[Nella foto. Dopo aver eletto governatrice della Calabria un’ex deputata di Forza Italia che aveva dimostrato in televisione di non sapere neppure cosa fosse l’ISIS, la destra si è pentita ed è corsa ai ripari candidando Nezha Lazreq nella lista appoggiata dalla Lega per Salvini premier. Nezha è una vera combattente: con un fucile mitragliatore da guerra e il giubbotto antiproiettile si mostra pronta a respingere l’invasione dei terroristi musulmani provenienti in bicicletta da Messina sulla pista della pieddina De Micheli. La guerriera, assieme a una sua task force, è stata già condannata in primo grado, a un anno e 6 mesi di carcere per sequestro di persona e lesioni aggravate. (red.)]
VOLENTIERI RIPUBBLICHIAMO UN ARTICOLO DEL FATTO QUOTIDIANO
Dagli indagati per corruzione alla condannata per sequestro di persona fino ai voltagabbana: la corsa dei 914 al Comune di Reggio Calabria
Lotta a 9 per la poltrona da sindaco. E dietro gli aspiranti successori di Falcomatà ecco la carica di chi corre per un posto in consiglio. Nelle liste anche una sorta di “santone” avvisato oralmente due volte per stalking dal questore e Nezha Lazreq, condannata in primo grado per sequestro di persona e in posa su Facebook con un fucile mitragliatore e il giubbotto antiproiettile
di Lucio Musolino | 6 SETTEMBRE 2020
Una campagna elettorale difficile quella per le comunali di Reggio Calabria. Il rischio del ballottaggio è dietro l’angolo ma il favorito è senza dubbio il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà del Pd. La partita si gioca tra lui, alla guida di una coalizione di centrosinistra, e il candidato del centrodestra Antonino Minicuci scelto dalla Lega, provocando i mal di pancia di Forza Italia, per la corsa a Palazzo San Giorgio. In tutto sono nove gli aspiranti sindaci. Ci sono anche Saverio Pazzano della sinistra radicale, Klaus Davi, Fabio Foti del Movimento Cinque Stelle, Fabio Putortì con una lista civica, Maria Laura Tortorella, che guida la lista Patto civico, Pino Siclari del Partito comunista dei lavoratori e l’ex assessore comunale Angela Marcianò.
Dietro di loro un esercito di candidati per un posto da consigliere comunale: 914 complessivamente e tra questi ci sono indagati, condannati, imputati e nostalgici del fascismo. Non mancano naturalmente i trasformisti, le solite facce di chi sta con chi vince: prima alla corte dell’ex governatore Scopelliti, poi passati con Falcomatà e infine ritornati nel centrodestra a ridosso delle amministrative. È il caso di Demetrio Marino che, nel 2014, era stato eletto con il centrosinistra. Oggi si scopre di destra e si presenta con Fratelli d’Italia, un ritorno al passato, agli anni in cui gravitava attorno agli assessori dell’amministrazione sciolta nel 2012 per infiltrazioni mafiose.
Con lo stesso partito, corre Massimo Ripepi, il consigliere uscente che Giorgia Meloni ha piazzato capolista nonostante sia stato avvisato oralmente due volte per stalking dal questore di Reggio e sotto processo per diffamazione e danno di immagine nei confronti di una donna, un medico che frequentava la comunità religiosa della Chiesa cristiana “Pace” di cui è pastore. Dai suoi seguaci, Ripepi si fa chiamare “papà” e dal pulpito della sua chiesa si definisce “unto dal Signore”. “Chi si mette contro di noi – è tra le sue frasi più scenografiche – si mette contro Cristo, questo è matematico”. Una sorta di “santone” che, quando parla, supera più volte la linea di confine tra chiesa e politica: “Voi – dice durante le sue omelie – vi dovete schierare con me o contro di me”.
[Nella foto , una pista ciclabile alla De Micheli]
Un’urgente opera da compiere con i soldi europei sarebbe una bella sanificazione del Ministero dei trasporti. Lì alligna un virus pericolosissimo che sta portando allo schianto il paese. Chi avrebbe scommesso un euro che sarebbe stato scovato un ministro più sciocco di Toninelli? Eppure il Pd c’è riuscito, cercando nelle fila degli ex-democristiani leggermente trasformisti. È la ministra Paola De Micheli: la “Maria Antonietta” dell’Italia che sarebbe pre-rivoluzionaria se non fosse addormentata nell’indifferenza.
Nel nostro paese il 40% delle scuole ha una manutenzione carente? Il 20% ha “lesioni strutturali serie”? L’Alitalia è un’idrovora di soldi pubblici? A settembre arriva preciso come un orologio svizzero il disastro idrogeologico? Le infrastrutture sono a pezzi o pericolanti? Allora date agli italiani le “brioches” piddine: una bella pista ciclabile sul distopico ponte sullo stretto di Messina, per facilitare gli incontri tra i figli della mafia e i figli della ‘ndrangheta.
Noi abbiamo altre idee: perché non costruire una bella ciclabile che colleghi Amatrice, il Centro de L’aquila e Norcia? Così i turisti potrebbero ammirare il suggestivo paesaggio di ruderi e constatare de visu le capacità governative della Ricostruzione dopo i terremoti, che fu affidata, guarda caso, proprio all’ingegno della nostra De Micheli… Le disgrazie non vengono mai sole.
Assai meno costosa sarebbe una ciclabile preferenziale da Porta Pia a Palazzo Chigi per consegnare al più presto le dimissioni. Non è necessaria la ghigliottina come per Maria Antonietta, regina di Francia. Si può tagliare la testa solo a chi ce l’ha.
Speciale per Senza Bavaglio e Critica Liberale di Noël Marpeau
Buenos Aires, 26 agosto 2020
La Chiesa scossa dalle vicende giudiziarie legate agli abusi nei confronti di minori. La Fraternità, Memores Domini ed Esserci per Essere. Gli intrecci tra fede e affari
A partire dall’anno 2000 la Chiesa cattolica è stata tristemente obbligata ad una sempre maggiore esposizione a causa delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto preti o laici impegnati in ambito ecclesiale e accusati di abuso nei confronti di minori o adulti vulnerabili. Se la risposta iniziale, avallata da provvedimenti normativi insufficienti o inapplicati, è stata quella dell’insabbiamento o della gestione interna e discreta delle notizie di reato, con il tempo è diventata impellente una risposta più efficace di contenimento dei crimini attraverso una riflessione sulle cause che li generano.
GLI STATUTI E UNA LETTERA RISERVATA DI CARRON
Negli anni si è riscontrata una incidenza sistematica dei comportamenti abusanti che oltre ad aver travolto il pontificato di un papa, ha addirittura provocato l’espulsione di porporati dal Collegio dei cardinali. L’enfasi sul potere è la caratteristica principale degli ambienti abusanti, di quelle guide che, mancando di autentica autorità spirituale, si avvalgono di forme autoritarie e/o “carismatiche” di governo. Questa presa di coscienza ha finalmente costretto la Chiesa a mettersi in discussione, considerando non solo i singoli soggetti, ma i sistemi e gli ambienti a rischio di abuso, in un’ottica di prevenzione. Si tratta cioè di scandagliare i contesti pre-abuso quelli in cui si instaurano rapporti interpersonali che creano vittime.
È quindi legittimo pensare che i recenti provvedimenti della Santa Sede nei confronti di movimenti ecclesiali e realtà monastiche siano dettati dalla preoccupazione di valutare quei contesti proprio alla luce dell’esercizio del potere e dell’autorità, in ultima analisi del controllo sulle coscienze [1]: è probabile che in questo alveo si collochi l’avvio del processo di revisione degli Statuti e del direttorio all’interno del movimento di Comunione e Liberazione.
In una nota riservata del gennaio 2020 (una copia è nelle mani di Sanza Bavaglio) rivolta ai membri della Fraternità di Comunione e Liberazione, Julián Carrón (successore di don Luigi Giussani nella guida del Movimento di Comunione e Liberazione, presidente della Fraternità di CL) commenta l’appello di papa Francesco ad adottare “azioni concrete ed efficaci che coinvolgano tutti nella chiesa” [2] per fornire una risposta risolutiva al problema degli abusi clericali; in questo contesto il leader del Movimento propone ai ciellini tre rimedi:
la composizione di una Commissione interna preposta genericamente alla valutazione delle richieste di aiuto
la verginità, cioè un maggiore impegno alla castità sia per i membri celibi e nubili sia per gli sposati (avete letto bene, sono previste regole anche per l’esercizio della sessualità tra sposati!)
l’unione a Gesù Cristo
Nonostante la presidente dei Memores Domini, Antonella Frongillo, sia stata sollecitata dal Dicastero vaticano dei laici, sin dal 2018, a procedere alla modifica di alcune norme contenute nel direttorio e a una riforma dello statuto, Carrón nella nota citata non avanza alcuna ipotesi di revisione normativa nè messa in discussione della fisionomia spirituale del movimento. Come dire che il Decreto di nomina del delegato pontificio si è reso necessario in seguito ad una disobbedienza.
COMUNIONE E LIBERAZIONE E IL DECRETO DI NOMINA DEL DELEGATO PONTIFICIO
La fisionomia di Comunione e Liberazione si articola in due organismi che ne costituiscono la struttura: la Fraternità e i Memores Domini [3], questi ultimi sono uomini e donne non sposati, provenienti dalla Fraternità, che vivono la condizione di dedizione totale a Dio.
L’organizzazione fondata da don Luigi Giussani è nota ai più anche per le vicende giudiziarie che coinvolgono l’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni, membro Memores Domini che da poco più di un anno, sconta gli arresti domiciliari nella casa dell’amico Walter Maffenini [5].
Il processo di revisione dello Statuto dei Memores Domini è stato avviato lo scorso mese di giugno in seguito all’emissione di un Decreto [4] che ha nominato padre Gianfranco Ghirlanda delegato pontificio e una Commissione composta da quattro Memores Domini “esperti”: Ilaria Delponte, Andrea Perrone, Raffaele Ronchi e Michele Rosboch. Lo scopo del processo revisionale è quello di valutare il ruolo di don Julián Carrón, come consigliere ecclesiastico dell’Associazione, con particolare riguardo alla tutela della libertà individuale e del diritto alla riservatezza.
Padre Ghirlanda, ex professore della facoltà di diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, commentando il provvedimento del papa che abolisce il “segreto pontificio” in tema di abusi sessuali aveva precisato che restava comunque in vigore il principio sacramentale della Confessione, cioà il suo carattere segreto. Quindi il sacerdote informato dei crimini, durate una confessione è obbligato a mantenere il “segreto”.
In termini canonici la questione attiene alla distinzione tra foro interno (coscienza individuale) e foro esterno (governo dell’organizzazione): il diritto canonico della Chiesa vieta cioè a chi svolge ruoli di governo di prendersi cura anche della vita spirituale dei fedeli; la separazione delle funzioni serve a tutelare il diritto alla libertà di autodeterminazione.
Il decreto di nomina del delegato pontificio stabilisce che revisionato sia anche il “direttorio”, organo direttivo così definito dagli Statuti dei Memores: “L’associazione nominerà un direttorio che nel rispetto del presente statuto aiuterà i membri a risolvere i problemi che potranno porsi nella loro vita spirituale e nel loro impegno a testimoniare”.
Abbiamo chiesto al movimento di Comunione e Liberazionecopia integrale degli Statuti dei Memores Domini senza ricevere ad oggi alcun riscontro. Resta comunque interessante consultare gli Statuti della Fraternità che pubblichiamo qui interamente; la norma contenuta nell’articolo 42 prevede infatti che sia proprio l’Ente canonico Memores Domini il destinatario del patrimonio di cui la Fraternità, in futuro, potrebbe non poter mantenere la titolarità.
L’intreccio patrimoniale non ha solo implicazioni di tipo economico, essendo le due associazioni legate in primo luogo dallo stesso spirito. Sarebbe quindi opportuno revisionare il primo testo normativo alla luce del secondo. Le due realtà associative, Memores Domini e Fraternità, convivono e si alimentano vicendevolmente all’interno dello stesso Movimento: il leader, Julian Carrón, è presidente della Fraternità e Consigliere ecclesiastico dei Memores Domini.
IL CASO INQUIETANTE DI ROBERTO FORMIGONI
Lo stesso Statuto della Fraternità disciplina l’espulsione dall’Associazione “In caso di evidente comprovata indegnità per colpe gravi” (Art.35). Spetta al Presidente ammonire e correggere non appena viene a conoscenza di “eventuali scorrettezze nella condotta dei membri dell’Associazione” (Art. 36) e anche in questa circostanza è prevista l’espulsione in caso di “pertinace comportamento e di incorreggibilità”. La condanna che ha stabilito la carcerazione di Roberto Formigoni è tra l’altro legata ad un ambito che dovrebbe scuotere oltremodo le coscienze dei cattolici, visto che è stata pronunciata per “corruzione” a danno di persone malate; è stato il pubblico ministero di Milano, Laura Pedio, a dichiarare “70 milioni di euro erano stati tolti ai malati per i suoi sollazzi”.
Molti si chiedono se la Diaconia Centrale del Movimento (organo direttivo preposto all’applicazione della normativa de quo) abbia optato per la prima ipotesi (espulsione) o per la seconda (ammonizione o correzione): quindi l’ex governatore, che fa ancora parte del Movimento, è stato forse corretto e ammonito?
CURARE LE ANIME SECONDO DON GIUSSANI
La “cura di anime” è la missione fondamentale e fondativa che determina, nel 1982 [6], il riconoscimento giuridico dell’esperienza iniziata da don Luigi Giussani negli anni ’50 e che predilige nella sua gestazione embrionale l’apostolato di animazione tra gli studenti. Il porsi come guida spirituale di qualcuno è sentimento e situazione che gli apparati direzionali dei Memores Domini hanno imparato dal loro stesso fondatore, il “carismatico” don Gius; queste sono alcune sue parole che risuonano quasi come una pretesa e un ordine: “Dio mi ha scelto come responsabile della tua vocazione” e poi come seguito “L’obbedienza a Dio è data dall’obbedienza a colui che Egli ha posto come responsabile della tua vita”.
La prassi talvolta invasiva della “cura di anime” è sempre stata rinfocolata nei confronti di adolescenti, la cui giovane età offre un terreno facile: personalità più influenzabili e talvolta più inclini a riconoscersi nel gruppo, cioè in un contesto collettivo come lo è quello di ogni movimento ecclesiale.
L’origine della fisionomia ascetica di Comunione e Liberazione è quindi conseguente con lo stile di don Luigi Giussani, di cui è in corso il processo di canonizzazione. Una filosofia che il fondatore ha deciso per il suo Movimento.
La Chiesa ha preso atto di questa violenza, purtroppo molto dopo che le vittime ne hanno subìto e denunciato le conseguenze.
“ESSERCI PER ESSERE”
Michele Rosboch, nominato Memores “esperto” della commissione che ha il compito di revisionare gli Statuti, è anche il socio fondatore e consigliere di un’associazione culturale costituitasi nel 2016 con sede ad Arezzo e denominata “Esserci per Essere”; uno dei soci ha riferito che alcuni membri di Comunione e Liberazione sentono la necessità di recuperare lo spirito originario del Movimento: “Don Giussani dettava la linea comune per tutti, e tutti la seguivamo. Con Carrón tutto questo è scomparso. L’azione del Movimento era più incisiva nel tessuto sociale, lavorativo…io ho scelto il Movimento perché era incisivo nella politica, adesso assomigliamo ai neocatecumenali” (altro gruppo fondamentalista cristiano che propugna uno stile di vita ascetico, severo, casto e privo di gioie terrene, ndr).
Cortese e disponibile al dialogo è stata anche la socia di Esserci per Essere, E.F., che durante una chiacchierata informale ha riferito di non volersi porre in modo antagonistico nei confronti del Movimento ufficiale, di chi cioè non avverte questa esigenza di “rimettere al centro argomenti e questioni che erano spariti dall’ordine del giorno”.
Pubblichiamo la versione integrale dell’Atto Costitutivo e dello Statuto di “Esserci per Essere” i cui scopi dichiarati appaiono coerenti con quanto è stato riferito dai soci contattati. Anche il presidente dell’Associazione, Egisto Mercati, è stato interpellato, ma ha preferito riferire per interposta persona “che è in vacanza e non ha nulla da dichiarare”.
Ci chiediamo se l’appartenenza di Rosboch ad una associazione che nasce dalla nostalgia per lo spirito originario di una esperienza ecclesiale sia idonea a porre questa persona in modo riformistico rispetto al corpo normativo di cui è parte attiva e del quale si sta impegnando, su un altro fronte, a recuperarne invece l’origine.
LE RACCOMANDAZIONI DI PAPA FRANCESCO
In occasione dei 60 anni della nascita di Comunione e Liberazione una folla di 100 mila persone, il 7 marzo 2015, ha incontrato Francesco in piazza San Pietro che, senza far mancare parole di affetto e condivisione, ha raccomandato ai figli di don Luigi Giussani di non trasformarsi “in guide da museo o in adoratori di ceneri” [7]. Una persona presente all’evento ci ha riferito che “al ritorno, in treno, c’erano polemiche di ogni tipo contro Francesco, compresi insulti al Papa…qualcuno sputava per disprezzo”. È l’anima nera del Movimento?
[1] Recentemente papa Francesco sembra aver messo in discussione l’esercizio del “potere” in almeno altre due organizzazioni religiose: il Monastero di Bose https://www.monasterodibose.it/comunita/notizie/vita-comunitaria/13892-speranza-nella-prova e il Movimento dei focolari: il Pontificio Consiglio per i Laici ha chiesto ai vertici focolarini di smettere una pratica in uso da decenni dentro il movimento: la compilazione degli “schemetti” quotidiani. Ne riferisce il giornale Adista che è venuta a conoscenza di una lettera del prefetto del dicastero vaticano, card. Kevin Farrell, indirizzata a Maria Voce, presidente dell’Opera di Maria succeduta alla fondatrice Chiara Lubich, datata 3 giugno 2020 che impone uno stop a questa pratica https://www.adista.it/articolo/63841
[2] Francesco, Vos estis lux mundi, Lettera apostolica in forma di ‘Motu proprio’ del 07/05/2019
[3] Memores Domini è dal 1988 un’associazione laicale e internazionale di fedeli di diritto pontificio composta da persone della Fraternità di Comunione e Liberazione che seguono una vocazione di dedizione totale a Dio
[4] docente di statistica all’Università degli studi di Milano Bicocca nel dipartimento presso cui è professore ordinario Giorgio Vittadini, noto Memores Domini ciellino
[6] L’esperienza di Comunione e Liberazione ha trovato una propria configurazione giuridica nel 1982 con l’approvazione della “Fraternità di Comunione e Liberazione” come Associazione di diritto pontificio; gli Statuti prevedevano che il presidente fosse don Luigi Giussani, vita natural durante
Stanotte la Lepre marzolina, tormentata dalla curiosità, contro le sue abitudini, all’alba si sveglierà per correre all’apertura delle edicole per leggere come “Libero” di Vittorio Feltri e “Il Tempo” di Bechis e di Storace daranno questa notizia che coinvolge il loro editore. Chissà se mi deluderanno….
di giuseppe pietrobelli , “Il fatto quotidiano”, 30 agosto 2020
In Veneto Meloni prende tutti: 25 candidati su 55 vengono da altri partiti. Esodo da Forza Italia, ma anche Lega e M5s pagano dazio. Nomi storici, voltagabbana cronici, berlusconiani non più fedeli: le liste di Fratelli d’Italia per le prossime elezioni regionali sono piene di transfughi. È il frutto di una serrata campagna acquisti orchestrata dall’eurodeputato Sergio Berlato. C’è anche chi proviene da Salvini o Cinquestelle. E chi si avvale dei servizi professionali di uno spin doctor vicino al Pd.
Non era riuscito ad evitare una frecciatina, l’ex presidente provinciale di Coldiretti, nonché ex vicepresidente di Verona Fiere, Claudio Valente, quando ha annunciato l’adesione a Fratelli d’Italia, con candidatura alle prossime Regionali. Il 3 marzo scorso, presenti il coordinatore regionale Lucio De Caro e quello provinciale Ciro Maschio, aveva detto: “Io non provengo da alcun altro partito…”. Ha sbandierato l’unicità della propria scelta perché sul carro della Meloni, in Veneto, sono saliti tutti e di più, praticamente la metà dei candidati, provenienti in particolare da Forza Italia. Voltagabbana? Cambiacasacche? Forse. Sicuramente hanno trovato un polo d’attrazione di destra nel centrodestra. E così vengono strappati a ciò che resta dell’esercito di Silvio Berlusconi bacini di consenso e uomini che, andandosene, non hanno risparmiato critiche feroci. In Veneto Fratelli d’Italia presenta 55 candidati, 9 nelle cinque province più popolose, 5 a Rovigo e Belluno. La bellezza di 25 candidati hanno fatto il salto della quaglia, più o meno recente, frutto di una serrata campagna acquisti orchestrata dall’eurodeputato Sergio Berlato. C’è anche chi proviene da Lega o Cinquestelle. E chi si avvale dei servizi professionali di uno spin doctor vicino al Pd.
Lo so che Briatore è il prototipo dell’italiano imbroglione, volgare e ignorante, nulla da eccepire, lo so che ha impestato mezza Italia, ma credo proprio che per quante malefatte abbia compiuto non è da paese civile condannarlo a 14 giorni di domiciliazione coatta assieme alla Santanchè. Dopotutto l’Italia deve rispettare l’art. 1 della Convenzione ONU del 1984, nonché l’art. 613-bis del codice penale che prevede esplicitamente che la tortura si realizza anche con gravi crudeltà (ovvero con trattamento inumano e degradante). Sono indignato. Basti vedere come la domiciliazione coatta con la Santanchè abbia distrutto il suo “fidanzato” Sallusti, che torturato per troppo tempo non si è più ripreso e ora non riesce a scrivere un editoriale che non sia indecente.
Manlio Di Stefano (M5s) scrive collocando Beirut in Libia. È un uomo di governo: sottosegretario agli Esteri nei due governi Conte. Senza vergognarsi nemmeno per un attimo, arrogantemente, non chiede neppure scusa.
Problema che un governo della mia Terza repubblica risolve in dieci minuti: dimissioni e sostituzione con un suo collega di partito che abbia frequentato con qualche profitto la scuola dell’obbligo.
Di Stefano fu molto apprezzato quando alla fine del 2017 disse: “Abbiamo fatto capire a tutti i nostri militanti che il percorso deve essere fatto di buone pratiche e di democrazia. Non parliamo di governo tecnico o politico, ma di governo competente, sceglieremo le persone migliori che questo Paese ha da offrire se dovessimo formare un governo”.
Cosa scriverebbe il divino prof. Cordero sulla stoltezza italica e viziosa del taglio lineare dei parlamentari? Come una lama che scopiazzando un po’ i tagliatori di democrazia degli anni ’30 per poi venire al maestro venerabile e quindi a B. per poi andar coi due mattei e infine finire sul piatto di giggino…
Il povero Sgarbi è proprio negato per la politica. Forse porta pure jella. A Bologna Berlusconi gli mise nelle mani le sorti di Forza Italia e raggiunse il risultato peggiore di tutti i tempi. Ora ad Aosta un poveraccio si è consegnato al più famoso assenteista nazionale e, pur avendo l’appoggio anche della Lega, è stato fatto a fettine dal centro sinistra. Il fatto è che la politica è (o dovrebbe essere) una nobile professione e non può essere affidata a un dilettante specializzato esclusivamente nella scurrilità seriale. Forse davvero siamo alle avvisaglie di una Terza repubblica, dove gli elettori fanno giustizia degli avventurieri come Calenda, Renzi e Salvini, e dei guitti da avanspettacolo che recitano senza mascherina.
Il corona virus ha senz’altro un piccolo merito. Mai come in questi mesi è stato messo a nudo fino a che punto la stampa nazionale è lo specchio del paese. Ne è uscita un’immagine a tratti ripugnante. Gli esempi sono tanti, troppi. Cominciamo dall’ultimo.
Mario Draghi, intervenendo alla kermesse “suoni e luci” della più malfamata associazione cattolica che da decenni sposa Fede & Affari (il più famoso di Cl rimarrà sempre il Celeste corrotto), ha pronunciato un discorso totalmente pieno di niente. C’è voluta grande abilità a copiare tutti i luoghi comuni di un qualunque politicante di oggi con lo spartito già usurato: giovani, scuola, verde, lavoro, web. Ma la grancassa mediatica quasi al completo si è scatenata. Chi in odio verso Conte, chi per abitudinaria piaggeria, chi nella speranza di inciuci storici, chi auspicando – non si sa perché – un più facile assalto alla diligenza dei quattrini europei, quasi tutti hanno scoperto che a Rimini era stato pronunciato un discorso storico alla Churchill, alla Kennedy o alla Luther King. Più probabilmente Draghi si è voluto nascondere dietro al vuoto per non cadere nelle trappole che gli stanno preparando, e al massimo si è lasciato scappare che non gli dispiacerebbe fare il ministro del Tesoro dell’Europa. Ma questo purtroppo non dipende né dalla platea né dal parterre di Rimini.
Il caso Draghi è quasi un esempio di scuola del conformismo italico in politica. Negli ultimi anni non erano mancate prove di esagerazione ridicola. Finché non si è sgonfiato da solo in un sol giorno, era diventato uno statista persino un mediocrissimo politicante di paese come Salvini. Altri politici o uomini pubblici, soprattutto deceduti, sono stati ricordati come veri eroi della patria. Basti pensare a come è stato rievocato un Cossiga, che al massimo poteva essere additato agli storici come il peggiore Presidente della Repubblica della storia del dopoguerra. Ovviamente assieme a Segni e a Napolitano. O come improvvisamente è diventato un insuperabile imprenditore un re delle mazzette come Romiti.
Numerosi altri casi hanno rivelato la totale perdita di misura e di spirito critico in tutto i campi.
Steve Bannon è stato formalmente incriminato per frode dalla procura federale di New York. Lo riferiscono diversi media statunitensi, i quali precisano che lo stratega politico di Donald Trump, già consulente della Casa Bianca, è stato arrestato e comparirà di fronte al giudice in giornata. Secondo l’agenzia Adnkronos, Bannon è accusato assieme ad altre tre persone di essersi appropriato di centinaia di migliaia di dollari raccolti dalla campagna online “We build the wall” per costruire un muro al confine degli Stati Uniti.
Le accuse
Secondo il procuratore Audrey Strauss, Bannon e altre tre persone – Brian Kolfage, Andrew Badolato e Timothy Shea – “hanno defraudato centinaia di migliaia di donatori, approfittando del loro interesse a finanziare un muro di confine, con il falso pretesto che tutto il denaro sarebbe stato usato per la costruzione”. Tutti e quattro sono stati arrestati con l’accusa di cospirazione per frode informatica e associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro. Ciascuna delle accuse negli Stati Uniti può comportare pene massime fino a 20 anni
Le amicizie in Italia
Oltre all’attivismo politico pro-Trump negli Stati Uniti, Bannon ha contribuito a fondare l’associazione internazionale The Movement per promuovere il nazionalismo economico e le idee di destra radicale. Bannon vanta infatti una rete di amicizie e interlocuzioni politiche anche a livello europeo, come testimoniato dai contatti con il Rassemblement National di Marine Le Pen, e in Italia con la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Secondo il sito d’informazione Politico.eu, lo stratega oggi agli arresti avrebbe incontrato nel 2018 l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
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