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Lo strabismo democratico

di riccardo mastrorillo

È un fiorire di commenti e ragionamenti sull’imminente voto per il Governo Europeo, s’ode chiaramente lo stridere delle unghie sullo specchio, ma la vicenda viene trattata, come spesso accade, guardandola dalla prospettiva sbagliata.

Non solo i politici l’affrontano secondo considerazioni politiciste e, diciamolo, pure di “bassa cucina”, ma sono soprattutto i commentatori dell’informazione che deludono per le loro analisi politologiche talmente arzigogolate da apparire comiche. Continua la lettura di Lo strabismo democratico

stasera mi butto… stasera mi butto… con giorgia

di enzo marzo

«Io sono una persona seria»   Matteo Renzi, “Corriere della sera”, 19 luglio 2024

Estate torrida, con una sola vera notizia positiva: il risveglio del partito democratico americano, che, sospinto dalla disperazione, ha ragionato un po’ e sembra aver acceso la speranza di salvare oltre che sé stesso anche il mondo civile da un golpista criminale come Trump. Certo non basterà. I democratici americani hanno accumulato nei decenni post-rooseveltiani parecchi errori e soprattutto parecchie morosità. Ne riparleremo dopo le elezioni di novembre, che speriamo caccino il pericolo mortale in cui incorrerebbero i paesi più civilizzati se Washington cadesse nelle mani di un destrorso delinquenziale.  Ma non dovrebbe essere che l’inizio: i democratici hanno l’immane compito, abbandonato negli ultimi decenni, di riscoprire il liberalismo (guarda caso, quello anglosassone). Non è possibile che proprio negli Stati Uniti non si sia realizzato uno stato sociale effettivo. E che quindi persista e si accresca un’intollerabile differenza tra ceti sociali. Che rimangano lacune fondamentali sulla divisione dei poteri, che viva una legislazione medioevale che prevede la pena di morte o un personale uso di armi da guerra. Il liberalismo non confonde il conflitto con il fanatismo e la violenza, non si abbandona a un individualismo assoluto e senza regole che non tiene conto della libertà altrui, è permeato di valori umanistici. Non si trova a suo agio in una società sempre più aggressiva e consumista. Lamentiamo, quindi, la mancanza di conflitto proprio tra il liberalismo e la “democrazia americana”, già criticabile perché ha la pretesa di risolvere tutto col voto popolare (manipolabile in mille modi), figuriamoci quando degenera in populismo, suprematismo, liberismo selvaggio. E i democratici sanno dalle proprie radici che non basta una generica socialdemocrazia per cambiare radicalmente rotta. Vance, l’erede di Trump, predica il post-liberalismo. Piace addirittura meno di Trump a chi, come noi, è per la libertà e per lo sforzo continuo di dare la possibilità agli individui di poter scegliere effettivamente, liberamente.  Insomma per chi è ancora, come fu la borghesia nascente, in lotta contro l’assolutismo e il fanatismo dogmatico. In tutti i campi.

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UN VOTO PER MATTEOTTI

di Marco Cianca

 
L’immorale Amerigo Dumini, capo della Ceka, la polizia segreta fascista, guidava i sicari che il 10 giugno 1924 rapirono e uccisero Giacomo Matteotti. Arrestato a causa di prove talmente inoppugnabili che nemmeno il regime poteva occultare, in un processo farsa a Chieti, marzo 1926, difeso da Roberto Farinacci, fu condannato a soli cinque anni di reclusione di cui quattro condonati. Riprese subito la sua vita da avventuriero, tenendo Mussolini sotto ricatto per ottenere continue elargizioni. Allevatore di polli, imprenditore agricolo, oste, contrabbandiere, spia partecipò alla guerra. In Africa gli inglesi, dopo la cattura, lo portarono davanti al plotone d’esecuzione ma, pur raggiunto da “diciassette colpi” (come recita il titolo della sua autobiografia) e dato per morto, riuscì a fuggire. Durante la repubblica sociale organizzò un traffico di automobili, pezzi di ricambio, armi. Si infilò nelle file degli Alleati come autista del comando inglese e in queste vesti fu arrestato il 18 luglio 1945.

Un nuovo dibattimento sull’omicidio di Matteotti, aprile 1947, emise la sentenza di ergastolo. Ma già nel 1953 era fuori per un’amnistia. Rientrato in carcere a causa di un vizio di forma, il 23 marzo 1956 lasciò definitivamente il penitenziario di Civitavecchia. Poco dopo si iscrisse al Movimento Sociale. Non svolse aperta attività politica ma di fatto la fiamma sgorgante dal sarcofago del Duce per uno come lui era un richiamo irresistibile. Quello stesso fuoco arde ancora oggi nel simbolo di Fratelli d’Italia.

Giorgia Meloni, durante la commemorazione dell’ultimo discorso che il deputato socialista pronunciò in Parlamento, quello che per la forza delle denunce contro la violenza e la corruzione, (tema sul quale il governo temeva devastanti rivelazioni a proposito dei contratti con la compagnia petrolifera Sinclair Oil) equivalse ad una condanna a morte, ha onorato “un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee”. Finalmente è riuscita a pronunciare la parola proibita, hanno rimarcato i benevoli commentatori. In realtà, si è trattato della semplice ammissione di un’incontrovertibile verità storica e giudiziaria.

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Atreju in Albania

Atreju in Albania. Ancora sulla Fantasia abusata dalla politica.

di francesca palazzi arduini*

Vale la pena di analizzare ancora l’uso, fuori luogo, di un personaggio fiabesco come testimonial simbolico della kermesse di Fratelli d’Italia, dopo la ben argomentata denuncia di Roberto Saviano, che ha subito a causa della sua franchezza un attacco scomposto diretto finanche alla sua necessità di vivere sotto protezione. Qui si evidenzia anche una critica “di genere” alla scelta e riappare la denuncia purtroppo molto attuale della ricerca di una nuova egemonia culturale, magari minoritaria o soprattutto improvvisata, da parte di molti politici e grazie all’uso dei nuovi social media.

La politica che ambisce a diventare egemonica necessita di intellettuali organici, di rappresentazioni marmoree e architetture ardite per la sua ambizione, con strade da parata, florilegi per i suoi leader, slogan pubblicitari per le sue guerre. Nell’epoca della strategia di marketing, dei troll e degli influencer, per il politico desideroso di colpire l’immaginario del cittadino oltre che dell’elettore funziona qualsiasi pezzo di cultura, riscritto e imparruccato da fantasmi umani della A.I. .

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PANICO ALLA CASA BIANCA

Meloni in Senato recita il suo discorso scritto: «Non mi ricordo di aver detto che bisognava uscire dall’euro». Giornata memorabile. Forse la più abietta di tutta la sua carriera. Può un Presidente del consiglio andare al Senato della Repubblica e in diretta televisiva, consapevolmente, a freddo, ingannare i senatori e tutti i cittadini italiani con una menzogna sesquipedale su una questione di politica internazionale di massima rilevanza? E tentare di camuffarla con un penoso «non ricordo»?. Da vera statista della Garbatella.

Se non ricordava le posizioni ufficiali del suo partito e il suo stesso pensiero sbandierato per decenni in comizi, in discorsi congressuali, in documenti ufficiali, bastava rivolgersi un attimo prima a qualunque commesso del Senato che senz’altro le avrebbe rammentato la verità.

Ovviamente sulla Rete la reazione è stata immediata e la Giorgia è stata seppellita dai video e da tutte le sue citazioni del passato. Ce n’è una addirittura patetica, spazientita: «Sull’Euro abbiamo detto cento volte che siamo per uscire. Pietà»…. Non mancano le ingiurie: c’è chi la definisce «cazzara nera» solo perché per una volta ha voluto superare in sfacciataggine il suo vicepresidente, il «cazzaro verde», che alternava la maglietta amorosa per Putin con quella NO Euro. Insomma un disastro che potrebbe essere alleviato con delle scuse pubbliche. Ma queste non verranno mai. E la loro mancanza ci lascerà ancora più inquieti e dubbiosi per il futuro. Non è possibile, infatti, che Meloni non sia una sfacciata bugiarda ma davvero non memorizzi i fondamentali della politica italiana? Saremmo in presenza di una drammatica “demenza giovanile” davvero preoccupante per il paese. Figuratevi la scena in cui il Presidente del consiglio, alla Casa Bianca, sta a colloquio con Biden e all’improvviso non ricorda se l’Italia sta nella NATO o no…

la lepre marzolina – venerdì 24 novembre 2023

i fascio-nazisti meloniani (continua 05)

5.IMBECILLITA’ EREDITARIA. Un twitt: @La_manina_: “Se c’era una cosa che il fascismo proprio non tollerava era il Parlamento. Infatti lo soppresse. Oggi la destra si appresta a svuotare il Parlamento dei suoi poteri e ad accentrarli tutti nelle mani del Presidente del Consiglio. Perché i fascisti cambiano nome ma non abitudini”. Interviene Caio Giulio Cesare Mussolini, pronipote del Duce, esponente Fdi già candidato da Meloni alle Europee: «Che tweet patetico. Il #Parlamento non venne mai soppresso durante il #fascismo. Nel ’39 venne sostituito dalla #Camera dei #fasci e delle #corporazioni. Suggerisco di studiare prima di blaterare”. (Twitter – 7 maggio) [da “Espresso”, 11-5-2023]

4.Luca Paladini, consigliere regionale della Lombardia, fondatore dei Sentinelli di Milano eletto con la lista civica di Majorino: La bocciatura da parte dell’ufficio di presidenza della richiesta di patrocinio al Milano Pride era «annunciata, ma non per questo meno deludente»; «mentre negava il patrocinio al Pride, lo concedeva all’iniziativa di Bran.co, una costola di Lealtà&Azione»; «organizzazione apertamente neofascista. Bran.co nello specif­ico si muove prevale­ntemente nel campo antiabortista». «Il segnale di una combinazione tremenda. Con una mano bocciano il patrocinio al  Milano Pride, con l’altra danno un patrocinio oneroso a Lealtà e Azione, organizzazione apertamente neofascista che “si onora” di avere tra i propri riferimenti l’ex ge­nerale delle SS Leon Degrelle, condannato come criminale di guerra, e di esaltare nel proprio inno Cornelius Codreanu, il fondatore della Gu­ardia di ferro rumena, organizzazione te­rroristica e antisem­ita, collaboratrice dei nazisti negli an­ni Quaranta. Bran.co nello specif­ico si muove prevale­ntemente nel campo antiabortista. Tra i fondat­ori di Lealtà e azione compaiono Giacomo Pedrazzoli e Stefano Del Miglio (che dalla sua pagina Facebook propaganda la part­ecipazione di Bran.co a questa iniziativ­a), pluricondannati per lesioni volontar­ie e accoltellamenti. Quindi una manifestazione che reclama uguaglianza e diritti non merita attenzione e supporto dalla Regione e questi invece si». [da “Espresso”, 11-5-2023]

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Giorgio Meloni

di enzo marzo

Non è un trasformista di giornata, Corrado Ocone. E’ da un po’ di tempo che dal liberalismo crociano ha traslocato nel comitato scientifico di una fondazione missina e, saltando a pie’ pari perfino Gentile, è approdato al melonismo più ridicolo e servile. Certo, arriveranno a frotte altri voltagabbana, più freschi ma non più disinvolti di questo Paolo Orano in sedicesimo.

Ocone oggi ci ha fatto prendere un colpo, dandoci una orrenda notizia: «Così Meloni ha distrutto l’egemonia culturale della sinistra». Oddio, ma quando è successo? Dove sono finite le rovine?: tutto il pensiero liberale, democratico e socialista «distrutto» in un giorno, con pochi «fendenti», e «argomenti inoppugnabili» assicura l’Ocone. «In un attimo» «i piedi d’argilla su cui quel colosso si reggeva si sgretolano».

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NAZIONE E PAESE

Non entriamo nella diatriba consunta sulla parola “nazione” lungo più di tre secoli. Che ha una sua storia e, avendo partorito un figlio feroce e genocida come Nazionalismo (causa nel Novecento di qualche centinaia di milioni di morti), ha una pessima reputazione. Persino i “sovranisti”, da nazionalisti furbi, la scansano per non infettarsi. Ma chi ci potrà togliere il sottile piacere di osservare e sottolineare ogni giorno il conformismo opportunistico, adulatorio e servile di politici e giornalisti che giorno dopo giorno, prima timidamente e poi con sempre più sfacciataggine, porterà nel dibattito pubblico l’uso meloniano e neofascista di “Nazione”… Povero paese… Aspettiamo.

enzo marzo – domenica 23 ottobre 2022

I PICCISTI DI ESTREMA DESTRA

Intervista del “Giorno” a Claudia Mancina, titolo: «Un errore respingere l’offerta della bicamerale Meloni”. Il testo è ancora peggio. Sono decenni che i piccisti d’estrema destra lavorano h24 alla distruzione della sinistra e del paese tutto. Ormai sono quasi giunti alla mèta finale e danno una finale mano inciucista alle “Sorelle in camicia nera”. La loro storica imbecillità  raggiunge così una inarrivabile perfezione assoluta.

Ps: Leggiamo che Mancina ha curato un libro intitolato Il futuro è della sinistra liberale, Bologna, Minerva, 2020. Mille grazie, ma noi preferiamo il passato della sinistra liberale (quello di Gobetti e di Rosselli, non quello di Togliatti e di D’Alema) a un futuro che profuma di Pera,  di Arcore e dell’ennesimo incontro del Nazareno.

la lepre marzolina – venerdì 9 settembre 2022

cercasi giornalista che rivolga questa domanda…

Egregia Giorgia Meloni, lei ha affermato che per il Quirinale ci vuole un “Patriota” e che Berlusconi lo è.  La prego, risponda con un Sì o con un No.  Tanto per comprendere meglio quale significato lei dà alla parola “patriota”. 

Secondo lei, anche Mussolini fu un patriota o no? Anche Dell’Utri e Previti, sodali di Berlusconi? O no?