è un pilastro della democrazia.

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Il muro dell’esclusione

di angelo perrone

Ora il pugno duro. «Stop alle iscrizioni di stranieri». Dopo il congelamento dei fondi, Donald Trump lancia l’ultimo affondo contro Harvard, la più prestigiosa università americana, quella che per prima si è rifiutata di soddisfare le richieste dell’Amministrazione riguardo alla gestione degli insegnamenti, alle politiche di ammissione e di assunzione dei docenti. Poi l’avvertimento: «E i presenti se ne vadano o saranno illegali, perderanno il visto». Duecento ottanta sono gli studenti italiani.
L’accusa ridicola: «Ad Harvard si insegnano solo odio e stupidità». La colpa è quella di aver creato «un campus non sicuro» permettendo «le azioni di agitatori anti-americani», in maggioranza studenti stranieri. L’ultimatum non dà scampo: «L’Ateneo ha 72 ore di tempo per consegnare i video e gli audio delle proteste». Poi inizieranno le ritorsioni punitive.
L’istituto, simbolo di eccellenza, incontro e scambio di idee, dovrebbe trasformarsi in una fortezza che respinge l’altro e rinnega il valore della diversità. E non si tratta soltanto di una decisione su Harvard, ma di un modello, a cui le istituzioni culturali del Paese devono conformarsi, per sopravvivere. Continua la lettura di Il muro dell’esclusione

Springsteen: il rock sfida l’arroganza di Trump

di angelo perrone

Bruce Springsteen invita a resistere contro l’autoritarismo. Durante il suo concerto a Manchester, il leggendario cantautore ha attaccato duramente Trump con parole piene di amarezza. «L’America che amo, che è stata un faro di speranza e libertà per 250 anni, è attualmente nelle mani di un’amministrazione corrotta, incompetente e traditrice.» Springsteen ha spiegato i motivi: «Stanno smantellando una storica legislazione sui diritti civili che ha portato a una società più giusta e plurale». Continua la lettura di Springsteen: il rock sfida l’arroganza di Trump

La fascia negata, l’identità ridotta a simbolo di parte

di angelo perrone

 

Il gesto della neosindaca di Merano, Katharina Zeller, di togliersi la fascia tricolore durante la cerimonia di insediamento ha suscitato opposte reazioni. La scena, immortalata dalle telecamere, mostra la sindaca che chiede se sia davvero necessario indossare la fascia, per poi rimuoverla immediatamente. Si percepisce nella Zeller disagio, imbarazzo, fastidio. Lo scambio di battute con il sindaco uscente ha toni poco appropriati.

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