L’hanno firmata in tutto il mondo, ma la maggior parte lavora in Europa. Le raccomandazioni ricordano le linee guida già pubblicate dalla Commissione Eu, eppure si teme che la scelta sbagliata possa portare ad un sistema di sorveglianza. Il sospetto nasce dall’abbandono del progetto Dp-3T che invece avrebbe evitato il rischio.
di jaime d’alessandro [da “La Repubblica 20 aprile -21 aprile 2020]
LE APP per il tracciare i contatti fra le persone e contenere così la pandemia di coronavirus, chiamate di “contact tracing”, non sembrano conoscere pace. Mentre in tutto il mondo le stanno adottando, oltre 300 accademici e ricercatori, fra i quali nove lavorano in Italia, lanciano un appello perché non si prenda la direzione sbagliata.
“Siamo preoccupati che alcune soluzioni (…) si traducono in sistemi che consentirebbero una sorveglianza senza precedenti della società“, scrivono nella lettera aperta. “Dobbiamo garantire che preservino la privacy”. Nella stessa lettera si ricordano le linee guida della Commissione europea, alle quali la app italiana Immuni aderisce, ma si teme che non tutti le seguano.
In particolare, i 300 esperti puntano il dito su un aspetto, quello del sistema di raccolta delle informazioni, che loro vorrebbero decentralizzato mentre alcuni Paesi, come Francia e Germania, vanno verso la centralizzazione. “Ed è pericoloso”, spiega al telefono Dario Fiore da Madrid, ricercatore 37enne siciliano dell’Imdea che è uno dei portavoce della petizione. “Solo un sistema decentralizzato impedirebbe un domani di usare queste informazioni nel modo sbagliato”.
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