Archivi tag: costituzione

Vogliono archiviare il parlamento

di antonio caputo

Il premierato elettivo implica necessariamente l’archiviazione della forma parlamentare di governo frutto della costituzione del 1948 [art.1 da correlare agli artt.70 e ss. della Costituzione, per cui il popolo, titolare della sovranità la esprime tramite i suoi rappresentanti in Parlamento eletti a suffragio universale e diretto, a cui compete esprimere un governo rappresentativo dopo una elezione fondata sul principio “ad ogni testa un voto”). Ergo, il premierato elettivo proposto peraltro dal premier in corso , modifica radicalmente un principio fondamentale della costituzione come tale immodificabile con lo strumento dell’art.138 Costituzione attendando alla stessa forma repubblicana della democrazia parlamentare, non assoggettabile a procedura di revisione, come previsto dall’art. 139 a costituzione vigente. In astratto potrebbe farlo solo una assemblea costituente eletta dal popolo sovrano

LE ELEZIONI PIU’ INCOSTITUZIONALI DELLA STORIA

di Felice Besostri |

Stiamo facendo le elezioni più incostituzionali della storia grazie alla legge elettorale, Rosatellum, peggiorata dalla legge giallo-verde del CONTE I, in combinazione con il taglio dei Parlamentari e per quello che non si è fatto, tra cui una cosa semplicissima come far venire meno per chi raccoglie le firme, veri eroi della democrazia, di richiedere il certificato di iscrizione alle liste elettorali, richiesta illegittima a partire dall’entrata in vigore il 2 settembre 1990,dell’art. 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

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Critica liberale firma l’Appello “una coalizione d’emergenza” per la Costituzione

“Coalizione d’emergenza” senza preclusioni in alternativa al progetto delle destre di stravolgere la Costituzione

Non avere cambiato la legge elettorale in tempo prima delle elezioni politiche del prossimo 25 settembre obbliga tutti a fare i conti con quella in vigore. In ogni situazione i soggetti politici debbono fare i conti con la situazione reale, altrimenti si è destinati a gravi insuccessi.

In questa tornata elettorale, a causa della ritrovata compattezza delle forze di destra e della scomposizione dell’aggregato politico e sociale realizzato dai 5 Stelle nel 2018, massimo è il rischio che nel maggioritario il centro-destra possa fare cappotto assicurandosi gran parte dei 147 seggi della Camera e dei 74 del Senato. L’esperienza delle elezioni in Sicilia del 2001 dove il centrosinistra perse per 61 a 0 ci insegna che è sempre possibile che un solo soggetto conquisti il 100% dei seggi nel maggioritario.

Gli effetti negativi di questa pessima legge elettorale, per di più, sono esaltati dal taglio di un terzo dei parlamentari, visto che in due anni non sono state approvate le modifiche della Costituzione ritenute indispensabili per arginare la compressione del pluralismo nella elezione del Senato.
Il 25 settembre ci sarà un voto unico per il maggioritario e per la circoscrizione proporzionale con liste bloccate. Se all’unico candidato della destra, si contrapporranno più candidati di altre forze politiche, l’esito sarà scontato.

A farne le spese sarebbe la Costituzione perché una rappresentanza politica, gonfiata molto a di là della volontà espressa dal corpo elettorale, avrebbe la forza necessaria per calpestare la Costituzione formale e modificarla radicalmente, introducendo il modello ungherese o polacco della “democrazia illiberale”, che tanto attrae i leader della destra, o smembrando la Repubblica tramite l’autonomia differenziata, tanto cara ai governatori leghisti. Per di più, ove la coalizione di destra conquistasse i 2/3 dei seggi, non sarebbe possibile bloccare stravolgimenti costituzionali illiberali attraverso il referendum.

Quanti ritengono che nessuna maggioranza possa cambiare da sola la Costituzione, compresi quanti in passato hanno commesso questo errore, debbono bloccare questa possibile deriva. Il solo modo è raggiungere un accordo per le candidature nell’uninominale maggioritario fra tutte le forze politiche che hanno a cuore i valori della Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza. Un accordo tra quanti vogliono contrastare questa destra dovrebbe avere questo punto programmatico comune: la difesa e l’attuazione della Costituzione. E’ indispensabile ed urgente dare vita ad una coalizione d’emergenza senza preclusioni per nessuno. La diversità verrà misurata nel proporzionale, dove ciascun soggetto politico si presenterà con il proprio programma specifico, e senza dubbio in questa sede torneranno centrali le grandi questioni della pace e del disarmo, della lotta al cambiamento climatico, centrata sulle fonti rinnovabili, del contrasto alla crescita delle disuguaglianze e dell’urgenza di interventi sul lavoro sulla sua tutela. Nel proporzionale ciascuna lista o coalizione verificherà i consensi sulle sue posizioni.

All’interno di questa coalizione le forze che hanno maggiore omogeneità politica possono concordare un programma di governo, attivando nel proporzionale una competizione con le altre forze nella chiarezza dei fini e degli obiettivi programmatici.

La crisi del governo Draghi non può essere un alibi per non fare questa scelta di coalizione nel maggioritario, che deve comprendere anche il M5Stelle e le nuove aggregazioni a sinistra.

Se in gioco c’è il futuro del nostro paese e la stessa democrazia  regolata dalla nostra Costituzione la risposta deve superare di slancio pregiudiziali e diversità, avendo di mira soltanto il bene supremo della Repubblica.

Roma, 3 agosto 2022

L’ Appello può essere firmato su change.org https://chng.it/WFRWyZWzFc

Pietro Adami
Mario Agostinelli
Gaetano Azzariti
Francesco Baicchi
Anna Falcone
Antonio Floridia
Raniero La Valle
Domenico Gallo
Alfiero Grandi
Silvia Manderino
Francesco Pallante
Livio Pepino
Antonio Pileggi
Maria Ricciardi Giannoni
Massimo Serafini
Massimo Scalia
Massimo Villone
Vincenzo Vita
Mauro Volpi

 

PANCE E LINGUE

Uno dei più mediocri ministri di tutte le repubbliche italiane, tale Teresa Bellanova, ora viceministra alle Infrastrutture, ha chiesto le dimissioni di Tommaso Montanari da rettore dell’Università per Stranieri di Siena perché non sa «tenere la lingua a freno», o per maggiore precisione perché ha osato criticare la distopia della destra italiana, più o meno estremista e mafiosa, il famigerato “Ponte sullo stretto”. Evidentemente  la viceministra saudita o renziana (non sappiamo quale qualifica preferisca) non tollera appunti e non sa nulla del diritto di critica di un docente universitario o di un semplice cittadino, e dei doveri istituzionali di chi siede in un governo democratico. È lei che non sa «tenere la lingua a freno». Il presidente del consiglio dovrebbe acculturarla.

Nello stesso arco di tempo un suo collega di governo, il fascioleghista Durigon  non ha saputo «tenere la lingua a freno» e nemmeno “la pancia” e così se ne è uscito con una vera scurrilità politica. Sono i risultati dello sdoganamento iniziato da Berlusconi e della fascistizzazione della Lega di Salvini. Ma questa volta Durigon ha davvero esagerato. Ringraziando il cielo abbiamo avuto delle forti reazioni e sarà assolutamente necessario ottenere le dimissioni di un tale che a due eroi nazionali antepone un fascista supercorrotto e causa indiretta dell’assassinio di Matteotti, come Arnaldo Mussolini.

Draghi deve stare molto attento, ormai non gli resta molto tempo per ristabilire all’interno del suo governo un invalicabile fossato tra la lealtà democratica e costituzionale e tutto questo ciarpame di rigurgiti fascisti, anche nelle più stravaganti versioni rinascimental-saudite. Dopo i dilettantismi di Cartabia, l’ignoranza di Bellanova e la sfacciata arroganza di un fascistello è assolutamente necessario che il Governo  torni alla Costituzione. E dichiararlo chiaro e forte.

2 giugno: la Repubblica incompleta

di angelo perrone

La scelta repubblicana e la Costituzione democratica, fondata sui valori di libertà e solidarietà, furono le basi della ricostruzione dopo la guerra e il fascismo. Il Paese deve saper affrontare le sfide del tempo, facendosi carico della precarietà del presente. L’urgenza di ritrovare il sentimento di fiducia e di coesione sociale

Il 2 giugno 1946 è la data che mette insieme la fatica di fare i conti con il passato e il coraggio di avventurarsi verso il nuovo: un mondo ancora da definire, esposto a cambiamenti imprevedibili, che richiede consapevolezza. Le due esigenze definiscono il compito svolto da quella generazione, e l’impegno assegnato a quelle future.

La data è fortemente identitaria per gli italiani, ne indica la presa di coscienza rispetto al passato, segnato da sangue e sventure, e la volontà di impostare l’avvenire, con un obiettivo primario: trasformare la curva faticosa dell’esistenza in un cammino di speranza.

Quel giorno è segnato da una doppia ricorrenza. La vittoria della repubblica sulla monarchia, e l’elezione dell’assemblea costituente, per fissare nuove regole, ispirate ai valori della Resistenza e della rinascita come paese unito e solidale. Un passaggio storico, a suffragio universale, e, per la prima volta, con il contributo delle donne. Il cui voto fu, verosimilmente, decisivo per la scelta della repubblica.

Il nostro sguardo è rivolto a vicende ormai scolpite nel tempo, ma è sollecitato da quanto è accaduto in seguito proprio in conseguenza di quelle scelte: i problemi risolti, quelli lasciati insoluti, gli altri che all’epoca non erano nemmeno immaginabili, e che solo le trasformazioni successive hanno fatto emergere. In tutta la loro drammaticità. L’attualità della data è in questa complessità.

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Sei questioni per il quarto referendum in 20 anni

dii antonio pileggi

Quello del 20 settembre 2020, l’anno della pandemia e del centocinquantesimo anniversario della Breccia di Porta Pia, è il quarto referendum che, in venti anni (2001-2006-2016-2020), chiama i cittadini a votare per modificare la giovane Costituzione della altrettanto giovane Repubblica italiana. Poco più di 70 anni fa c’era ancora la Monarchia e vigeva lo Statuto Albertino.

È notorio che anche la semplice modifica di una virgola ad una legge potrebbe comportare conseguenze di varia natura. Cambiare la Costituzione, che è la Legge delle leggi scritta in particolari momenti della Storia di una Nazione, è una cosa seria. I cittadini, in occasione del referendum, non dovrebbero lavarsene le mani come Ponzio Pilato. E non dovrebbero decidere sbrigativamente assecondando le proprie o le altrui passioni, emozioni, simpatie e antipatie del momento.

In proposito, viene subito in mente il metodo suggerito da Luigi Einaudi: “conoscere, discutere e deliberare”. La citazione appare opportuna anche perché Einaudi è stato uno dei Padri Costituenti, è stato eletto a svolgere il compito di Presidente della Repubblica ed è stato definito “esemplare custode” della Costituzione. Ecco perché, anche alla luce delle esperienze e dei risultati caratterizzanti i 3 referendum che hanno preceduto quello del 20 settembre, prima di votare bisognerebbe tenere presente:

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BASTA MALTRATTARE LA COSTITUZIONE

L’invito di Zingaretti a votare Sì per l’ennesima “grande riforma”: basta maltrattare la Costituzione!
Zingaretti dice di votare il taglio che diventerebbe accettabile solo se si faranno altre riforme costituzionali. Una vera contorsione logica. Insomma per Zingaretti il taglio così com’è è da bocciare.       Ma lui invita impudicamente a votare Sì dopo avere in parlamento fatto votare ai suoi per tre volte su quattro No, prima di recepire nell’accordo di governo coi 5 stelle il taglio del contratto di governo gialloverde.  Un ignoto e avventuroso  programma “costituente”(?) che in primo luogo non farà bene al suo partito in balia della confusione.  Anche se, come si dice, vincerà’ il  Si il Pd avrà perduto.     Verrebbe da citare i principi del costituzionalismo democratico che non consentirebbero a minoranze di deformare, a colpi di farlocche maggioranze improvvisate, la Costituzione  che è di tutti.                       Mi astengo, tanto non capirebbero. A lor signori interessa, temo, solo barcamenarsi prima di cadere dalla seggiola. Ora giocando anche all’anticasta della casta.
In una legislatura contrassegnata da tanto  opportunismo trasformista a destra e manca, di cui Conte uno e bino giallonerorosa è oggettivo emblema, ci manca solo l’avventurosa e imprecisata “grande riforma” (con chi e per che cosa?) dell’aspirante statista romano.   

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accordi antiparlamentari

Quando sento la nomenklatura di partiti dire che la riforma Di Maio /Zingaretti sul taglio antiparlamentare è parte dell'”accordo di governo” con espressioni fatalistiche o piangendo lacrime coccodrillesche di chi come il pd o leu votò no per 3 volte su 4, mi indigno. Le costituzioni democratiche non sono appannaggio dei governi alla maniera di Lukashenko. La Costituzione appartiene al popolo sovrano e, come scriveva Piero Calamandrei, quando il parlamento la vota, i membri del governo vanno da un’altra parte.

FESTA DELLA REPUBBLICA

“Lo Stato per me è la Costituzione; e la Costituzione non esiste più. Non esiste più nel senso tecnico, anche. Ho sempre pensato che la Costituzione si fosse dissolta, ma proprio in questi giorni ho letto un libro scritto da un tecnico e pubblicato da una casa editrice tecnica purtroppo, perché questo è un libro che bisognerebbe che tutti gli italiani lo leggessero: La Costituzione di carta, di Mariano D’Antonio, pubblicato da Giuffré: una casa editrice specializzata in pubblicazioni giuridiche, in cui tecnicamente viene detto che la Costituzione della Repubblica italiana praticamente non esiste più. Secondo la tesi centrale di questo giurista la Costituzione si è dissolta, perché siamo entrati in una fase pre-Montesquieu: i tre poteri che dovrebbero restare indipendenti, si sono riunificati nella partitocrazia. Praticamente i partiti fanno le leggi, le fanno eseguire, le fanno giudicare. Quando c’è questo, la democrazia non c’è più”.

Leonardo Sciascia

intervista televisiva rilasciata nel 1978

APPELLO PER LA COSTITUZIONE DI UN COMITATO PER LA REPUBBLICA PARLAMENTARE (POST 1)

Esprimiamo profonda preoccupazione per le modalità e soprattutto per le finalità, più o meno dichiarate, con cui il parlamento sta procedendo a riforme, Costituzionali e non, che riguardano la rappresentanza.

Riteniamo di dover riaffermare il carattere della nostra forma Costituzionale e cioè una democrazia rappresentativa parlamentare, in cui, per Costituzione, il potere esecutivo è emanazione del Parlamento, che è composto da rappresentanti del popolo, eletti a suffragio universale con voto “personale, eguale, libero e segreto”, senza vincolo di mandato.

Non possiamo che esprimere la nostra contrarietà a modifiche sostanziali dei principi sopra espressi, perpetrate in modo surrettizio, senza tener conto che l’impianto complessivo della nostra Costituzione è coerente con quei principi, che se messi in discussione provocano una dissoluzione della forma liberaldemocratica della Repubblica Italiana. Forma già largamente compromessa sia dall’involuzione preoccupante dei partiti politici ormai ridotti tutti a una burocrazia al servizio di un leader e dediti all’alterazione truffaldina del processo decisionale e delle designazioni elettorali; sia per la mancanza effettiva di garanzie contro la manipolazione dell’opinione pubblica: carenza di vera pluralità dell’informazione, monopolio governativo della tv pubblica, mancanza di pari condizioni in campagna elettorale e di norme sul conflitto di interesse.

Purtroppo, dopo la bocciatura da parte dei cittadini e della Corte costituzionale delle riforme istituzionali  e delle leggi elettorali dei governi Berlusconi e Renzi, sull’onda della demagogia antistituzionale è tornato a prendere vigore l’ideologia antidemocratica. Il taglio dei parlamentari, così fatto e motivato, è solo uno sprezzo del Parlamento e della sua funzione.

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LA PROPAGANDA SULLA COSTITUZIONE

di  gianfranco pasquino

[Ripubbichiamo questo saggio di Gianfranco Pasquino, che consideriamo esemplare, sulla demagogica politica di riforma della Costituzione perpetrata prima da Renzi e poi – adesso – dal M5s. Noi siamo pronti a riprendere anche subito la battaglia dei Comitati del NO. E’ dal marzo ’18 che denunciamo l’incoscienza della politica isolazionista di Renzi e, purtroppo, dei “diversamente renziani”, che si vanno assumendo una gravissima responsabilità nei confronti della democrazia del nostro paese].

Leggo periodicamente le grida di (finto) dolore emesse da coloro che hanno sonoramente perso il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Sono quasi tutti accompagnati da vere indignate invettive contro i professoroni e soprattutto contro Gustavo Zagrebelsky, il Presidente del Comitato nazionale per il NO. Avremmo, non rispondo a nome suo, ma mi prendo la mia parte, non so quanto grande, di responsabilità, aperto la strada a infinite (non ancora finite) nefandezze. Per di più, di fronte alle nefandezze staremmo tutti zitti mentre il governo Lega-Cinque Stelle è affaccendato nella distruzione della Costituzione “più bella del mondo” (copyright non mio). Sull’aggettivo “bella” ho già variamente e ripetutamente eccepito affermando, senza timore di smentite, che non esiste un concorso di bellezza per le Costituzioni e che, se ci fosse, vincerebbe la Costituzione mai scritta, quella del Regno un tempo Unito. Dopodiché, contrariamente agli scrittori di stupidaggini seriali sul referendum, sulla Costituzione e sul governo, fra i quali annovero da qualche tempo il Direttore del “Foglio” Claudio Cerasa (si veda la sua risposta Antiparlamentarismo e silenzio dei costituzionalisti, alla lettera di un assegnista, sic, di ricerca in Diritto Costituzionale, pubblicata in prima pagina il 19 luglio), entro nel merito. Metto subito le carte in tavola. Ho scritto su tutte le tematiche attinenti il referendum costituzionale: Cittadini senza scettro. Le riforme sbagliate (Milano, Università Bocconi Edizioni, 2015) . Ho anche criticato le, spesso davvero risibili, motivazioni dei sostenitori del sì in NO positivo. Per la Costituzione. Per le buone riforme. Per migliorare la vita e la politica, Novi Ligure, Edizioni Epoké, 2016 .

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